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Esteri

Nuova Crisi nel Caucaso

L’improvvisa crisi tra Iran ed Azerbaigian trova le sue ragioni nell’approssimarsi di un pericolo di attacco israeliano contro l’Iran a causa del nucleare iraniano. In Mali procede la crisi con la Francia e i nuovi sviluppi preparano il campo all’arrivo dei contractors russi.

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iMMAGINE DELLA REGIONE A CAVALLO TRA iRAN ED aZERBAIGIAN

Aree di crisi nel mondo n. 85 del 2-10-2021

di Stefano Orsi

Crisi tra Iran e Azerbaigian

Circa una decina giorni fa sono iniziati i preparativi per una grande esercitazione militare iraniana nel nord del Paese, proprio a ridosso del confine azero.

Non è stato subito chiaro il motivo e forse nemmeno ora lo è del tutto.

MAPPA TRATTA DA GOOGLE HEART E RIELABORATA DALL’AUTORE

Camion con materiale, munizioni, equipaggiamenti, container per comandi mobili, cucine da campo, trattori stradali che portavano in posizione centinaia di carri armati e blindati.

Perfino sistemi a media – lunga gittata antiaerei sono stati posizionati.

Migliaia di soldati sono stati spostati in questo settore del Paese.

Cosa è mai accaduto di tanto grave da aver scatenato la reazione di Teheran?

Certamente non si tratta di comune esercitazione.

Il nome dato alla operazione, sotto l’aspetto formale di una esercitazione, è “I conquistatori di Kahibar”.

Lo scopo dichiarato ed ufficiale sarebbe di aumentare lo stato di prontezza al combattimento delle forze armate iraniane.

Dall’altro lato del confine gli Azeri stanno mobilitando e spostando a loro volta diverse unità del loro esercito per fronteggiare ogni evenienza, lo stato di allerta è stato portato , dietro ordine del presidente Aliyev, al massimo grado di prontezza al combattimento.

Unità iraniane mobilitate

Raggruppamento dell’esercito iraniano al confine con l’Azerbaigian:

•16a divisione di cavalleria

•21a divisione di fanteria Tabriz

•64a brigata di fanteria Urmia

•Ashura 31 battaglione della guardia rivoluzionaria

•65a brigata aviotrasportata delle forze speciali

I seguenti aerei sono di stanza negli aeroporti di confine:

•Caccia e bombardieri Su-24MK, F-14A Tomcat e F-4E Phantom

•Aerei da trasporto militare Il-76TD e C-130E/H Hercules

•Elicotteri AH-1 Super Cobra e CH-47C Chinook

Sono stati inoltre schierati vari sistemi missilistici al confine:

•Fajr-5 e Fajr-5C con un’autonomia fino a 70 km.

•Missili balistici Fateh-313 e Zulfikar con una gittata fino a 700 km.

Risulta evidente come la vittoria ottenuta l’anno scorso contro le forze armene nel Nagorno karabak abbiano dato all’Azerbaigian la falsa impressione di essere divenuto un Paese leader nel Caucaso e di avere libertà di manovra sulla base di una presunta superiorità bellica.

Questo, unitamente agli appoggi della Turchia e di Israele, potrebbe aver dato loro l’idea di poter concedere l’uso del proprio territorio a scopo militare per altri Paesi.

La ventilata concessione di tre basi alla Turchia con la presenza di estremisti jihadisti siriani, al soldo turco, sul loro territorio e la concessione di copertura per le operazioni di spionaggio e di infiltrazione israeliane dal territorio azero, stanno portando la regione sull’orlo di un nuovo conflitto.

Mappa tratta da Gloogle Heart ed elaborata dall’autore

L’Iran sta facendo pesare la sua potenza militare per mettere sotto massima pressione le autorità azere.

Il Presidente Aliyev deve capire che non si possa minacciare impunemente la sicurezza dei vicini ospitando operazioni sotto copertura da parte israeliana.

Basi israeliane in Azerbaigian mettono seriamente a rischio la sicurezza di Teheran.

La questione del nucleare iraniano è evidentemente al centro di questa partita a poker.

Gli impianti nucleari e di arricchimento iraniano sono molto distanti da Telaviv, ma non irraggiungibili, un attacco da parte israeliana sarebbe realizzabile.

Gli F35 realizzati per Israele sono infatti modificati e hanno più autonomia proprio per coprire l’esigenza di un attacco contro Teheran, l’eventualità di poter riparare dopo l’attacco presso una base in un Paese vicino garantirebbe migliori possibilità di successo.

