Esteri
Il Brasile in prima linea: una nuova diplomazia per lo Stato di Palestina
Il riconoscimento dello Stato di Palestina non è una concessione. È un diritto.

Di Marlene Madalena Pozzan Foschiera
Un invito che porta con sé memoria e responsabilità
Decenni dopo aver presieduto la sessione dell’ONU che sancì la spartizione della Palestina nel 1947 — atto che diede origine alla creazione dello Stato di Israele — il Brasile torna al centro delle decisioni globali, questa volta per cercare di riparare a un’ingiustizia storica. Su invito di Francia e Arabia Saudita, il paese guiderà, insieme al Senegal, il Gruppo di Lavoro n. 7 delle Nazioni Unite, incaricato di elaborare proposte concrete per garantire il rispetto del Diritto Internazionale e sbloccare il cammino verso la creazione dello Stato palestinese.
Questa nomina fa parte di un movimento internazionale che mira a convocare una conferenza globale prevista per giugno 2025. L’obiettivo dichiarato è il riconoscimento della Palestina come Stato sovrano — un passo che, se avrà successo, potrà ridefinire gli equilibri diplomatici in Medio Oriente e riaffermare il ruolo dell’ONU come mediatrice legittima in un’epoca segnata dal sistematico disprezzo per le risoluzioni multilaterali.
Fonte: Jamil Chade – UOL, 19/05/2025
Cosa c’è in gioco: un popolo, un territorio, un diritto
L’iniziativa si inserisce in uno dei momenti più oscuri della storia recente della Palestina. Gaza è devastata, le occupazioni illegali avanzano ogni settimana, gli insediamenti militarizzati tagliano la Cisgiordania e Gerusalemme Est, e una politica di apartheid è stata consolidata dal governo israeliano con il sostegno esplicito degli Stati Uniti, soprattutto sotto l’amministrazione Trump.
Secondo l’ambasciatore brasiliano all’ONU, Sérgio Danese, la missione del gruppo guidato da Brasile e Senegal è chiara: identificare azioni concrete che gli Stati possano adottare per rispettare e promuovere il rispetto del Diritto Internazionale e delle risoluzioni pertinenti dell’ONU, al fine di attuare la soluzione dei due Stati.
Si tratta quindi di uno sforzo non solo simbolico, ma pratico. Il gruppo ha già avviato i lavori e ha inviato questionari ai governi di tutto il mondo, sulla base del parere consultivo della Corte Internazionale di Giustizia emesso nel luglio 2024. Gli Stati hanno tempo fino al 22 maggio per rispondere. La prima bozza del rapporto sarà presentata il 29 maggio, e una riunione è prevista per il 5 giugno presso la sede dell’ONU a New York. Il documento finale sarà consegnato ai co-presidenti della conferenza entro il 10 giugno.
Fonte: Ministero delle Relazioni Estere del Brasile, comunicato ufficiale, 19/05/2025
Un ruolo storico risignificato
Il coinvolgimento del Brasile in questo processo recupera e risignifica un capitolo delicato della sua storia diplomatica. Nel 1947 fu il diplomatico Oswaldo Aranha a presiedere la sessione dell’ONU che approvò la spartizione della Palestina, senza il consenso del suo popolo, aprendo la strada alla creazione di Israele e all’inizio di una lunga Nakba — la catastrofe palestinese che dura da oltre 75 anni.
Oggi il paese torna sulla scena globale con un altro ruolo: non più garante della colonizzazione, ma promotore di un processo di decolonizzazione e giustizia. Un gesto che, se ben condotto, potrà riaffermare la vocazione brasiliana per la pace e la mediazione, valori spesso sacrificati in nome di alleanze commerciali o equilibri geopolitici.
Il Diritto Internazionale come scudo
“Il Diritto Internazionale deve fungere da scudo per proteggere i civili e gli operatori umanitari, guidandoci verso la realizzazione dei diritti inalienabili del popolo palestinese e verso la visione di due Stati che convivano in pace e sicurezza all’interno dei confini internazionalmente riconosciuti del 1967”, ha dichiarato l’ambasciatore Danese.
Il riferimento ai confini del 1967 è centrale. Riafferma la posizione della maggioranza della comunità internazionale contro l’espansione degli insediamenti israeliani nei territori occupati — pratica considerata illegale dalle risoluzioni dell’ONU, ma sistematicamente ignorata da Tel Aviv con il sostegno della potenza egemonica statunitense.
Un movimento di rottura
La leadership del Brasile nel Gruppo di Lavoro n. 7 rappresenta anche un segnale di riposizionamento geopolitico. Accettando l’invito congiunto di Francia e Arabia Saudita — due paesi molto diversi tra loro ma determinati a superare la paralisi del Consiglio di Sicurezza — il Brasile si allinea a un nuovo asse diplomatico multipolare, che sfida la sottomissione al veto statunitense e punta sulla forza del consenso internazionale.
Non si tratta solo di “mediare la pace”, ma di difendere i fondamenti del multilateralismo, oggi erosi dall’autoritarismo, dal militarismo e dal cinismo delle grandi potenze.
La lotta di un popolo non è terrorismo: è resistenza
Il riconoscimento dello Stato di Palestina non è una concessione. È un diritto. È la minima riparazione per un popolo sottoposto all’esilio, all’oppressione e al silenziamento. Criminalizzare la resistenza palestinese mentre si legittima la violenza coloniale di Israele è una perversa inversione del Diritto.
Assumendo questo compito, il Brasile dovrà mostrarsi fermo, anche di fronte alle pressioni dei settori sionisti e degli alleati occidentali. Essere ponte, e non stampella. Essere voce del Sud Globale, e non eco di potenze decadenti.
Fonti:
- Chade, Jamil. Il Brasile guida il gruppo ONU per rendere possibile lo Stato di Palestina. UOL, 19/05/2025. Disponibile su: uol.com.br
- Ministero delle Relazioni Estere del Brasile. Nota ufficiale sulla leadership brasiliana nel gruppo ONU. Brasilia, 19/05/2025.
- ONU News. Aggiornamenti sulla conferenza ONU per la soluzione dei due Stati. Maggio 2025.
- Corte Internazionale di Giustizia. Parere consultivo sulle obbligazioni legali degli Stati rispetto all’occupazione della Palestina, luglio 2024.
