Cultura
L’affascinante mestiere dell’archeologo
La passione per l’archeologia di uno studioso siciliano impegnato nelle ricerche del territorio Ibleo.
di Marianna D’Ambruoso
Chi di noi da bambino non è rimasto meravigliato o affascinato dall’archeologia? Da questo mondo misterioso dove il passato si fonde insieme al presente e ogni qualvolta sentiamo parlare di storia antica pensiamo, con incanto e curiosità, a tutto quello che abbiamo ereditato e che cerchiamo di custodire, oserei dire gelosamente, per preservarlo alle future generazioni? Chi contribuisce a rendere possibile tutto questo, oltre alle stesse Istituzioni che ne rendono possibile la protezione, tutela e fruizione dei beni culturali ci sono appunto gli Archeologi. Una figura fondamentale che fa da collante a numerose altre discipline come ad esempio la storia dell’arte, la paletnologia, l’antropologia culturale e naturalmente la storia. Ma come si forma questa figura, ancora un po’ sconosciuta e a volte anche sottovalutata dallo stesso settore? Ho voluto intervistare un giovane archeologo che, con anni di studio, oltre che con una grande passione, è riuscito a realizzare e concretizzare questo suo sogno.
Santino Alessandro Cugno, siciliano di nascita, ha studiato all’Università di Pisa laureandosi in Archeologia tardo antica e medievale, poi ha frequentato la Scuola di Specializzazione in Beni archeologici all’Università di Firenze, sempre in Archeologia tardo antica e medievale, con una tesi sulla “Topografia antica e medievale delle campagne Acrensi e Netine del territorio siracusano” con il Prof. Giovanni Uggeri. Questo è stato molto importante per la sua formazione perché in Italia, la moderna archeologia rupestre, nasce proprio nell’ambito degli studi di archeologia e topografia medievale con un notevole contributo dato dal Prof. Uggeri e dalla Prof.ssa Elisabetta De Minicis.
- Quando nasce la tua passione per l’archeologia rupestre?
La mia passione per l’Archeologia rupestre nasce con lo studio dei siti archeologici del territorio siracusano e più in generale del territorio Ibleo. Andando in giro per le cave e studiando la topografia antica e medievale, in particolare quella del territorio siracusano delle campagne Agrensi e Aretine, mi sono imbattuto spesso in siti archeologici rupestri, cioè scavati nella roccia, tra l’altro di varie epoche della preistoria fino al medioevo e all’età moderna. E quindi, da questo contatto diretto è nata la mia passione. Inoltre, ho avuto la possibilità di poter conoscere e collaborare con i grandi studiosi di Archeologia rupestre italiana come Aldo Messina, ma soprattutto Roberto Caprara e Franco dell’Aquila che mi hanno insegnato molti aspetti relativi allo studio degli insegnamenti rupestri e soprattutto mi hanno accompagnato nello studio degli insegnamenti rupestri pugliesi e materani che sono i punti di riferimento per quanto riguarda questa disciplina.
- A quale campagna di scavo sei più legato e perché?
Sono molto legato soprattutto alla campagna di scavo archeologico ad Akrai, cioè a Palazzolo Acreide, antica sub colonia siracusana di Akrai, con la missione archeologica polacca perché mi ha permesso da un lato di scavare un sito archeologico greco romano e bizantino molto importante che da tanti anni non era più oggetto di indagine archeologica e poi mi ha dato la possibilità di entrare in contatto con gli stessi archeologi polacchi che hanno dato un contributo notevole allo studio del territorio siracusano.
- Hai dato un contributo molto importante alla valorizzazione e promozione dei beni culturali e paesaggistici nella tua terra: la Sicilia, attraverso le scoperte fatte e le varie pubblicazioni di saggi. Me ne puoi parlare?
La Sicilia, così come la Calabria, la Puglia e Matera, è ricchissima di testimonianze rupestri che vanno appunto dalla preistoria, al medioevo ed oltre, quindi dalle necropoli scavate nella roccia, con le tombe monumentali o preistoriche e paleocristiane, agli insediamenti ovvero alle vere e proprie città interamente scavate nella roccia come nel caso di Baulì, Cava grande del cassibile, Matera, Massafra e così via. Scavati nella roccia sono anche gli acquedotti, le carraie, i magazzini, le stalle, i luoghi di culto, tutti siti che sono importanti per lo studio della storia del territorio e che sono stati quasi sempre ignorati non solo dall’opinione pubblica ma soprattutto dagli addetti ai lavoro, mi riferisco ovviamente agli archeologi, i quali per tanto tempo si sono dedicati quasi esclusivamente ai luoghi di culto quindi alle chiese e per la precisione le chiese affrescate cioè le chiese che costudiscono delle immagini sacre quindi pregevoli dal punto di vista estetico e artistico. In realtà è di fondamentale importanza studiare, conservare, divulgare e valorizzare tutte queste testimonianze della vita quotidiana, civile e non soltanto relativi alla sfera religiosa ed ecclesiastica e per questo motivo è necessario incrementare da un lato le indagini di scavo e dall’altro le attività di restauro, di tutela e di divulgazione.
