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Economia & lavoro

Il Rischio Povertà nelle Regioni Italiane

Nel Sud Italia 34 persone su 100 rischiano la povertà

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DI ANGELO LEOGRANDE

Credit foto  Wolfgang Lonien license CC BY-SA 2.0

L’Istat calcola il rischio povertà definito come la “[…] percentuale di persone che vivono in famiglie con un reddito netto equivalente inferiore a una soglia di rischio di povertà, fissata al 60% della mediana della distribuzione individuale del reddito netto equivalente. L’anno di riferimento è l’anno solare precedente quello di indagine”.

Ranking delle regioni per rischio di povertà nel 2019. La Sicilia, insieme alla Campania, è al primo posto per valore del rischio povertà con un valore pari a 41%. Al secondo posto vi è la Calabria con un valore del rischio povertà pari al 31% seguita dalla Puglia con un valore di rischio povertà pari a 30. A metà classifica vi sono il Lazio con una percentuale di persone a rischio povertà pari al 17%, seguito dalla Toscana e dalle Marche entrambe con un valore pari al 14% e dal Piemonte e dalla Liguria con un valore pari a 13%. Chiudono la classifica il Trentino-Alto Adige ed il Veneto con un valore pari a 8,7%, seguito dal Friuli-Venezia Giulia con un ammontare pari a 8,4 e dalla Valle d’Aosta con un ammontare pari a 6,1%.

Variazione percentuale del rischio povertà tra il 2004 ed il 2019. La Toscana è al primo posto per variazione percentuale del rischio povertà tra il 2004 ed il 2019 con un ammontare pari a 48,96%, seguita dall’Emilia Romagna con un ammontare pari a 26,74% e dal Molise con un ammontare pari a 21,56%. A metà classifica vi sono la Sicilia con una variazione percentuale del rischio di povertà pari a 4,81%, seguita dal Piemonte con un ammontare pari a 4,69% e dalla Liguria con un ammontare pari a 2,38%. Chiudono la classifica la Calabria con un ammontare pari a -13,7%, l’Umbria con un ammontare pari a -16,2% e la Valle D’Aosta con un ammontare pari a 35,8%. Tuttavia, sostanzialmente, se si prende la media delle variazioni delle regioni italiane per valore del rischio di povertà risulta che il rischio di povertà è aumentato di 0,9 unità nel passaggio 2004-2019 ovvero di un ammontare pari a 5,3%.

Clusterizzazione. Di seguito viene realizzata la clusterizzazione per verificare se vi sono dei raggruppamenti che possono in un qualche modo riverberare le distinzioni tra Sud, Centro e Nord Italia. Tale clusterizzazione è stata realizzata mediante l’algoritmo k-Means ottimizzato mediante il coefficiente di Silhouette e rappresentato mediante l’algoritmo t-SNE. Dall’analisi realizzata risultano essere presenti i seguenti clusters ovvero:

  • Cluster 1: Abruzzo, Sardegna e Molise;
  • Cluster 2: Veneto, Lombardia, Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Toscana, Trentino-Alto Adige, Valle d’Aosta, Piemonte, Marche, Umbria, Liguria;
  • Cluster 3: Sicilia, Campania, Calabria;
  • Cluster 4: Basilicata, Puglia, Molise.

Come è possibile verificare vi è un cluster che contiene la maggior parte delle regioni ovvero il cluster 2 nel quale sono presenti regioni del Centro-Nord, mentre le regioni del Sud sono divise in 3 diversi clusters. Ne deriva evidentemente che le differenze tra gruppi di regioni manifestano gradazioni della povertà che sono particolarmente marcate nelle regioni meridionali. Dal punto di vista della mediana risulta che il valore più elevato è il Cluster 3 con un ammontare di 41,20, seguito dal cluster 4 con un ammontare della mediana pari ad un valore di 27,10, dal cluster 1 con un valore pari a 19,50 unità e dal cluster 2 con un ammontare pari a 10,90 unità. Nello specifico il valore del rischio povertà nel cluster 2 è circa del 73,5% inferiore rispetto alla probabilità di povertà delle regioni del cluster 3. Invece tra le regioni meridionali quelle che hanno un valore minore di rischio povertà sono contenute nel cluster 1, ovvero Abruzzo, Sardegna e Molise, che hanno un valore del rischio povertà di circa la metà del valore del cluster 4.

Machine learning and predictions. Di seguito sono state utilizzati 8 diversi algoritmi per predire attraverso i dati del periodo 2004-2019, il valore del rischio povertà attraverso la tecnica del machine learning. Nello specifico sono stati utilizzati i seguenti algoritmi

  • Tree Ensemble Regression;
  • Simple Regression Tree;
  • PNN-Probabilistic Neural Network;
  • Artificial Neural Network ANN-MLP;
  • Random Forest Regression;
  • Gradient Boosted Trees Regression;
  • Linear Regression;
  • Polynomial Regression.

Per scegliere l’algoritmo più efficiente da utilizzare sono state confrontare le performance degli algoritmi di machine learning indicati in base ai seguenti criteri ovvero: “Mean Absolute Error”, “Mean Squared Error”, “Root Mean Squared Error”, “Mean Signed Difference”. I risultati hanno messo in evidenza che l’algoritmo maggiormente performante è “Tree Ensemble Regression”. Considerando che i dati sono stati utilizzati con un 70% di training ed il 30% di prediction, sono state realizzate delle iterazioni per generare l’intero set delle predizioni per le regioni italiane. Ne deriva che l’algoritmo ha predetto i seguenti risultati ovvero:

