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Esteri

All’Europa la politica dei due forni della Von der Leyen non porterà bene

Ciò significa che i voti della  destra potrebbero andare in soccorso della Von der Leyen per far passare politiche più conservatrici, mantenendo al contempo la patina di rispettabilità fornita dal sostegno dei principali partiti dell’UE. E’ la famosa “politica dei due forni” di andreottiana  memoria. Quando si tratta di opportunismo politico  l’Italia fa’ sempre scuola.

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Credit foto https://contropiano.org/news/politica-news/2024/11/21/la-nascita-forzata-del-von-der-leyen-2-0177754

Di Fulvio Rapanà

I risultati elettorali delle Europee 2024 hanno fatto tirare un sospiro di sollievo in molte cancellerie avendo  l’alleanza  pro-UE (socialisti,popolari, liberali e verdi )  mantenuto la maggioranza  del Parlamento Europeo. Questi gruppi parlamentari, che governano l’Europa negli ultimi quattro decenni hanno dichiarato di volere  sostenere la nuova Commissione Europea di Ursula Von der Leyen,  che dovrà  essere votata nei prossimi giorni , su una piattaforma di un’Europa più verde, più competitiva e più sicura.

Eppure  dietro questo risultato certamente molto rilevante delle forze pro-Europa  si nasconde  una realtà politica  interna alle istituzioni europee  più complessa e meno rassicurante. La commissione di Von der Leyen non è ancora entrata in carica e già l’estrema destra sta tirando calci ben oltre il suo peso e si sente, del tutto erroneamente, incoraggiata dal ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca che peraltro di quello che succede in Europa e alla Commissione Europea gli importa praticamente zero.

Il nuovo parlamento europeo, che ha il compito di sostenere la commissione Von der Leyen 2.0, è il più a destra nella storia dell’UE. Più della metà dei suoi membri proviene dal Partito Popolare Europeo (PPE) che Manfred Weber l’ha portato dal centro, con la Merkel,  al centro-destra decisamente più vicino ai  gruppi di  destra che includono: i Conservatori e Riformisti Europei (ECR), a cui aderisce  FdI e ha come leader il primo ministro italiano Giorgia Meloni;  più a destra si posizionano il francese (Reconquête) e i Democratici Svedesi, ancora più a destra con accenti xenofobi e razzisti c’è anche il gruppo Patrioti per l’Europa (PfE), co-guidato da Marine Le Pen e Viktor Orbán , e l’ancora più estrema Europa delle Nazioni Sovrane (ESN), con la forte presenza  dall’Alternative für Deutschland della Germania (AfD). Tutti insieme questi gruppi hanno in Parlamento  187 seggi  su 720.

Lo stesso vale per le altre due principali istituzioni che condividono il potere esecutivo in Europa:  il Consiglio Europeo,  composto dai capi di stato membri, ha una maggioranza di 14 governi nazionali su 27 guidati o sostenuti dalla destra o dall’estrema destra che potrebbero condizionare  gli indirizzi e le decisioni della commissione, inoltre  più della metà dei 27 membri del Consiglio dell’Europa, con un membro proposto da ogni Stato,  sono di destra. Questo spostamento verso destra nell’equilibrio di potere delle istituzioni europee è senza precedenti e potrebbe significare la fine della maggioranza di centro-sinistra che ha governato l’Europa sin dalla creazione dell’UE. Le responsabilità per questa aumentata  rilevanza della destra è ovviamente riconducibile ai voti che queste fazioni politiche hanno preso in più rispetto alle tornate elettorali precedenti ma vi sono anche fattori politici che la stanno agevolando.  La prima responsabile di questo possibile ribaltone sta proprio nella Von der Leyen  la quale ha pubblicamente dichiarato di voler restare al centro della politica con un secondo mandato,   che nessuno dei precedenti Presidenti della Commissioni ha mai avuto,  e per perseguire i suoi obiettivi si è da tempo  politicamente mossa guardando  alla  destra del tradizionale blocco moderato-progressista che supporta l’attuale Commissione.   La Von der Leyen  nega questo ma ricorda a tutti che le coalizioni nel parlamento dell’UE sono state storicamente costruite questione per questione , e nessuna commissione ha mai fatto affidamento su una maggioranza parlamentare predeterminata durante il suo mandato quinquennale. Ciò significa che i voti della  destra potrebbero andare in soccorso della Von der Leyen per far passare politiche più conservatrici, mantenendo al contempo la patina di rispettabilità fornita dal sostegno dei principali partiti dell’UE. E’ la famosa “politica dei due forni” di andreottiana  memoria. Quando si tratta di opportunismo politico  l’Italia fa’ sempre scuola.

