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Inchiesta

Formia e l’omicidio di Antonio Nocella, uno dei misteri dimenticati

Certo sono centinaia i casi irrisolti, dare spazio a tutti non è semplice. Ma ci proviamo a sufficienza?

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Di Pierdomenico Corte Ruggiero

La morte rende tutti uguali. Così è. O almeno dovrebbe essere. Nel caso delle vittime di omicidio non è proprio così.

Per le vittime più “fortunate” inchieste che durano decenni, decine di puntate di trasmissioni televisive. Libri e pareri di esperti più o meno illuminati.

Poi ci sono le decine o meglio centinaia di vittime doppiamente sfortunate. Indagini che si chiudono con l’archiviazione o l’assoluzione. Pochissimi articoli. Per loro niente sagome di Carlo Lucarelli, niente appelli di Federica Sciarelli. Semplicemente dimenticati.

Certo sono centinaia i casi irrisolti, dare spazio a tutti non è semplice. Ma ci proviamo a sufficienza?

Nel raccontare le tante storie di dimenticati, questa settimana facciamo tappa a Formia. La splendida Formia del mito di Ulisse. Scelta e amata da Marco Tullio Cicerone che a Formia venne ucciso dagli uomini di Marco Antonio. Con il mare come silenzioso testimone della decapitazione di Cicerone avvenuta nella odierna località di Vindicio.

Passano i secoli. Formia conosce cadute e rinascite. Luogo scelto dai turisti, culla dell’atletica italiana e mondiale. Sempre in attesa della mitologica “Pedemontana” che venga a liberarla dal traffico che mortifica la vocazione turistica.

Formia è anche teatro di fatti di cronaca nera e terra di conquista della camorra. Come nel caso della discoteca “SevenUp”.

Il 18 ottobre 2000 Caino torna a colpire a Formia. In Via Acqualonga all’interno della sua auto viene ucciso Antonio Nocella.

Sei colpi di pistola calibro 7 e 65. Uno colpisce la fronte di striscio e cinque al torace. Colpi dall’alto in basso. Con l’assassino in piedi accanto al finestrino destro della Y10. Colpi sparati con precisione e senza esitazione.

Un professionista? Certamente una esecuzione attentamente preparata.

Via Acqualonga era una strada poco trafficata e scarsamente illuminata. L’omicidio avviene dopo le 23.

Ovviamente bisogna partire dalla vittima. Chi era Antonio Nocella? Autotrasportatore, viveva con la sua famiglia in località Maranola a Formia. Incensurato. Una vita normale ma con uno strano episodio.

Nel settembre 2000, secondo quanto riferito nelle cronache dell’epoca dal quotidiano “Il Messaggero”, Antonio Nocella viene denunciato ai carabinieri da M. P. una donna albanese residente a Formia in località Santa Croce.

La donna racconta che un sera del 1998 esce dalla pizzeria di Scauri dove lavorava  per tornare a casa in motorino. Viene bloccata da un uomo che guidava una Alfa 164 che la violentava.

Due anni dopo M. P. crede di riconoscere in Antonio Nocella l’uomo che le fece violenza. Ma Nocella non aveva mai posseduto un’Alfa 164 e fisicamente non somigliava all’uomo descritto da M. P.

Quando Antonio Nocella viene ucciso gli investigatori puntano l’attenzione subito su M.P e sul compagno anche lui albanese e autotrasportatore.

Secondo gli investigatori M. P. attira Antonio Nocella in via Acqualonga e un suo complice lo uccide.

Il pomeriggio del 18 ottobre 2000 Antonio Nocella rientrava a Formia in compagnia di un suo collega. Collega che dichiara che la vittima riceve una telefonata da una donna per fissare un appuntamento. Dopo la telefonata Nocella ha fretta di ritornare a Formia perché ha appuntamento con una “biondina”.

Nella tarda serata del 18 ottobre il compagno di M. P., che non era in Italia, cerca insistentemente la compagna. Chiama anche a casa di Antonio Nocella. Temeva una tragedia imminente?

Per gli inquirenti gli indizi sono chiari e solidi. M.P. viene arrestata.

Gli avvocati della donna presentano istanza di scarcerazione perché è incinta e le condizioni cliniche non sono compatibili con la carcerazione.

M.P. ottiene gli arresti domiciliari. Purtroppo la bambina muore poco dopo il parto. Nel dicembre 2001 la donna ottiene il permesso di recarsi al funerale della figlia. Non torna più a casa.

In processo inizia senza l’imputata che è latitante. Verrà arrestata nell’agosto 2003 a Puerto Ignazio in Argentina, che non concederà l’estradizione.

Il processo continua con l’imputata in contumacia. Per molti la fuga è una chiara ammissione di colpa. L’esito del processo sembra scontato.

Invece no. Nel 2007 M.P. viene assolta dalla Corte d’Assise di Latina. Non è la mandante dell’omicidio di Antonio Nocella e nessuna prova fisica la indica come autrice materiale. Sentenza confermata in Appello nel 2009. La Procura non impugna la sentenza che diventa definitiva.

M.P. è estranea all’omicidio di Antonio Nocella. Allora chi lo ha ucciso e perché?

Bisogna partire dal come viene ucciso. Secondo le cronache dell’epoca il primo colpo viene sparato alla testa. La vittima, colpita di striscio, cerca di fuggire ma il killer spara cinque colpi al torace in rapida successione. Con precisione.

Tutto indica che non sia la prima volta che spara a qualcuno. Tentare il primo colpo alla testa non è proprio da tutti. Un elemento della criminalità organizzata? Un qualcuno con esperienza militare? Forse in uno degli eserciti dei paesi dell’Est visto il particolare calibro usato. Sicuramente le persone che organizzano l’omicidio ben conoscevano via Acqualonga. 

Perché ingaggiare un “professionista” per uccidere una persona come Antonio Nocella? Che probabilmente attendeva tranquillamente in auto l’arrivo di una donna. Possibile che l’arma possa essere legata anche ad altri episodi criminali. 

Andrebbero esplorati anche altri moventi oltre a quello legato alla vendetta.

Antonio Nocella nel suo ambito lavorativo potrebbe aver visto qualcosa che non doveva? Sui TIR viaggia di tutto. Tra gli anni 90 e 2000 la presenza della malavita anche albanese era forte nel Basso Lazio.

Ad oggi sappiamo solo chi non ha ucciso Antonio Nocella. Ci resta il silenzioso rimprovero di Marco Tullio Cicerone. Morto anche lui con il mare di Formia negli occhi.

 Lui, però, ha avuto giustizia. Di lui la Storia si ricorda.

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