Mappa tratta da Google heart ed elaborata dall’autore

Un eventuale attacco potrebbe anche partire proprio da un Paese amico di Telaviv, magari anche ignaro degli intenti israeliani, ma che servirebbe loro alla bisogna.

Missili trasportati in segreto, camuffati da rimorchi di Tir, droni lanciati da container in transito ferroviario o in deposito, permetterebbero un attacco a sorpresa che la minore distanza dell’Azerbaigian renderebbe possibile realizzare.

Le conseguenze di tale operazione sono irrilevanti in caso di successo, perchè, eliminando il rischio che l’Iran sviluppi un suo arsenale atomico, ogni conseguenza per Telaviv rappresenterebbe un vantaggio netto.

La risposta a questo attacco non coprirebbe mai il danno subito per l’Iran.

I vertici militari di Teheran ed il Presidente Ebrahim Raisi lo sanno molto bene e stanno mettendo sotto pressione i loro vicini, anche la Turchia sta ora rispondendo alle manovre iraniane.

Giocando di anticipo nello spingere Baku a evitare ogni rischio, sapendo di poter essere distrutto dal potente vicino, innalza sicuramente l’attenzione dell’Azerbaigian sull’operato israeliano sul proprio territorio.

Le forniture belliche e le informazioni di intelligence ricevute per vincere la guerra contro l’Armenia nell’Artsakh (Nagorno Karabak) non valgono i rischi che ora sanno di correre, si attiveranno per monitorare ogni attività di agenti e negheranno eventuali arrivi di materiali per le missioni di Telaviv.

Paradossalmente, potrebbe essere proprio questa enorme presenza militare ai confini, a disinnescare un possibile conflitto nel Caucaso tra questi Paesi e a diminuire i rischi di un attacco israeliano almeno da nord.

Israele, di recente, non ha perso occasione per annunciare investimenti e studi di fattibilità per un attacco contro l’Iran, sta lavorando alacremente e sa che il tempo che scorre è tutto a vantaggio di Teheran, siamo ormai agli sgoccioli e questa tensione ce lo dimostra chiaramente.

I mesi, forse le settimane, sono contate, Telaviv deve agire in un modo o nell’altro o rassegnarsi a dover rinunciare al suo ruolo di potenza militare nel Medio Oriente, vantandosi della propria impunità a fronte dei crimini commessi contro le popolazioni vicine.

Il mondo del bullo di questa regione del mondo si avvia alla sua fine.

Un medio oriente orientato al rispetto del diritto internazionale si affaccia all’orizzonte.

Con il prossimo ritiro USA dall’Iraq si aggiungerà un ulteriore tassello a questo lungo e complesso mosaico, la cui realizzazione parte da lontano, ma il cui completamento appare vicino.

La crisi tra Mali e Francia e l’operazione Takuba

La crisi franco-maliana raggiunge un nuovo picco di gravità.

Nella recente Assemblea Generale delle Nazioni Unite, ha preso la parola il Primo Ministro nominato del Mali, Choguel Maiga, ha accusato la Francia di voler abbandonare il Mali alle forze del terrorismo, date le minacce di ritirare la missione nel suo Paese, e di non essere stato informato direttamente di questo dalle autorità francesi.

Denuncia grave che fa seguito alle minacce diffuse del Presidente francese Macron che ha mal digerito l’arrivo di nuovi operatori in funzione antiterrorismo nel martoriato Paese.

La Francia ha capitanato e organizzato una grande Task Force, la missione Takuba, che vede la presenza di diversi Paesi europei.

La Task Force Takuba, che significa spada in lingua tuareg, oltre alla Francia e all’Italia, vede la presenza militare di Belgio, Danimarca, Estonia, Germania, Grecia, Norvegia, Paesi Bassi, Portogallo, Regno Unito, Repubblica Ceca, Spagna e Svezia.

L’annuncio dell’accordo tra Mali e la compagnia di sicurezza privata Wagner non sono stati graditi.

La Francia ha già dovuto convivere con questa compagnia in Libia, dove le sue forze appoggiavano quelle del Generale Haftar contro il governo legittimo e riconosciuto della Libia, ma dove l’arrivo dei contractors russi ha messo in ombra del tutto le forze speciali di Parigi e scalzato il suo ruolo di prestigio, dati gli scarsi risultati ottenuti sotto la loro guida.

