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interviste

Elejola nome d’arte di Elena Parpajola si racconta col suo singolo “Volevi Solo Una Barbie”

L’artista afferma: “Nella mia musica porto il mio punto di vista. “Volevi Solo Una Barbie”, in qualche modo, rappresenta anche una denuncia agli stereotipi addossati alle donne dalla società”

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Elejola

a cura di Fabia Tonazzi

photo: pressoffice

Reduce dal successo dell’esordio solista avvenuto lo scorso anno con “Hemingway”, la cantautrice veneta EleJola – al secolo Elena Parpajola – torna nei digital store con “Volevi Solo Una Barbie” (Cosmophonix Artist Development/Altafonte italia), il suo nuovo singolo scritto a quattro mani con la queen dell’urban Miriam Ayaba.

Articolato su arcaici ma fin troppo attuali stereotipi che ruotano attorno all’immagine delle blond girls, il brano, che vanta la produzione del Latin Grammy brasiliano Renato Patriarca, è un tuffo a capofitto nell’universo emozionale di una giovane determinata a smantellare e sovvertire tutti i preconcetti che continuano ad avvolgere le ragazze bionde, una full immersion emotivo-sensoriale che attraverso la leggerezza di un testo volutamente ironico ma mai banale, conduce l’ascoltatore ad un faccia a faccia con la realtà, un crash test contro le invisibili ma ancora oggi salde e complesse da superare barriere che scindono e pongono in antitesi concetti come “bionda-intelligente” e “bella-competente”.

Come se la professionalità nel lavoro, la bontà d’animo, o l’attitudine ad essere precisi e responsabili, dipendessero dal colore dei capelli, degli occhi o della pelle, dall’altezza o dalla costituzione fisica.

Qualcosa su di te e di cosa ti occupi, come mai hai realizzato proprio questo singolo?

Sono Elena Parpajola, in arte Elejola, ho 23 anni ed ho la fortuna di fare della musica, oltre che la mia passione, il mio lavoro.

Sono infatti una cantante e anche una insegnante di canto e propedeutica musicale. “Volevi solo una Barbie” nasce da un’esigenza comune tra me e la mia co-autrice Miriam Ayaba, di scardinare gli stereotipi che ancora oggi vengono addossati alle donne. Il brano racconta tutto con un pizzico di ironia, ma di fondo il messaggio è chiaro e nasce dalla volontà di abbattere una forma di violenza di cui si parla ancora troppo poco: la violenza psicologica.

Com’è la tua giornata tipo?

Nella mia giornata tipo dedico la mattina ad organizzare le lezioni con gli allievi, interviste e qualche volta al montaggio dei miei video musicali.

Il pomeriggio invece lavoro come vocal coach in alcune scuole di musica di Padova e la sera mi dedico a corsi di approfondimento, prove e spettacoli live.

Trovi il tempo per rilassarti?

Raramente, sono molto ambiziosa e ho sempre bisogno di tenermi impegnata.

Quando necessito di staccare la spina, lo faccio viaggiando.

Cosa sognavi da piccola? C’è qualcosa che ti accomuna a ciò che racconti nei brani?

Da piccola ho sempre sognato di fare la cantante e lavorare nel mondo dello spettacolo. Certamente, i miei brani raccontano di me. In particolare, “Volevi Solo Una Barbie”, parte proprio da una relazione che ho realmente vissuto durante la mia adolescenza e che mi ha fatta crescere.

Cosa ti piace di più del lavoro che fai?

Poter fare da tutor e accompagnare nel percorso di altri artisti agli esordi è per me una fortuna oltre che un onore enorme.

L’impegno e la costanza alla fine ripagano sempre e così mi son trovata sin da giovanissima ad avere l’opportunità di trasferire la mia esperienza a dei ragazzi che condividono la mia stessa passione. Ogni loro traguardo è un mio traguardo e non c’è nulla che mi dia più soddisfazione dei miei allievi.

Qual è il tuo mantra quotidiano?

Mai mollare. Sono super determinata.

Ti identifichi con un personaggio in particolare del tuo brano o no?

Il brano parla di me, dunque assolutamente si.

La cultura e la musica…Hai un riferimento in politica o nella società attuale che ti ispira fiducia?

Nella mia musica porto il mio punto di vista. “Volevi Solo Una Barbie”, in qualche modo, rappresenta anche una denuncia agli stereotipi addossati alle donne dalla società, ma è un mio pensiero, che preferirei fosse preso in maniera più ampia e non associato a una determinata fazione politica.

Credi che si potrebbe fare di più in merito alla sensibilizzazione dei giovani nei confronti di eventi culturali o sei soddisfatta come cantautrice?

Nella mia esperienza negli eventi, devo ammettere che noto spesso con dispiacere come la musica live resta un qualcosa per pochi e soprattutto non per ragazzi giovani. Purtroppo, penso manchi proprio nella cultura giovanile la voglia di provare a scoprire dei progetti musicali nuovi o l’idea di divertirsi ascoltando una band dal vivo. Sicuramente influisce Spotify, che rende più rapido e pratico ascoltare nuova musica, ma in un certo senso questa praticità penalizza l’esperienza live, se non per qualche genere di nicchia o le tribute band.

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