Economia & lavoro
Paritarie: scelta o compromesso?
di MARIANNA STURBA
I momenti di crisi obbligano sempre ad una riflessione profonda sulle motivazioni di fondo che sostengono le scelte messe in atto fino a quel momento. Oggi il Covid-19 interroga cittadini ed istituzioni sulle strade intraprese in sanità e scuola ad esempio, con la stessa intensità con cui si riflette sulla privatizzazione dell’acqua quando andiamo in carenza o qualcuno ci specula, o sulle autostrade quando cadono i ponti. Siamo il popolo del “post tragedia”, siamo quelli che parlano di costruzioni antisismiche dopo un terremoto, di pena certa dopo l’ennesimo femminicidio, e di chiusura impianti inquinanti dopo centinaia di morti. Siamo la politica del “dopo”, “dell’emergenza”, della rincorsa continua alle soluzioni di problemi evitabili. Oggi, insieme al problema sanitario, vediamo il sorgere di una riflessione più ampia sulla scuola, le sue strategie e sulla sua organizzazione nazionale. Una scuola impreparata alla didattica a distanza che si divide sul “devo non devo” perdendo di vista la drammaticità del momento. Ma una scuola anche piena di personale pronto a reinventarsi imparando velocemente come rimettersi in gioco in questa nuova emergenza. Una scuola che stanzia velocemente risorse per sopperire alla cronica mancanza di strumenti e si preoccupa del lato “umano” del contatto con le famiglie, una scuola sensibile e pronta. Ma il tema di questo articolo vuole essere la scelta etica di organizzazione statale dell’educazione scolastica: paritarie, risorsa o ennesimo compromesso? La crisi virus ha chiuso tutte le scuole, paritarie incluse, sollevando l’annosa questione della sopravvivenza delle scuole sprovviste di rette. Le richieste fatte dalla Cei che coprono un parco associativo ampio, si va dalla CdO-Opere educative alla Fism per proseguire con AGeSC, CIOFS Scuola, CNOS Scuola, FAES, FIDAE, CISM e USMI, sono molte e economicamente impegnative. La Cei denuncia al governo: «Ci sono famiglie che si trovano nell’impossibilità di pagare le rette, questo vuol dire disoccupazione per il personale della scuola, per questo abbiamo chiesto la garanzia di un rapido accesso alla cassa integrazione in deroga anche per le nostre realtà». Ma una volta fotografata la situazione drammatica serve un cambio di passo: nel pacchetto di misure presentato al Governo troviamo la detraibilità integrale delle rette pagate dalle famiglie per l’affluenza scolastica di tutto il 2020 oltre l’accesso ai fondi per le piattaforme didattiche a distanza, ma al momento hanno ricevuto risposta positiva solo su questa seconda richiesta E ancora: «L’erogazione di contributi aggiuntivi alle scuole paritarie per l’anno scolastico 2019-2020 a tutela dei dipendenti e delle famiglie e l’abbattimento dei tributi locali e delle imposte Ires e Irap per quanto riguarda le realtà scolastiche paritarie, sono tra le richieste principali che sentiamo dai vescovi del Nord, specie Lombardia e Veneto che son i più colpiti da questa crisi». Allora la riflessione è di impostazione etica della scuola. Cosa sceglie il governo? È il momento o no di operare una svolta sulla scuola pubblica? Si deciderà una volta per tutte di seguire la costituzione e di interrompere le mezze misure fin qui viste nei riguardi delle scuole private? La Carta costituzionale vigente, all’art. 33, comma 3, prevede sì la facoltà per privati ed enti di istituire scuole ed istituti di educazione ma “senza oneri per lo Stato”, fu la L62/2000 a dare organizzazione alla presenza delle scuole paritarie. Il legislatore del 2000, quindi, ha inserito le scuole paritarie a pieno titolo nel sistema nazionale di istruzione secondo un modello pluralistico integrato. Esse erogano, infatti, un servizio pubblico e sono sottoposte alla valutazione dei processi e degli esiti da parte del sistema nazionale secondo gli standard stabiliti dalla legge. Qualcuno dichiara che la crisi economica ha reso più difficile per le famiglie affrontare le spese per mandare i figli alle scuole paritarie. Da quando non è stato più indicizzato il contributo statale fissato dalla legge 62/200 la situazione è peggiorata. Qualcun altro fa presente che la scuola pubblica è garantita a tutti, i servizi differenziali che si vogliono per i propri figli andrebbero pagati di tasca propria, e se c’è crisi il superfluo si elimina perché l’obbligo scolastico in Italia è garantito a tutti, nessuno escluso, a costo zero. Discorso a parte sono i servizi offerti all’infanzia per i gradi di scuola non obbligatori, che seppur importanti per il Welfare familiare, purtroppo non sono coperti adeguatamente dallo stato e necessitano ancora di interventi di privati. Tornando all’emergenza Covid riteniamo sia importante garantire i lavoratori attraverso i normali percorsi previsti per tutte le categorie dei lavoratori con regolare contratto, mentre le rette restano un rapporto fra scuola e famiglia che lo stato può controllare per evitare azioni improprie senza la pretesa che economicamente tutto ricada sui contribuenti.
La frequentazione della scuola privata è appunto una scelta e non una necessità a cui lo stato deve poi subentrare per le difficoltà economiche imposte dalla quarantena. Per quanto concerne le azioni che il Dicastero metterà in atto, speriamo vivamente in una presa di posizione che determini una scelta chiara sul tema e non un rimpallo di mezze misure che mirino a non scontentare nessuno. L’Italia, nella sua Costituzione, si assume l’onere della scuola pubblica che è garantita e gratuita per tutti, non altro. E questa è legge dello Stato.