L’intervento poi della Turchia ha portato alla ribalta un ulteriore concorrente per la Francia nel Mediterraneo, area di forte interesse francese.

Ricordiamo la presenza attiva di Parigi nel causare la guerra in Siria, ex protettorato francese, il sostegno dato ai cosiddetti “ribelli”.

Il tentativo mal celato di approfittare degli attriti tra Italia e Egitto dovuti al molto tempestivo “caso Regeni”, che non gli hanno garantito i vantaggi sperati.

Il recente caso delle 3 fregate di taglia intermedia per la Grecia, classe Balharra, 4000t contro le 6000t delle FREMM, con opzione di una ulteriore quarta.

La Francia era in competizione per questa fornitura con l’Italia, per il Naval Group sarà una boccata di ossigeno dopo l’annullamento della maxi commessa per i sottomarini australiani soffiata loro dagli USA.

Tornando al Mali, il Presidente Macron ha reagito molto male alle dichiarazioni del Primo Ministro Maiga.

Il nostro Manuel, ha avuto una delle sue celebri cadute di stile, reagendo a caldo, ha dichiarato che, essendo Maiga il Primo Ministro figlio di non uno, ma di ben due golpe, non ha credibilità democratica.

La cosa ridicola di questa affermazione non risiede nella questione della credibilità democratica, che effettivamente è nulla, ma nel fatto che la Francia, ovvero lui stesso, dessero credibilità alle autorità golpiste fino all’annuncio dell’accordo con la compagnia Wagner.

Questo sì, pone seri dubbi sulla credibilità del giudizio del Presidente francese.

Non è la prima volta che questo accade.

Il Mali non sta fermo ad attendere che il cervello di Macron faccia pace con se stesso.

Il ministro della difesa maliano, il colonnello Sadio Camara, ha ricevuto all’aeroporto militare di Bamako i cargo russi che trasportavano i 4 elicotteri d’attacco MI171 di produzione russa e consegnati con mirabile tempismo da Mosca.

https://en.wikipedia.org/wiki/Mil_Mi-17

Questa mossa, si potrebbe dire, che abbia definitivamente spiazzato la Francia.

Assieme agli elicotteri sono arrivate diverse attrezzature belliche e relativo munizionamento, come sostegno russo alla lotta contro il terrorismo.

Ieri il Presidente della transizione del Mali, il colonnello Goita, ha ricevuto la missione della nuova rappresentante della UE per il SAEL, Emanuela del Re, che succede al suo predecessore Angel Losada.

Emanuela Del Re ha ribadito l’impegno della UE in Mali per il miglioramento del partenariato e per un futuro sostenibile del Paese, un po’ come a prendere le distanze dalle posizioni di un Macron sempre più isolato anche nella UE.

Per Emanuela Del Re si è trattato della sua prima visita nel Sahel, non è un caso che il Mali sia stato il primo Paese che ha visitato.

L’arrivo ormai imminente degli operatori Wagner smarca il Mali dalla dipendenza militare imposta finora dalla Francia, che, attraverso diverse missioni ripetute negli anni, mai è riuscita a formare un esercito maliano indipendente dai suoi aiuti e consiglieri militari.

La Francia ha riprodotto qui il modello di formazione seguito dalla NATO in Afganistan ed in Iraq, che ha dato i ben noti risultati.

Il colonnello Goita intende rivolgersi quindi a coloro che hanno prodotto migliori risultati in diversi scenari bellici, come il teatro siriano o quello della Repubblica centro Africana.

Nel Mali, in questi anni, la crisi del terrorismo non è affatto migliorata nonostante la crescente presenza occidentale e francese in particolare, le vittime l’anno scorso erano raddoppiate addirittura rispetto all’anno precedente.

Naturale quindi che, tirando le somme dei risultati fin qui ottenuti, il colonnello Goita abbia ritenuto necessario, per il bene del Paese, di rivolgersi ad altri operatori.

Il successo delle operazioni di pace russe in Africa è crescente, non tanto per rapporti preesistenti tra i Paesi, ma per i risultati che esse hanno portato.

Si basano quindi sui risultati ottenuti nei teatri dove sono chiamati ad operare.

Su questo gradimento viene anche costruita la propaganda che accompagna inevitabilmente queste operazioni e che serve poi da volano per la tessitura di nuovi rapporti di partenariato russo in Africa.

Rapporti con Paesi che in Africa erano in precedenza legati a doppio filo con potenze coloniali europee e che ora mal digeriscono un ruolo sempre più marginale a loro destinato.

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