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Editoriale

Il benservito del Senato al Ddl Zan…ed alla civiltà

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di Lavinia Orlando

Più che l’affossamento del provvedimento, ciò che maggiormente ferisce ed imbarazza con riferimento all’ennesimo rinvio nell’adozione del Ddl Zan è lo scrosciante applauso che ne ha accompagnato la sospensione.

Quel battere le mani, quell’ovazione, quello sghignazzare che si sono levati dai banchi della destra parlamentare sono una delle immagini più raccapriccianti che la storia parlamentare ricordi.

I complimenti per l’astuzia vanno di certo ai gruppi di Lega e Fratelli d’Italia del Senato, che hanno chiesto l’applicazione della c.d. tagliola, prevista dal Regolamento dell’Aula, che stabilisce che, prima che abbia inizio l’esame degli articoli di un disegno di legge, un senatore per ciascun gruppo possa avanzare la proposta che non si passi a tale esame. Per completare l’opera, gli stessi partiti hanno richiesto ed ottenuto il voto segreto, circostanza che ha assicurato l’arresto dell’iter legislativo – anche grazie al sicuro intervento di franchi tiratori d’accordo solo a parole con l’approvazione della legge.   

Di certo c’è che la legge che punisce l’omotransfobia è ora nuovamente parcheggiata nei corridoi parlamentari, con scarsissime possibilità di essere discussa nel breve termine, così ulteriormente ritardando l’adozione di disposizioni di cui il nostro Paese – e non solo il mondo lgtb – avrebbe enormemente bisogno.

È questo solo uno dei tanti esempi di arretratezza del nostro Parlamento in confronto alle istanze del Paese, ancora più vergognoso se solo si consideri che si tratterebbe di approvare una legge che non prevede costi a carico dello Stato o dei cittadini, bensì la chiara e semplice previsione di pene a fronte di azioni che avrebbero potuto essere accettate solo nel Medioevo.

Le bufale sulla proposta sono tante, ad iniziare da chi semina il terrore sul fatto che, se la stessa fosse stata approvata, non sarebbe più stato possibile esprimere liberamente le proprie idee.

Come questa presunta limitazione potrebbe generarsi non è dato sapersi, stante il contenuto della proposta: prevenzione e contrasto di discriminazioni e violenze per motivi fondati su sesso, genere, orientamento sessuale, identità di genere e disabilità.

Fatto sta che il nostro Paese continua a scontare un enorme ritardo in materia di tutela dei diritti omosessuali, certamente frutto del forte retaggio cattolico, ma altresì figlio di rappresentanti istituzionali totalmente scollati con la realtà che, fortunatamente, viaggia molto più rapidamente di chi siede in Parlamento.

Deve comunque precisarsi che l’artefice di tale debacle non è la sola destra: l’autentico giubilo esternato dai senatori di Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia fa il paio con l’assenza dal Senato di Matteo Renzi, il quale, mentre si consumava il dramma, era nuovamente in Arabia Saudita, Paese che di certo non brilla in quanto a tutela dei diritti degli omosessuali, delle donne e di tante altre categorie, così fornendo una chiara rappresentazione di quale sia la sua scala valoriale ed il suo rapporto col mandato parlamentare.

Altro che vincitori e vinti, la vicenda relativa al provvedimento in questione restituisce un unico grande sconfitto: l’Italia che, indipendentemente dall’orientamento sessuale e religioso, continua ad arrancare nel percorso di crescita legislativa.  

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