- Quali sono alcune delle novità più importanti del tuo recente libro sull’archeologia rupestre a Siracusa?
Una delle più significative riguarda l’Archeologia cristiana. A Siracusa si pensava che le tombe monumentali a baldacchino fossero quasi del tutto assenti. Nel corso degli ultimi anni, approfondendo gli studi sulle necropoli paleocristiane del suburbio di Siracusa, grazie alla stretta collaborazione con la dott.ssa Azzurra Burgio e con la dott.ssa Gioacchina Tiziana Ricciardi , Ispettrice per le Catacombe della Sicilia orientale della PCAS, è stato possibile individuare molteplici evidenze funerarie tardo antiche di questo tipo scavate nella roccia, in vari contesti funerari siracusani. Dai nuovi dati è emerso che le tombe monumentali a baldacchino erano delle realtà ben conosciute dalle maestranze fossorie siracusane e tecnicamente molto ben realizzate. Inoltre è stato possibile elaborare anche una preliminare classificazione di carattere crono-tipologico, tra cui si segnala il “baldacchino aperto” che sembra essere al momento la forma più antica conosciuta. In mancanza di scavi stratigrafici, la datazione si basa esclusivamente su alcune considerazioni di cronologia relativa legate alle attività di scavo in alcuni contesti “minori”, quali l’ipogeo F della Latomia dei Cappuccini e la Catacomba Del Bono. La nostra ipotesi, dunque, è l’importante ruolo svolto da Siracusa come centro di sviluppo e di diffusione di questo modello funerario dal Mediterraneo orientale all’entroterra ed inoltre restano ancora da approfondire molti aspetti tra cui i rapporti con Malta.
- Associazioni e volontariato. Il loro ruolo è importante per la crescita e la promozione culturale del territorio?
Le associazioni di volontariato possono contribuire a diffondere la conoscenza dei siti archeologici presenti nel territorio ed anche ad affiancare tanto le istituzioni preposte alla tutela, mi riferisco alle soprintendenze, quanto alle università, quindi agli enti di ricerca. Infatti, proprio per questo motivo sono tra i promotori della nascita di un centro studi sull’habitat rupestre che è in corso di creazione a Massafra, ma che dovrebbe anche riguardare tutta l’Italia meridionale. In questo progetto saranno coinvolti non solo gli archeologi ma anche altre figure importanti come gli storici dell’arte, gli architetti, le sovrintendenze, le università, i liberi professionisti e quindi le stesse associazioni di volontariato.
- Qual è il tuo sogno nel cassetto che vorresti realizzare?
A dire la verità molti sogni gli ho già realizzati. Infatti, non avrei mai pensato di poter lavorare al Ministero della Cultura e quindi di occupare un ruolo importante quale quello di funzionario. Naturalmente, tra i miei desideri c’è sempre quello di poter contribuire sia alla valorizzazione dei siti archeologici rupestri, non solo del mio territorio quello siracusano, ma anche calabrese di cui mi sono occupato recentemente, di quello pugliese e materano e poi vorrei aiutare concretamente i giovani che sono appassionati di archeologia, soprattutto di quella rupestre, coinvolgendoli nelle attività di ricerca sul campo oltre a quelle di formazione.
- Quale consiglio daresti ai ragazzi che si vorrebbero approcciare allo studio dell’archeologia?
Il consiglio che posso dare loro è quello di non demoralizzarsi mai soprattutto agli inizi del loro percorso perché gli ostacoli che incontreranno sono tanti, ma quando c’è la passione accompagnata alla preparazione, che è il punto di partenza imprescindibile e che si può raggiungere solo dopo anni di faticosi studi per ottenere una buona formazione e di lavoro di ricerca sul campo. Con entrambe tutti gli obiettivi possono essere sicuramente raggiunti.
RIPRODUZIONE RISERVATA ©