  • Abruzzo: variazione negativa del rischio povertà da 19,50 a 19,11 ovvero pari ad un valore di -0,39 unità pari a -2,10%;
  • Basilicata: variazione positiva da un valore pari a 27,10 unità fino ad un ammontare di 28,51 unità ovvero pari ad un valore di 1,41 unità pari al 5,19%;
  • Calabria: variazione positiva da un valore pari a 30,90 unità fino ad un valore pari a 36,56 unità ovvero pari ad un ammontare del 5,66 unità pari ad un valore di 18,32%,
  • Campania: variazione negativa da un ammontare pari a 41,20 unità fino ad un valore pari a 33,38 unità ovvero pari ad un ammontare di -7,82 unità pari ad un valore di -18,97%;
  • Emilia-Romagna: variazione negativa da un ammontare pari a 10,90 unità fino ad un valore di 9,06 unità ovvero pari ad una variazione di -1,84 unità pari a -16,87%;
  • Friuli-Venezia Giulia: variazione positiva da un ammontare pari a 8,40 unità fino ad un valore pari a 10,76 unità ovvero pari ad un ammontare di 2,36 unità pari a 28,07%;
  • Lazio: riduzione del valore da un ammontare pari a 17,20 unità fino ad un valore pari a 16,15 unità ovvero pari ad una variazione di -1,05 unità pari a un valore di -6,09%.
  • Liguria: variazione positiva da un ammontare pari a 13,40 unità fino ad un valore di 13,65 unità ovvero pari ad un ammontare di 0,25 unità pari ad una variazione di 1,84%;
  • Lombardia: variazione negativa da un ammontare pari a 12,00 unità fino ad un valore di 11,40 unità ovvero pari ad una variazione di -0,60 unità pari a -5,03%;
  • Marche: variazione da un ammontare di 13,60 unità fino ad un valore di 11,46 unità ovvero pari ad una variazione di -2,15 unità pari a -15,77%;
  • Molise: variazione ad un ammontare pari a 26,50 unità fino ad un ammontare di 26,58 unità ovvero pari ad una variazione di 0,08 unità pari ad un ammontare di 0,31%;
  • Piemonte: variazione da un ammontare di 13,40 unità fino ad un valore di 12,81 unità ovvero pari ad una variazione di -0,59 unità pari ad un valore di -4,40%;
  • Puglia: Variazione da un valore di 30,40 unità fino ad un valore di 27,50 unità ovvero pari ad un valore di -2,90 unità pari ad un valore di -9,55%;
  • Sardegna: variazione da un ammontare di 22,90 unità fino ad un valore di 21,03 unità ovvero pari ad una variazione di -1,87 unità ovvero pari a 8,18%;
  • Sicilia: variazione da un ammontare pari a 41,40 unità fino ad un valore pari a 37,28 unità ovvero pari ad un valore di -4,12 unità pari ad un ammontare di -9,96%;
  • Toscana: variazione da un ammontare pari a 14,30 unità fino ad un valore di 9,97 unità ovvero pari ad una variazione di -4,33 unità pari ad un variazione di -30,31%;
  • Trentino-Alto Adige: variazione da un ammontare pari a 8,70 unità fino ad un valore pari a 10,77 unità ovvero pari ad una variazione di 2,07 unità pari a 23,79%;
  • Umbria: variazione da un ammontare pari a 9,80 unità fino ad un valore pari a 13,32 unità ovvero pari ad una variazione di 3,52 unità pari a 35,87%;
  • Valle d’Aosta: variazione da un ammontare pari a 6,10 unità fino ad un valore pari a 11,54 unità ovvero pari ad un valore di 5,44 unità pari ad una variazione di 89,16%;
  • Veneto: variazione da un ammontare pari a 8,70 unità fino ad un valore di 11,33 unità ovvero pari ad una variazione di 2,63 unità pari ad un ammontare di 30,22%.

Complessivamente il valore medio del rischio povertà nelle regioni italiane viene predetto dall’algoritmo in diminuzione da un valore pari a 18,82 fino ad un valore pari a 18,61 unità ovvero una variazione pari a -0,21 unità pari a -1,13%.

Conclusioni. In sintesi, possiamo osservare che nelle regioni meridionali il valore del rischio di povertà è pari a circa 2,1 volte rispetto al Nord e circa 1,26 volte pari al valore del Centro. Complessivamente in termini percentuali tra il 2004 ed il 2019 il valore della povertà è cresciuto maggiormente nel Centro con un valore pari a +14,18%, seguito dal Nord +8,74% e dal Sud +6,12%. Tuttavia, i valori di rischio povertà nelle regioni del Centro rimangono molto alti e circa 34 persone su 100 rischiano la povertà nel Sud Italia, contro le 12 su 100 nel Nord e le 16 su 100 nel Centro. Tuttavia, i dati dell’Istat si fermano al 2019 e non consentono di valutare l’impatto del reddito di cittadinanza che è stato introdotto nello stesso esercizio. Quello che è possibile sottolineare è che l’aumento del rischio povertà in Italia tra il 2004 ed il 2019 è stato pari al 6,35% e che evidentemente se tale valore viene associato alla perdita di valore della componente lavoro nel PIL, insieme con la crescente precarietà, e la presenza di fragilità finanziaria, ne deriva che evidentemente una larga parte della popolazione italiana, sicuramente più del 20%, è a rischio povertà. Per contrastare tale fenomeno è necessario operare con delle politiche economiche che diano maggiore valore al lavoro in termini di reddito ed anche mediante la redistribuzione realizzata attraverso la tassazione della ricchezza e dei patrimoni. Poiché infatti il mercato del lavoro italiano è largamente inefficiente ed inoltre accompagnato da redditi bassi anche per le persone scolarizzate, ne deriva che, soltanto una significativa politica della redistribuzione della ricchezza realizzata mediante l’imposizione fiscale sui beni patrimoniali, può ridurre il rischio di povertà.

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Professor of Risk Management at University of Bari Aldo Moro.