Oasi Culturale
Siccità, il film su un’umanità prossima? (no spoiler).
Benvenuti su “Oasi Culturale”, rubrica de ilsudest.it a cura di Alessandro Andrea Argeri e Sara D’Angelo. Oggi parleremo di “Siccità”, nuovo film di Paolo Virzì presentato fuori concorso all’ultima Mostra del Cinema di Venezia.
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di Alessandro Andrea Argeri
A cinque anni di distanza dal suo ultimo film, Virzì torna in Siccità, racconto ambientato in una Roma distopica, in cui l’emergenza idrica giunge alle sue conseguenze estreme.
Non piove da tre anni, così le autorità chiudono i rubinetti, viene avviato il razionamento scorte, chi lava l’auto rischia l’arresto, viene vietato di acquistare più un fardello d’acqua così come di innaffiare le piante. Insomma le abitudini dei romani vengono sconvolte. Inoltre a tutto ciò si aggiunge un’invasione di scarafaggi. Su questo sfondo si incrociano le vicende di un gruppo di personaggi dalle vite incompatibili, mentre sulla città incombe una nuova minaccia: un’epidemia di una malattia sconosciuta che inizia a contagiare gravemente diverse persone.
In Italia il genere distopico è più citato che trattato. Anche solo per questo verrebbe da dire “bravo Virzì: finalmente un prodotto nuovo a marchio italia”. Ma c’è anche altro. Nel film l’Italia viene raccontata nei suoi difetti, anche quelli meno piacevoli. Il genere comico d’altronde è un attimo filtro per rendere il distacco dell’autore dalla vicenda. Per questa ragione non si tratta di una satira amara, bensì di una “giusta” commedia agrodolce.Ad affascinare maggiormente lo spettatore, è una Roma decadente, rozza, dura, mutata in una giungla di cemento in realtà reale, distante dalle rappresentazioni di Fellini o da come dovrebbe essere la “fu” capitale del mondo. Il particolare più significativo, a mio parere, è nel Tevere prosciugato da cui emerge sia un grande colosso di epoca romana sia un cumulo di spazzatura: antichi fatti contro recenti nefasti racchiusi tutti in una sola immagine.
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