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Esteri

Un incontro che tiene accese le speranze: il Summit di Ginevra

Il summit di Ginevra nei suoi contenuti essenziali, la situazione militare in Siria, le elezioni in Iran, le elezioni in Armenia, e la guerra in Afghanistan che si avvia alla sconfitta della NATO

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Credit foto ufficio stampa Presidenza della Federazione Russa

Di Stefano Orsi

Aree di crisi nel mondo n. 72 del 19-6-2021

Siria

Sono preoccupanti i segnali di forte presenza ISIS nei settori est della Siria libera.

In questi giorni sono stati segnalati diversi spostamenti di truppe delle forze speciali.

Immagine tratta ed elaborata da Googleearth/ Siria alcuni fronti attivi

La 25 Divisione è infatti in trasferimento nel settore ad est di Homs, si sta posizionando tra Palmira e Deir Ezzour, nel mirino c’è la presenza ISIS che da anni permane in questo settore disabitato della Siria e dal quale conduce attacchi continui contro i convogli siriani o russi e predispone attentati dinamitardi.

Israele nei giorni che precedevano la nascita del nuovo governo, ha condotto un ennesimo attacco contro alcune strutture siriane, tutte militari, sia nella provincia di Homs che nei dintorni di Damasco, si devono purtroppo segnalare alcune vittime tra i militari di guardia. Non risulta siano stati colpiti obbiettivi strategici, oltretutto alcuni di questi erano già stati colpiti in precedenti raid.

Afghanistan

La NATO sta affrontando la prima grande sconfitta militare della sua storia.

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Il ritiro dal Paese, venduto come disimpegno dopo aver portato la pace e la “democrazia” durante questi quasi 20 anni di invasione, si risolve nel vedere i Talebani più forti di quello che erano 18 anni fa, che stanno avanzando in ogni parte del Paese.

Se fino a pochi mesi fa riuscivano a conquistare un distretto al mese, ora non passa giorno in cui uno o due distretti non passino sotto il pieno controllo degli “Studenti di Dio”.

Le forze americane e dei Paesi NATO, tra cui l’Italia, si stanno affrettando a lasciare il Paese, il Congresso USA si interroga sul da farsi nei confronti dei molti che in questi anni hanno collaborato con le forze USA, se sia o meno il caso di lasciarli nel Paese o metterli in salvo. Questo la dice lunga sulla reale situazione che ci troviamo ad affrontare, non è un ritiro delle truppe, ma una vera fuga.

Le trattative tra i Talebani e le delegazioni USA dei mesi scorsi servivano solo a stabilire delle modalità di questo ritiro in modo da concordare una tregua e far si che le truppe NATO possano ritirarsi verso Kabul senza subire attacchi, per poi lasciare i territori per i quali hanno perso la vita circa 3300 soldati della coalizione occidentale.

== {{int:filedesc}} == {{Informazioni |Descrizione= {{en|Un veicolo americano protetto contro le imboscate e un veicolo corazzato tattico francese riportano le truppe da una missione nella valle di Shpee all’avamposto di combattimento Belda nella provincia di Kapisa , Afghanistan, 7 agosto Questa immagine è un’opera di un 
soldato o impiegato 
dell’esercito americano, presa o realizzata come parte dei doveri ufficiali di quella persona. 
In quanto 
opera del 
governo federale degli Stati Uniti , l’immagine è di 
dominio pubblico .

Quanto osservo conferma i miei sospetti, le truppe talebane, molto meglio addestrate che in passato, segno evidente di un netto cambio di passo, attaccano solo caserme o colonne dell’esercito locale, trascurando del tutto le forze di e legate a Washington.

In questo scenario tenta di inserirsi, nessun dubbio che si sarebbe fatto avanti, Erdogan.

La Turchia si è offerta di prendere il comando delle forze che rimarranno a Kabul e di fare base presso l’aeroporto internazionale.

Il despota di Ankara tenta di allungare le sue grinfie anche sullo scenario Afghano, per questa ragione ha anche avanzato trattative con il Turkmenistan proprio nelle scorse settimane, poco dopo le celebrazioni della vittoria contro l’Armenia.

Non so se sia ancora in tempo o ormai in grande ritardo, ma non sottovaluto le capacità di quest’uomo, che si è rivelato un grande tessitore di alleanze anche negli scenari meno facili.

Armenia

Il Paese si reca al voto con il Primo ministro dimissionario, Pashinyan, il principale responsabile non solo della sconfitta militare, ma anche politica con l’Azerbaigian, aveva infatti rifiutato le offerte di cessate il fuoco mediate dalla Russia quando conservava ancora parecchio territorio in più del Nagorno Karabakh, pertanto in capo a lui le ulteriori perdite umane e di territori.

Eppure ancora pare goda dell’appoggio di larga parte della popolazione, se domenica non vi saranno brogli, un golpista come lui dubito si possa fare degli scrupoli, vedremo quale sarà il suo effettivo peso nel Paese.

