Editoriale
Salvare Israele da Netanyahu
Schierarsi acriticamente, comodamente stesi sul proprio divano, non serve a risolvere il problema. Cercare di capire gli ultimi drammatici “segni” certo non risolve, ma è meno inutile, se si vuol mantenere una condizione di onestà intellettuale.
Di fronte ad una situazione tanto drammatica quanto quella del conflitto riesploso tra Israele e Palestina, schierarsi con chi ha subito la recente aggressione da parte di Hamas, può rivelarsi un inutile spreco di energie. Indignarsi per la carneficina che i terroristi hanno fatto al rave a cui partecipavano centinaia di giovani israeliani è ad esempio senz’altro giustificato, a patto che si ricordino aggressioni altrettanto sanguinose, per citarne una “Piombo fuso” (al momento del cessate il fuoco nel 2009 i palestinesi morti erano 1417, gli israeliani 13) poste in essere da Israele.
Schierarsi dunque acriticamente, comodamente stesi sul proprio divano, non serve a risolvere il problema. Cercare di capire gli ultimi drammatici “segni” certo non risolve, ma è meno inutile, se si vuol mantenere una condizione di onestà intellettuale.
Lo sfondo di questa vicenda è come ogni altra nella storia. La nascita dello stato di Israele aveva alle spalle la non lontana esperienza dell’Olocausto e nonostante potesse essere salutata come un fatto importante e positivo, si innesto`in una situazione già complessa, che nel tempo si è tutt’altro che risolta. Affermare che Israele sia un fiore nel deserto e che per questo vada difeso, significa avere uno sguardo miope: i palestinesi non sono meno difendibili perché poco occidentali, perché poco simili a noi ed al nostro modo di vivere. Peraltro non va neanche dimenticato che Israele è una democrazia ed in quanto tale esprime democraticamente i propri governanti. Ciò significa che non tutti gli israeliani (e non sono pochi) condividono le posizioni e la politica di Netanyahu e che da questi il primo ministro non è stato votato. Esiste infatti un’opposizione non soltanto progressista, che attribuisce la responsabilità dell’escalation proprio a quest’ultimo. Netanyahu non è espressione di un corpo compatto, com’è ragionevole che sia in un ordinamento democratico. Non sarebbe quindi sbagliato ricordare ai tanti intellettuali, politici, giornalisti o semplici cittadini che in ogni parte del mondo in questo momento appoggiano la risposta di Israele all’attacco palestinese, che nei rapporti tanto deteriorati tra le due comunità esistono atti la cui paternità è ascrivibile ad una volontà precisa del primo ministro di alzare il livello dello scontro, forse ritenendo di avere gli strumenti per nuocere in maniera definitiva al popolo palestinese.
Perché oggi farsi belli a parole condannando Hamas, ma di fatto attaccando vilmente tutti i palestinesi è una risposta nazista. Ci sentiamo di considerarla sacrosanta in nome del diritto di Israele di difendersi? Siamo poi tutti concordi nella ritenere che nei territori coinvolti dal conflitto vi debba essere un intervento esterno, riconosciuto dalle parti, che renda più equilibrata la situazione. Eppure Israele non ha mai applicato le risoluzioni dell’ONU che andavano in questa direzione.
È di tutta evidenza dunque che Netanyahu non persegua lo stesso obiettivo ed i fatti recenti lo dimostrano.
Se peraltro era evidente che la risposta all’aggressione di Hamas sarebbe stata tutt’altro che equilibrata, vien da pensare che a trarre vantaggio dallo scontro, come sopra detto, sia solo Israele.
Inqualificabile infine, a mio giudizio la risposta della Germania, che si dichiara dalla parte di Israele seguendo una sorta di politica risarcitoria per le responsabilità nello sterminio del popolo ebraico avute durante l’ultimo conflitto mondiale. Una motivazione “di facciata” che nasconde ben altre ragioni ed interessi che con quei fatti non hanno nulla in comune. Sarebbe dunque indispensabile comporre gli interessi delle parti considerandoli tutti legittimi, ammesso che la pace sia davvero l’obiettivo primario.
Qualcuno ha detto “Bisogna salvare Israele da sé stesso” , sarebbe meglio dire “Bisogna salvare Israele dalla politica di Netanyahu e… dell’occidente tutto”.
Rosamaria Fumarola
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