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Cultura

Il saluto dei baresi

L’atto del salutarsi accompagna da sempre il nostro essere animali sociali. Il suo peso è testimoniato dal fatto che in ogni cultura è presente e pur svolgendo lo stesso ruolo ha differenti declinazioni a seconda del luogo e della comunità che si prenda in considerazione.

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Di Rosamaria Fumarola

L’atto del salutarsi accompagna da sempre il nostro essere animali sociali. Il suo peso è testimoniato dal fatto che in ogni cultura è presente e pur svolgendo lo stesso ruolo ha differenti declinazioni a seconda del luogo e della comunità che si prenda in considerazione. Ad esempio può esprimere accoglienza incondizionata erga omnes in talune società ed in altre avere una valenza meno generalizzata. Ovviamente ciò riguarda anche il singolo individuo e la gestione del rapporto con i suoi simili. Nonostante ciò esiste in linea di massima una cultura pervasiva di una comunità e che presenta sue specifiche peculiarità. Essa è il portato secolare sedimentato di ogni scambio, ogni incontro e scontro, ogni calcolo alla base dell’economia di un luogo e dei suoi abitanti e nonostante la globalizzazione tenda oggi ad azzerare le peculiarità delle diverse culture, queste persistono e non sfuggono ancora oggi ad un occhio attento, consentendo di farsi un’ idea precisa dell’orientamento generale che informa un luogo.

Vivo (quasi) da sempre a Bari ed in questi ultimi anni la città e la sua regione vivono un momento d’oro ed attraggono ora come mai prima turisti da ogni parte del mondo anche grazie agli oculati interventi di chi in questi anni l’ha amministrata, riuscendo a farle esprimere le sue potenzialità migliori. Bari è tuttavia una città ancora non risolta, a causa delle drammatiche disparità che al suo interno ne lacerano il tessuto sociale e ne impediscono la pacificazione. È forse anche per questo che i rapporti tra i baresi presentano le stesse consuetudini ispirate da sempre ad un guardingo “cosa ci guadagno?” che attraversa tutti i rapporti tra i consociati, anche quelli meno conservatori. 

Un conto è infatti l’insieme dei valori a cui consapevolmente si scelga di aderire, altro è ciò che si respira da sempre fino a farlo proprio esprimendolo poi come istinto. Tornando però a ciò da cui sono partita e cioè l’atto del salutarsi tra i baresi, converrà anticipare che è percepito come una sorta di moneta, qualcosa da spendere con attenzione ed oculatezza per sottolineare appartenenze, punti di vista ed ovviamente aspirazioni di appartenenza. Insomma concedere un saluto è per un barese più importante che recarsi alle urne per l’espressione del voto, anzi anticipa e conferma le scelte elettorali. La borghesia più agiata della città ad esempio, tende a salutare poco, a meno che l’atto non sia diretto ai componenti della stessa fascia sociale. L’aver frequentato le stesse scuole non basta infatti a concedere il saluto e quindi conoscersi non è sufficiente. Questo vale anche per la cosiddetta borghesia illuminata che, ad eccezione di pochi rappresentanti sembra convinta che scambiarsi un saluto possa portare ad una sorta di inaccettabile impoverimento. Viene da chiedersi per quale strano fenomeno non credano davvero ai principi egualitari ai quali affermano di aderire e se c’è stato un tempo in cui sia esistita coincidenza tra i loro pensieri e le loro parole. Si ha la sensazione infatti di assistere ad una rappresentazione ottocentesca delle ambizioni in cui il potere, se è muto e dunque incomprensibile è più forte ed incute negli altri più timore. Si tratta ovviamente di una rappresentazione, di una recita che non consente alla personalità di ciascuno di emergere davvero con le proprie debolezze o simpatie.

A Bari sono in molti poi ad aver perso potere e posizione sociale negli ultimi decenni. In costoro la concessione o meno del saluto può essere un fatto più istintivo, legato com’è allo scontento talvolta difficile da nascondere. In questo caso salutare diventa ancora una volta un’arma, una delle poche per dichiarare al mondo di esistere. Anche in costoro il valore fondamentale resta sempre “la roba” e l’essere umano è ai loro occhi inesistente. Della compagine sociale barese fanno parte anche coloro, i tanti, che il benessere non lo hanno mai conosciuto e che a causa di questa privazione hanno avuto destini tragici, il più delle volte accettati come condizione inevitabile voluta dal caso. In costoro la consuetudine del saluto non è brandita come un’ arma, ma vissuta piuttosto come scambio di vissuti e stati d’animo. Non è da escludersi che possano adeguarsi ai medesimi usi sopra descritti per le fasce meno bisognose. Va peraltro aggiunto che ad alienarsi il saluto di tutti basta la diversità, il non apparire parte integrata della società che quotidianamente i baresi osservano.

Devo ammettere che questa sintetica disamina dell’ uso del saluto a Bari non contempla le numerose eccezioni a cui pure non è difficile assistere passeggiando per le strade della città. Devo anche aggiungere che personalmente apprezzo individui e comunità che usano il saluto come strumento di coesione ed anche come base fondamentale per la risoluzioni delle controversie o semplicemente un modo per essere più vicini. Non si può infatti farsi guidare esclusivamente dalle leggi dell’economia per scambiarsi un saluto. Una comunità più aperta è più forte ed in grado di aiutare più efficacemente quanti ne fanno parte, perché pensare che la distanza tra un benestante ed un homeless sia sconfinata è solo di coloro che sono umanamente ed intellettualmente miopi, di chi non è in grado di comprendere i propri limiti e crede perciò di avere più potere sulla propria ed altrui esistenza di quanto in realtà non abbia.

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Giornalista pubblicista, scrittrice, critica jazz, autrice e conduttrice radiofonica, giurisprudente (pentita), appassionata di storia, filosofia, letteratura e sociologia, in attesa di terminare gli studi in archeologia scrivo per diverse testate, malcelando sempre uno smodato amore per tutti i linguaggi ed i segni dell'essere umano