Editoriale
Meglio ucraini che africani
di Lavinia Orlando
Si consiglia di dare una veloce lettura alla comunicazione di servizio n. 4 del 14 marzo 2022 dell’Agenzia delle Entrate, ad oggetto “Ingresso nel territorio nazionale dei profughi ucraini e “protezione temporanea” – Attribuzione codice fiscale”.
Trattasi di una nota molto interessante per certificare un dato oramai incontrovertibile: l’esistenza per chi ci governa di profughi di differente importanza.
La comunicazione citata chiarisce due concetti fondamentali: “l’attivazione per la prima volta della Direttiva 2001/55/CE, la quale prevede, in caso di massiccio afflusso di sfollati nell’Unione, il riconoscimento di una “protezione temporanea” in loro favore” e la previsione di una procedura estremamente semplificata rispetto a quanto ordinariamente previsto con riferimento all’attivazione dell’assistenza sanitaria nei confronti dei cittadini ucraini.
Lo straniero irregolarmente presente sul territorio italiano, infatti, in sede di erogazione dell’assistenza sanitaria, ha diritto ad ottenere un codice regionale individuale di accesso detto STP (Straniero Temporaneamente Presente), riconosciuto su tutto il territorio nazionale. Il rilascio del codice STP ha validità semestrale, è rinnovabile in caso di permanenza dello straniero sul territorio nazionale e prevede l’esonero dal pagamento della prestazione sanitaria in tutti i casi in cui vi è esonero per i cittadini italiani.
Tutto bello e degno di uno Stato civile, così come il nostro ama definirsi. Peccato solo che ottenere tale codice non sia così semplice e, soprattutto, richieda tempistiche non così brevi. Per l’emergenza ucraina, tuttavia, l’Italia ha dimostrato di sapere e volere velocizzare il più possibile tutte le procedure legate all’accoglienza, generando una chiara disomogeneità di trattamento tra profughi di serie A – gli ucraini – e profughi di serie Z – tutti gli altri.
A chi argomenta che gli ucraini necessitano modalità di favore in quanto persone effettivamente in fuga da una guerra, mentre i migranti africani o asiatici sarebbero “ricchi e fortunati” migranti economici, va semplicemente risposto quanto segue. Diamo per assodato che chi si sposta per cercare di migliorare la propria condizione economica debba avere un trattamento differente rispetto al profugo di guerra – per quanto anche su questo ci sarebbe molto da obiettare. Il mondo è disseminato di conflitti, peraltro molto più longevi e con un numero di vittime significativamente più alto di quello ucraino e di cui nessuno sa nulla. Le persecuzioni in danno di intere popolazioni proseguono incessantemente, ragione per cui donne e uomini si spostano, sovente a malincuore, sempre rischiando di morire durante il viaggio, per cercare sollievo. Non avrebbero meritato anche loro un trattamento similare a quello che l’Italia, insieme agli altri Stati europei, sta dimostrando di poter garantire a chi proviene dall’Ucraina?
È bastato un semplice provvedimento interno, derivante da un decreto legge, per dare l’ok a procedure più celeri. Così come si è dimostrato possibile trovare velocemente fondi ad incremento della spesa militare, che non farà altro che aumentare il numero di persone che avranno bisogno di ausilio, sarebbe stato facilmente possibile, anche in passato ed in presenza della necessaria volontà politica, rinvenire somme ulteriori per velocizzare tutte le procedure connesse al riconoscimento del sacrosanto diritto alla salute nei confronti di chiunque, per qualsiasi ragione, si trovi sul nostro territorio.
Finché l’origine ed il colore della pelle continueranno ad essere delle discriminanti, nessuno Stato potrà veramente definirsi privo di rigurgiti razzisti e xenofobi, indipendentemente da quanto formalmente indicato nelle rispettive Costituzioni e dalle giornate nazionali ed internazionali celebrate in tal senso.
RIPRODUZIONE RISERVATA ©