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Cultura

Jazz e tragedia greca secondo Pier Paolo Pasolini

Benché il film “Appunti per un’Orestiade africana” non sia poi mai stato realizzato, non cessa di essere un lavoro preziosissimo per comprendere la grandezza del suo autore, che durante la sua breve vita ebbe persino modo di coniugare l’universo tragico greco con quello del jazz americano.

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Nel 1976 viene presentato fuori concorso al festival di Cannes il documentario di Pier Paolo Pasolini “Appunti per un’Orestiade africana”. L’ autore sottolinea trattarsi di “appunti”, cioè di materiale da utilizzarsi per la futura realizzazione di una trasposizione cinematografica della tragedia di Eschilo, che tuttavia non verrà  mai realizzata. Nella pellicola, interamente girata in Africa, Pasolini è voce narrante, ma nella parte centrale cede il posto al sax del jazzista Gato Barbieri ed alle voci di Yvonne Murray e Archie Savage, per riprendere poi la propria narrazione nell’ultima sezione.

Questa la trama dell’originalità trilogia di Eschilo: Clitemnestra, moglie di Agamennone, essendosi innamorata di un altro uomo, Egisto, al ritorno del marito dalla guerra di Troia lo uccide.  Suo figlio Oreste vendicherà il padre ammazzando la madre e rientrando in possesso dei beni paterni. Il giovane tuttavia sarà giudicato da un tribunale istituito da Atena e composto da uomini, che lo assolverà.

La tragedia è sia prova della grandezza poetica eschilea che testimonianza del particolare momento politico in cui venne scritta, durante cui Atene si era avviata ad essere faro della democrazia, nella quale a governare e a decidere sarebbero state da quel momento, solo le leggi degli uomini. Senz’altro questo elemento deve avere affascinato Pasolini, poiché nella terza ed ultima parte del suo documentario tale componente di potere/responsabilità, ormai lasciato nelle mani dell’uomo, è ben presente nonostante il percorso attraverso cui a ciò si giunge  presenti delle innovazioni di notevole portata.

Il dramma infatti non si svolge in Grecia, ad Argo, ma in Africa; tutti i personaggi che Pier Paolo Pasolini indica come protagonisti sono di colore ed il ruolo affidato al coro nella tragedia greca è attribuito, nella trasposizione pasoliniana al jazz di Gato Barbieri ed al canto di Yvonne Murray e Archie Savage.

Come già ho sottolineato, il film non fu mai realizzato, eppure “Appunti per un’Orestiade africana” non cessa di essere un lavoro preziosissimo per comprendere la grandezza del suo autore.

Quando ci imbattiamo in Pasolini e nei suoi scritti le vicende relative alla sua morte si frappongono tra noi e il suo lavoro, impedendoci una valutazione serena ed equilibrata delle opere. Ma perché ritornare proprio su questo documentario? Per una sola ragione, la più semplice del mondo: ha ancora tanto da dirci e su diversi piani, che però non vanno considerati separati l’uno dagli altri. 

Il primo è il racconto dell’Africa degli anni ’70, un’ Africa vivissima e tormentata, le cui vicende ci investono ancora oggi. L’attualità del suo dramma molto dovrebbe insegnarci, ma stoltamente abbiamo rinunciato a comprendere, guardando un oggi che da solo può raccontarci poco.

Un piano ulteriore di interpretazione è quello delle similitudini individuate da Pasolini tra la Grecia arcaica e l’Africa degli anni in cui lui è vissuto. Un terzo piano poi consiste nell’utilizzo del jazz di Gato Barbieri, cui è affidato il ruolo che nella tragedia era tradizionalmente del coro, che era ovviamente espressione del suo tempo, della sua cultura, della sua morale, così come il jazz lo è del suo, in particolare nella sua veste di voce del popolo africano fatto schiavo e deportato in America dai bianchi.

Infine un ultimo piano interpretativo è quello della narrazione politica. Di quella di Eschilo si è già detto, in Pasolini emerge con estrema chiarezza che così come nel poeta tragico greco il dramma termina con l’inizio di una nuova era, quella della democrazia e delle regole condivise, per l’autore una cosa non dissimile dovrebbe accadere per il popolo africano, l’inizio cioè di una gestione delle proprie sorti da uomini liberi.

Ed in effetti Pasolini aveva tutti i motivi per immaginare che in ciò dovesse consistere il futuro dell’Africa, che però sappiamo che libero non è ancora, essendo in modo diverso schiavo ancora del capitalismo occidentale.

La scelta di utilizzare il sax di Barbieri rende con intensità ed efficacia la tensione del dramma moderno, mentre le voci di Yvonne Murray e Archie Savage uniscono in modo sapiente il lontano passato raccontato da Eschilo con il presente narrato dal Pasolini, arricchendolo con un pathos dotato di infinito lirismo.

Tutti questi elementi del documentario, che potrete apprezzare per intero su Youtube, ci permettono di concludere con una osservazione: l’operazione di attualizzazione della tragedia greca, date le sue particolari caratteristiche di universalità, non è senz’altro originale, ma la modalità scelta da Pier Paolo Pasolini ne fa un unicum imprescindibile per la comprensione tanto dell’opera eschilea quanto dell’intellettuale friulano, che non si limita al racconto di un classico ma fa un’operazione di ricerca che solo la sua sensibilità ed intelligenza gli consentono di porre in essere, lasciandoci una testimonianza di eccezionale valore storico e poetico che pochi sono stati in grado finora di eguagliare.

Rosamaria Fumarola

RIPRODUZIONE RISERVATA © 

Giornalista pubblicista, scrittrice, critica jazz, autrice e conduttrice radiofonica, giurisprudente (pentita), appassionata di storia, filosofia, letteratura e sociologia, in attesa di terminare gli studi in archeologia scrivo per diverse testate, malcelando sempre uno smodato amore per tutti i linguaggi ed i segni dell'essere umano