Per comprendere a pieno quello che potrebbe accadere  basta guardare all’inizio di quest’anno, quando la Von der Leyen capitolò alle proteste degli agricoltori, sostenute dall’estrema destra, abbandonando  il  Green Deal . Da allora, è emerso un chiaro schema de-green per la politica UE . Prima è arrivata la resistenza al divieto di motori a combustione interna, che richiede che tutte le auto nuove abbiano zero emissioni di CO2 a partire dal 2035, seguita dall’attuazione ritardata della regolamentazione sulla deforestazione, dall’annacquamento della direttiva sulla sostenibilità aziendale e dal rinvio delle norme per rendere la politica agricola comune più rispettosa dell’ambiente. Anche sul piano dell’immigrazione la Von del Leyen nulla ha eccepito rispetto  ai centri di deportazione offshore in Italia.  È vero che Orbán , sovranisti  e “patrioti”, almeno per il momento,  restano fuori dalla gestione della Comunità Europea ma la Von der Leyen con la nomina di Fitto ad una vicepresidenza e di altri esponenti politici di FdI nelle commissioni  ha gettato un ponte con i post-fascisti, ammantati da compassati  conservatori, che potrebbero andargli in  soccorso su questioni  indigeste per la maggioranza di centro-sinistra  . Inoltre, il PPE ha rifiutato di firmare una dichiarazione sostenuta da socialisti, verdi, liberali e dalla sinistra per tenere l’estrema destra “a bada” a ogni livello. Ciò ha fatto suonare campanelli d’allarme, che stanno diventando sempre più forti di giorno in giorno.

Le ultime informazioni di queste ore parlano di un accordo nella notte fra Popolari e Socialisti sulle vicepresidenze di Fitto e della spagnola Ribera, ma si parla anche di fragile tregua fra i due gruppi e che nella plenaria del Parlamento del 27 novembre  i Popolari spagnoli non voteranno la Ribera e una parte numerosa di socialisti non voterà per Fitto.

Ma oltre che agli atteggiamenti politici ambigua della Von der Leyen, e dei Popolari, una parte rilevante delle responsabilità  per questa  situazione è da imputare ai  progressisti che sbagliano a non manifestare fermezza   sulle proprie posizioni e mobilitarsi, senza indugio prima del voto sulla stessa Presidenza della commissione e sulla Commissione stessa,  chiedendo pubblicamente alla Von der Leyen, e ai suoi commissari proposti, chiarezza su una questione di fondo: su quale maggioranza politica farà affidamento nei prossimi cinque anni? Una maggioranza di  destra, di conservatori pro-Trump e pro- Putin , o forze politiche tradizionali come i socialisti, i liberali e i verdi?. Se la risposta non sarà chiara, certa e  indiscutibile  ritengo farebbero bene i partiti del blocco progressista a dichiarare di uscire dall’alleanza con il PPE e dall’ambiguità voluta dalla Von der Leyen piuttosto che farsi logorare da una politica conservatrice e reazionaria.

La situazione in cui siamo arrivati è anche certamente dovuta all’inerzia con cui socialisti, verdi, liberali e sinistra sopportano passivamente la presa della piazza da parte dei gruppi di destra. Negli anni 2018/2019 in Francia alle manifestazioni contro il governo violente e insurrezionali dei “gilet gialli”, sono scesi in piazza i “gilet verdi” per difendere le politiche fiscali, del governo Macron,  sui carburanti fossili per finanziare la transizione energetica .   Le idee politiche vanno difese anche fisicamente e malissimo hanno fatto i progressisti a non contrapporre con una loro presenza all’invasione dei centri urbani europei da parte degli agricoltori e  a non manifestare nelle piazze in modo muscolare il loro sostegno al green-deal, contro il rallentamento della transizione ecologica. I progressisti europei dovrebbero fare più squadra, essere più compatti e presentare una propria agenda economica, politica e sociale in alternativa o in parallelo con quella della Von der Leyen stringendosi attorno a cervelli tipo Fitoussi, che ha stilato il programma economico della sinistra francese premiata dagli elettori,  e sopratutto riprendersi, ovviamente in modo pacifico, le piazze di Bruxelles e delle città europee che hanno votato in grande maggioranza per i progressisti. Non possiamo aspettarci che il PPE sia un motore di progressismo politico negli ultimi 100 anni non l’ha mai fatto. Sono stati i partiti popolari ad agevolare l’ascesa al potere di Mussolini e Hitler   si diceva allora per contrastare il pericolo dei  comunisti che  nel ’17 avevano preso il potere in Russia e proclamavano la rivoluzione mondiale. Sono stati  Khol e la Merkel che hanno tenuto ancorato il PPE all’area progressista anche contro il sentire della CSU bavarese, di cui  Weber è un rappresentante, da sempre su posizioni di destra. Se così non succederà benvenuti nella nuova Europa.

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