Iran

Oggi 18-6-2021 l’Iran si è recato alle urne per eleggere un nuovo Presidente.

Rohani, presidente uscente non si è ricandidato.

Il favorito risulta essere Ebrahim Raisi, che fu sconfitto nelle scorse elezioni proprio da Rohani e che rappresenta il blocco conservatore nel Paese.

“Tutti i contenuti di Tasnim News Agency sono concessi in licenza con una licenza Creative Commons Attribution 4.0

Queste elezioni sono importanti in quanto c’è in ballo la trattativa con gli USA per il ritorno di questi ai termini del trattato firmato e da loro disconosciuto con Trump ed ora con Biden, che vuole rinegoziare alcune clausole e pare imporre condizioni mentre dovrebbe solo rispettare e adempiere agli accordi sottoscritti a suo tempo dal Presidente Obama.

Sul tavolo ci sono anche le delicate questioni dei rapporti sempre più stretti con la Russia da una parte e con la Cina dall’altra, la prosecuzione del progetto di legami nell’ambito della “Mezzaluna sciita” e le misure economiche da prendere per contrastare le pesanti sanzioni e blocco economico imposto dagli USA.

Rohani in questi anni credo abbia fatto un buon lavoro, aveva concluso un ottimo accordo con Obama e riallacciato legami e impegni di investimenti con i Paesi europei, ma poi tutto è stato vanificato dalla presidenza Trump, troppo incline ad assecondare Israele e il suo discusso ex Primo Ministro Netanyahu.

Il Presidente Rohani è purtroppo arrivato al suo secondo mandato e per la legge iraniana non è possibile prolungare l’incarico oltre questo, ciò significa che la legge e la Costituzione in Iran è rispettata alla lettera e gli equilibri tra i poteri sono un elemento molto importante per garantire regole certe nella Repubblica islamica e tutelare la democrazia e l’alternanza.

Questa notte i seggi, data l’affluenza ancora presente da parte dei cittadini, sono rimasti aperti fino alle due di notte, il termine previsto era la mezzanotte.

Questa mattina sono iniziate le operazioni di scrutinio dei voti.

Attendiamo il risultato dei seggi.

Importante comprendere che andando oltre la propaganda occidentale, l’Iran si rivela sempre come una vera democrazia con anche alternanza di linee politiche e regole certe e condivise da tutti sia candidati che governanti.

Nel prossimo numero potremo dedicare un approfondimento al candidato che avrà vinto questa importante tornata elettorale.

I dati finora giunti ci presentano questa situazione:

Il numero totale dei voti conteggiati: 28 milioni e 600 mila

Seyed Ebrahim Raisi: 17 milioni e 800mila voti

Mohsen Rezai: 3 milioni e 300mila voti

Abdul Nasser Hemmati: 2 milioni e 400mila voti

Seyed Amir Hossein Ghazizadeh Hashemi: circa 1 milione voti

Lo scutinio procede molto spedito, al momento 11,43 italiane, il 90% dei voti è stato scrutinato.

La percentuale totale dei votanti si attesta sotto il 50% degli aventi diritto, in calo rispetto all’ultima tornata in cui era superiore al 70%. La mancanza di un forte candidato per succedere a Rohani che si contrapponesse a Raisi ha sicuramente influito sull’affluenza.

Direi che al momento si possa dire che Raisi sia il candidato non solo più autorevole ma anche quello che più ha raccolto il consenso popolare.

Ebrahim Raisi è stato proclamato verso le ore 12 italiane, il nuovo Presidente della Repubblica islamica dell’Iran.

Il Summit tra i presidenti Putin e Biden a Ginevra.

Il summit si è svolto a Villa La Grange, con una organizzazione impeccabile. Le delegazioni si sono incontrate e parlate faccia a faccia.

I due presidenti lo hanno anche fatto in maniera più ristretta con i soli Lavrov e Blinken presenti oltre agli interpreti.

Il tutto è durato quasi 4 ore, al termine si sono svolte due differenti e separate conferenze stampa.

Il primo è stato Putin, che ha affrontato una platea di giornalisti della stampa russa ma anche americana.

Biden ha incontrato solo un ristretto numero di giornalisti e esclusivamente statunitensi o al loro soldo, come Radio free Europe Radio Liberty, che sono due emittenti pagate da USA, NATO e UE, estromesse dalla Russia in quanto agenti stranieri.

La location di Biden era sotto il sole, 30° circa, la cosa è pesata non solo ai giornalisti, ma anche allo stesso Biden, che si è perfino tolto la giacca e l’ha posata per terra, nota a margine, incredibile che nessuno lo abbia aiutato prendendo la giacca o raccogliendola da terra per poi ridargliela, l’ho trovato davvero tragicomico.

Putin ha risposto alle domande per 55 minuti, senza porre alcuna limitazione ai temi e rispondendo a tutte le domande, anche quelle tendenziose della stampa USA.

