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Esteri

Trump per l’illusione di un nuovo sogno americano

Nessuno dei due candidati  ha realmente proposto un progetto politico diverso, i toni esasperati sono serviti  a  setacciare meglio il proprio elettorato con Trump che è stato più convincente nel proprio recinto rispetto alla Harris che ha una base elettorale un più permalosa  che non è andata a votare  non avendo digerito molte cose fatte da Biden.

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Credit foto https://asvis.it/editoriali/3257-22439/trump-dazi-e-disuguaglianze-una-nuova-globalizzazione-e-possibile

Di Fulvio Rapanà

Non sò cosa farà Trump, non lo sa nemmeno lui,  sono certo che curerà molto bene i propri personali affari, d’altronde nel precedente mandato per 200 mil. di dollari si fece convincere da un gruppo sionista a spostare l’ambasciata americana da Tel Aviv a Gerusalemme.  Le mie previsioni nell’articolo pubblicato il 28 di Ottobre sono state azzeccate a metà: ha vinto Trump ma a differenza delle mie previsioni ha preso anche più voti della Harris e dei Democratici che sono riusciti a perdere 10 mil. di voti rispetto al 2020 mentre Trump   è riuscito a tenere l’elettorato . Il monopartito americano si è diviso più nelle invettive e nelle offese che su reali fattori economici e sociali. Nessuno dei due candidati  ha realmente proposto un progetto politico diverso, i toni esasperati sono serviti  a  setacciare meglio il proprio elettorato con Trump che è stato più convincente nel proprio recinto rispetto alla Harris che ha una base elettorale un più permalosa  che non è andata a votare  non avendo digerito molte cose fatte da Biden. Le analisi che sento parlano della vittoria di  Trump dovuta ad un messaggio fatto di grandi aspettative in un futuro radioso, un “nuovo periodo dell’oro” , contro un messaggio della  Harris sempre in bilico tra possibili tragedie e futuri cattivi presagi. Sciocchezze. Dicevano più o meno la stessa cosa con qualche piccola ma significativa novità. In mezzo al folclore e ai toni apocalittici  due fatti hanno suscitato il mio interesse: primo lo stop di Bezos all’endorcement del Washington Post per la Harris, secondo lo schierarsi di una parte delle aziende tecnologiche con Trump.                                                                                                                  

  Jef Bezos prima era il proprietario del Post ora è il padrone riportando al centro del dibattito  una evidenza  rilevante e su fatti molto concreti: quanto è assoluta la libertà di stampa e quanto la stampa è libera di controllare e criticare i potenti. Bezos, come pure Patrick Soon-Shiong proprietario del Los Angeles Times , ha dato una risposta significativa  al suo giornale e all’informazione in genere:” la libertà di parola e la presenza di una stampa libera esiste ed è garantita dalla costituzione  a patto che sia anche indipendente se  da  indicazione di preferenza per un candidato presidenziali rispetto ad un altro l’informazione, il giornale, non è indipendente e quindi non è libero di scrivere tutto quello che volete”  aggiungo io” ci <Bezos> metto i soldi perché il giornale viva nonostante più di 100 mil. di dollari di perdita ma finanzio il giornale con i  guadagni ricavati  in altri settori che non possono collidere con gli interessi di altri grandi gruppi economici”. Siamo in presenza di una “oligarchizazione” delle elite economica americana che accetta di pagare il conto della stampa ma senza che questa  tocchi  gli interessi di altri oligarchi . Mi fanno veramente tenerezza quei 200.000 lettori che hanno disdetto l’abbonamento e o dei redattori  e dei giornalisti del Post che si sono dimessi. Ma veramente i lettori non hanno capito che il Post come il Times o Politico o il Los Angeles Post sono stati acquistati da oligarchi, che ne pagano anche un conto salatissimo,   per lasciargli scrivere liberamente “quasi” tutto quello che vogliono?. Come ho già scritto in precedenti articoli  il controllo dell’opinione pubblica è al primo posto dell’agenda delle strutture che hanno potere  che sia politico o economico. In un’epoca in cui chi ha il potere non riesce a controllare tutta l’offerta informativa ne ha favorito la polverizzazione in un contesto in cui informazione e controinformazione  lavorano sullo stesso piano creando  confusione con il solo scopo di condizionare le scelte politiche economiche e sociali degli elettori come degli utenti. Le opinioni pubbliche sono contrarie alle guerre sia in Ucraina che in Medioriente che continuano ad essere alimentate   dall’informazione e dalla disinformazione  che ci arriva dal governo  Usa e da quelli alleati  continuando a fornire armi a ucraini e sionisti  inondando l’opinione pubblica di controinformazione.                    La seconda evidenza che è emersa dalla campagna elettorale  è l’allontanamento di una parte abbastanza rilevante delle aziende tecnologiche dai Democratici e l’adesione ad una agenda politica ed economica trumpiana . La Silicon Valley è stata sempre per il candidato progressista e lo sarebbe stato ancora di più in questa campagna presidenziale con un Trump che , almeno a parole, rifiuta  la transizione ecologica, quella energetica e quella digitale eppure  Musk , Davi Sacks, il fondatore di Aol Steve Case, il controverso Peter Thiel i i fratetelli Cameron e Tyler Winklevoss,si sono schierati apertamente con Trump. L’evidenza mi ha molto sorpreso perché settori e imprenditori che tutti i giorni guardano al futuro,  all’evoluzione, all’innovazione, al mondo perché aderiscono ad un progetto iper conservatore e isolazionista, di un candidato immobiliarista che è quanto di più lontano, anche per l’età, ci possa  essere  dai settori tecnologici. La prima traccia  porta alla scelta di J.D. Vance come candidato alla vicepresidenza. Vance è  un rappresentante di spicco del settore tecnologico, portato avanti da  Musk e da un gruppo significativo di aziende   a cui interessa l’agenda politica ed economica proposta dal tycoon per quattro motivi ben precisi. In primo luogo la questione Antitrust. Nei quattro anni dell’Amministrazione Biden si è registrato un giro di vite da parte dell’Antitrust sul settore tecnologico in cui i giganti della tecnologia sono stati frenati dal far proprie start-up e aziende più piccole perché hanno dovuto sistematicamente fare i conti con gli ostacoli regolamentari. Lina Khan,presidente della Federal Trade Commission,  nota per la sua posizione antimonopolistica e per il supporto verso le startup, ha rappresentato una scelta scomoda per le grandi aziende tecnologiche che si aspettavano un approccio più favorevole da parte dell’amministrazione Biden. La Kan  ha introdotto un elemento di instabilità per i grandi monopoli  in quanto la sua politica di regolamentazione ha privilegiato le piccole imprese a discapito dei colossi della Silicon Valley.

