Economia & lavoro
Ripensando alle pensioni: riflessioni inutili o inutilizzabili
di TITTI AGOSTINACCHIO
Non tutti sappiamo che la prima tutela pensionistica italiana pare risalga al lontano ottocento . L’istituzione della “Cassa Nazionale di Previdenza per l’Invalidità e la Vecchiaia degli operai” fu formulata con la legge del 17 luglio del 1898, con il compito di gestire forme facoltative di assicurazione. Essendo facoltative, non tutti percepirono l’importanza dell’istituzione che non ebbe grossi fans.
Dopo la prima guerra mondiale venne disposta l’obbligatorietà dell’”Assicurazione di Invalidità e Vecchiaia” per tutti i lavoratori dipendenti, ad esclusione degli impiegati con stipendio superiore alle 350 lire mensili. Dal 1919 in poi leggi successive attuarono apprezzabili progressi. Intanto venne erogato un finanziamento basato sulla contribuzione paritaria dei lavoratori e dei datori di lavoro. L’ intervento statale, di circa 100 lire rientrava nel regime tecnico-assicurativo della capitalizzazione con una formula di calcolo contributiva, in funzione cioè dell’ammontare dei contributi versati dal singolo. L’età pensionabile fu fissata, per uomini e donne, a 65 anni; un’età estremamente elevata in rapporto alla speranza di vita, all’epoca molto inferiore rispetto a quella attuale. La seconda guerra mondiale e l’inflazione successiva sbriciolarono quel che si era raggiunto. Dopo diversi provvedimenti di emergenza, l’”Assicurazione per l’Invalidità, la Vecchiaia ed i Superstiti” venne riordinata con la legge del 4 aprile 1952, abbandonando il sistema della capitalizzazione. Infatti, solo per una quota minima di contribuzione, progressivamente ridotta e denominata “contribuzione base”, fu prevista la capitalizzazione, mentre la pensione adeguata, che rappresenta la vera misura della prestazione, fu finanziata con il sistema della ripartizione. Venne poi introdotta un’altra importante innovazione, l’istituzione del” Regime del trattamento minimo”. Oggi, dopo una lunga sequela di riforme pensionistiche, campo di battaglia di tutti i governi di ogni orientamento politico, siamo tornati a tutti gli effetti alla normativa del 1989, cioè al sistema così detto a capitalizzazione. E meno male che i sindacati ci tutelano! Oggi il tenero pensionato si dovrà accontentare del 35% dell’ultimo stipendio. Se è stato avveduto, accorto, attento, perspicace, prudente ed assennato avrà già iniziato, sin dal primo giorno di lavoro, ad accantonare almeno il 35/40 % del proprio salario da destinare alla rendita integrativa della pensione. E buona pensione a tutti!