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    “Le correnti artistiche esistono davvero?”

Un autore può fare scuola, aprire grazie al suo genio nuove strade destinate ad essere percorse da quanti verranno dopo di lui, ma solo fino a quando una nuova figura non imporrà la sua lettura della stessa materia attingendo,  ci piaccia o meno, quasi esclusivamente alle proprie risorse intellettuali e questo perché la forza individuale di esprimere ed affermare sé stessi è legge di natura e non esiste come atto di  umana volontà.

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Di Rosamaria Fumarola

Tutti abbiamo imparato durante le nostre carriere scolastiche, brevi o lunghe che siano state, quali sono i caratteri precipui del Romanticismo o dell’Illuminismo, oppure le caratteristiche introdotte in arte dall’astrattismo e dal surrealismo, anzi per prassi consolidata lo studio di ciascuna di queste correnti è stata ed è sempre preceduta da una introduzione che ne delinea gli aspetti generali. Così siamo abituati ad associare a ciascuna scuola di pensiero un modo tipico di fare letteratura o di produrre arte. L’Illuminismo è ad esempio da tutti ricordato come un movimento dominato dal razionalismo e da modalità quanto più possibile scientifiche di indagine del reale.   Correttamente impariamo che questi aspetti identificativi sono anche il frutto di cambiamenti politici, sociali ed economici, che creano dei mutamenti strutturali entro cui si inseriscono inevitabilmente le attività degli esseri umani.

Rispetto dunque agli stravolgimenti produttivi creati ad esempio dall’industrializzazione è indiscutibile si sia trattato di un fenomeno con inevitabili ricadute sul tessuto sociale e non solo. Ad un mutamento di portata non inferiore stiamo assistendo in questi anni, dominati dalla presenza massiccia della tecnologia e della rete, che sono alla base di quella globalizzazione che a sua volta ha data avvio a veri e propri stravolgimenti riguardanti ogni aspetto della nostra esistenza.

Se tuttavia ci si sposta dalle impostazioni di carattere generale di una corrente di pensiero, per guardare ai contributi dei singoli esponenti,  ci si rende conto quasi sempre del fatto che un grande poeta ad esempio, esprime un proprio modo di interpretare il mondo e che questo prescinde quasi sempre totalmente dal movimento di pensiero dominante nell’epoca in cui vive e con il quale non di rado instaura un rapporto conflittuale. L’innovazione creativa ha dunque un’origine quasi esclusivamente individuale e se vi sono aspetti relativi ad un’epoca che influenzano tutti, anche ogni singolo artista è altrettanto vero che un musicista o un pittore di valore esprimerà soprattutto il suo modo di guardare alle cose e che questo sarà sempre originale e non si preoccuperà (né potrebbe farlo) di cercare punti di contatto con una corrente, perché esso attiene ad un modo d’essere che trova giustificazione in nient’altro che in sé.

Ha più senso dunque da un punto di vista strettamente artistico, lo studio dei caratteri generali del Romanticismo o l’analisi approfondita del pensiero di Giacomo Leopardi, visto che, ammettendo il necessario rapporto dialettico del poeta con l’epoca di appartenenza, la sua idea del mondo non ha certo bisogno delle istanze di una corrente per giustificare la propria esistenza? La mia impressione è che a ben guardare non esistano in letteratura o in pittura delle correnti. Esse vengono create sulla scorta del contributo intellettuale di taluni, sul quale si innesta poi quello degli studiosi, il cui peso ha però un valore autonomo, che consiste nell’analizzare con modalità anche geniali opere o autori, ma che per sua natura è da questi differente.

Un autore può fare scuola, aprire grazie al suo genio nuove strade destinate ad essere percorse da quanti verranno dopo di lui, ma solo fino a quando una nuova figura non imporrà la sua lettura della stessa materia attingendo,  ci piaccia o meno, quasi esclusivamente alle proprie risorse intellettuali e questo perché la forza individuale di esprimere ed affermare sé stessi è legge di natura e non esiste come atto di  umana volontà.

I filoni e le correnti artistiche sono utili a tutti fuorché all’artista, al quale servono da stimolo e talvolta nemmeno a questo scopo, visto che lo stimolo maggiore per un un autore proviene in genere dallo studio dell’opera di un altro autore. Non sarebbe dunque preferibile invertire il modo con il quale ci avviciniamo sin da piccoli all’arte e partire dall’analisi di ciascun musicista o scultore o poeta per poi individuare dei caratteri  comuni ad essi (se ci sono), da presentare come specifici di un dato periodo storico?

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Giornalista pubblicista, scrittrice, critica jazz, autrice e conduttrice radiofonica, giurisprudente (pentita), appassionata di storia, filosofia, letteratura e sociologia, in attesa di terminare gli studi in archeologia scrivo per diverse testate, malcelando sempre uno smodato amore per tutti i linguaggi ed i segni dell'essere umano