Il secondo vantaggio per le Big Tech dalla presidenza Trump potrebbe derivare dai social. Il tycoon si è battuto per la totale libertà di parola, da quando il suo account dell’allora Twitter è stato bloccato, e porta avanti questa battaglia attraverso la sua piattaforma Truth Social per eliminare la normativa che prevede una responsabilità legale dell’editore per i contenuti che vengono inseriti nei social. Eliminare la “moderazione” dei contenuti, così come ha fatto Musk su X, eliminando la responsabilità civile e penale per i contenuti dei social. Una deregolamentazione delle normative legali dei social!!.                   Il terzo vantaggio riguarderebbe l’intelligenza artificiale. La nuova tecnologia è un argomento centrale nel dibattito sulla regolamentazione. Molte aziende anche fra le più grandi del settore che ci stanno lavorando  vorrebbero che Trump superasse l’approccio cauto di Biden , improntato su quella che si considera un’eccessiva attenzione al riguardo gli standard di sicurezza e protezione. Un punto di vista “liberista” non condiviso da molte aziende del settore come Microsoft e  Apple che concordano sulla cautela da utilizzare sullo sviluppo e sull’utilizzo di questa tecnologia. Una frattura all’interno del mondo tecnologico  alimentata dalla competizione per il controllo del futuro dell’intelligenza artificiale generale, una tecnologia che ha il potenziale per influire in modo decisivo su vari settori economici e sociali. Questa lotta non è più semplicemente un confronto tra nuovi arrivati  trumpiani e l’establishment democratico, ma piuttosto una vera e propria lotta per il potere tra le élite tecnologiche che si schierano cercando gli appoggi politici  che gli possono far vincere lo scontro. Le elezioni presidenziali del 2024 divengono così un referendum sul futuro della tecnologia, dell’energia e della geopolitica: da un lato, una visione che promuove l’autonomia e la concorrenza tra innovatori e piccoli operatori; dall’altro, un modello guidato da grandi corporation, con la prospettiva di uno stretto controllo governativo sull’evoluzione tecnologica.  Le aziende tecnologiche sperano che appoggiano Trump  vengano rimosse la Kan e  tutti i regolamenti che condizionano lo sviluppo del settore .        

                           Il quarto e  ritengo motivo più rilevante sta nei soldi , come succede spesso. Da una parte c’è Trump con la promessa del taglio delle tasse, perché le pagheranno gli altri: Cina, India ed Europa(!!), per privati e aziende che avranno molti più dividendi da distribuire ai propri azionisti o da investire nell’azienda!!, dall’altro c’è Biden e i Democratici , anche se parzialmente smentito dalla Harris, con un piano di aumento delle tasse per i super ricchi con un incasso per lo stato di 5000 mld. di dollari, e molti di quei ricchi che pagherebbero l’aumento delle tasse sta proprio nel settore tecnologico.  

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