Gli argomenti esposti dal Presidente Putin durante la conferenza stampa sono stati questi.

Ci saranno altri incontri se la controparte americana sarà d’accordo.

Non c’è stato accordo su molti punti ma l’incontro si è svolto senza ostilità.

Accordo c’è stato sulla necessità di dialogare.

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Sulla cyber security ha fatto presente come la maggior parte di attacchi informatici provengano dagli USA e non dalla Russia, e prima di questa vi siano diversi altri Paesi.

La CNN ha provocato parlando di Aggressione russa sul tema dell’Ucraina, Putin ha risposto citando gli accordi di Minsk e la totale inadempienza di Kiev.

Viene proposto il tema Navalny, la risposta è quanto abbiamo già spiegato, il detenuto ha violato le leggi russe anche in materia di libertà vigilata, è in carcere per ragioni di giustizia penale e non politica. Ha sottolineato come fosse un agente straniero, sebbene non sia detenuto per quella ragione.

Sempre sul tema Navalny viene chiesto se possa divenire un altro martire ucciso in Russia, domanda assolutamente tendenziosa e di provocazione, a cui il Presidente risponde che Navalny ha usato soldi dei contribuenti USA per causare disordini, diffondere istruzioni per costruire bombe, coinvolgere minorenni nei disordini e comunque anche gli USA non possono dire che siano esenti da critiche, sulla vicenda del campidoglio, hanno ucciso una manifestante disarmata, imprigionato decine di manifestanti sempre disarmati che rischiano pene di molti anni e di cui non si sa più nulla.

Ha ricordato alla stampa, sull’argomento Killer, che le responsabilità siano dei capi di stato, se in Afghanistan gli USA uccidono decine di persone ad un matrimonio per errore, la colpa ricade sul capo di stato.

Artico: la Russia sta solamente recuperando strutture sovietiche, non sta prendendo controllo su nulla che già non sia suo.

Dice che non si sia discusso di “Red Lines” cosa di cui dubito fortemente.

Niente illusioni su questo meeting, ne aspettative, si vedrà col tempo se il punto più basso delle relazioni sia stato superato o meno.

Non è la Russia ad essere imprevedibile, ma chi non rispetta le regole.

Ho trattato del summit in due differenti video che vi propongo qui:

Il primo è stato registrato non appena terminato l’incontro.

Il successivo assieme a Sascha Picciotto di SakerItalia.

Vi invito a vedere entrambi per avere informazioni e commento sui fatti di cui all’oggetto.

La dichiarazione congiunta si è limitata a precisare che le parti intendono mantenere aperta la via del confronto e del dialogo, al fine di ridurre i rischi di conflitto nucleare.

Verrà pertanto avviato un dialogo di stabilità strategica.

“Noi, Presidente degli Stati Uniti d’America Joseph R. Biden e Presidente della Federazione Russa Vladimir Putin, notiamo che Stati Uniti e Russia hanno dimostrato che, anche in periodi di tensione, sono in grado di compiere progressi sui nostri comuni obiettivi di garantire la prevedibilità in ambito strategico, riducendo il rischio di conflitti armati e la minaccia di guerra nucleare.

La recente estensione del nuovo Trattato START esemplifica il nostro impegno per il controllo degli armamenti nucleari. Oggi riaffermiamo il principio che una guerra nucleare non può essere vinta e non deve mai essere combattuta.

Coerentemente con questi obiettivi, gli Stati Uniti e la Russia avvieranno insieme un dialogo bilaterale integrato di stabilità strategica nel prossimo futuro, che sarà deliberato e solido. Attraverso questo dialogo, cerchiamo di gettare le basi per future misure di controllo degli armamenti e di riduzione dei rischi”.

Non molto in effetti, ma intanto i rispettivi ambasciatori, ritirati nei mesi scorsi, torneranno presso le loro sedi in breve tempo.

La conferenza stampa di Biden ha invece avuto dei tratti involontariamente comici, ha scambiato i nomi chiamando Putin, Trump, poi ha tolto la giacca ma nessuno l’ha aiutato, infine ha detto, nell’ilarità generale del mondo che lo osservava, che gli USA non interferiscono nelle elezioni degli altri stati, e davvero qui si è toccato il culmine della falsità e dell’ipocrisia, ne sanno qualcosa, Messico, Honduras, Venezuela, Ecuador, Cile, Brasile, Ucraina, Russia, Bielorussia, Siria, Italia, e molti altri stati ancora.

Le domande erano preparate, Biden aveva l’elenco di esse, ha chiamato lui stesso i giornalisti cui intendeva rispondere, poi se ne è andato glissando sulle domande non concordate.

I molti contenuti dell’incontro che non sono stati divulgati li conosceremo strada facendo, resta un dato positivo su tutti, si sono potuti parlare faccia a faccia e questo è già positivo.