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Inchiesta

Simonetta Cesaroni, i dubbi dalle tracce di sangue.

Il delitto Cesaroni sembra seguire uno schema elementare. Qualcuno organico all’Aiag “punta” Simonetta Cesaroni e approfittando del fatto che lavora da sola, agisce. Quanti sapevano che lavorava da sola quel 7 agosto? Quanti avevano la possibilità di aprire o farsi aprire la porta dell’ufficio? Una cerchia apparentemente ristretta. Eppure in trentatré anni nessun riscontro

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Credit foto https://notizie.tiscali.it/cronaca/articoli/Svolta-inchiesta-cesaroni/

Di Pierdomenico Corte Ruggiero

Le recenti novità giornalistiche hanno riacceso l’attenzione sull’omicidio di Simonetta Cesaroni. Un testimone ha riferito che, pochi mesi prima della morte della Cesaroni, l’avvocato Francesco Caracciolo di Sarno avrebbe molestato una sua dipendente.

L’avvocato Di Sarno era presidente dell’Aiag e aveva accesso agli uffici di via Poma. Inoltre viveva a poca distanza da via Poma.

La notizia ha provocato scetticismo nei cultori del caso. Perché le tracce di sangue repertate sulla scena del crimine appartengono al gruppo A mentre Caracciolo Di Sarno aveva gruppo B.

Per la precisione e secondo quando riferito dal Prof Lavorino nel libro “Il Delitto di Via Poma” vennero repertate le seguenti tracce di sangue: una di gruppo A DQ alfa 4/4 sul telefono dell’ufficio in uso a M. L. Sibilia. Stanza da cui sarebbe scomparsa un tagliacarte, ricomparso nelle ore successive al delitto; sulla porta della stanza dove viene rinvenuto il cadavere tre macchie di gruppo A DQ alfa 1.1/4 o 1.2. Sulla porta anche tracce di sangue gruppo 0, lo stesso gruppo della vittima; macchie gruppo B nell’ascensore.

Abbiamo quindi delle chiare risultanze scientifiche. Eppure abbiamo anche un problema.

Le macchie di sangue sul telefono portano ad ipotizzare che l’assassino abbia utilizzato il telefono. Perché? E perché proprio quello dato che ogni stanza aveva un telefono? L’assassino chiede aiuto? Nel caso indica, ancora una volta, il suo legame con gli uffici Aiag e con il palazzo di via Poma. Eppure le analisi tra tutte le persone legate all’Aiag hanno dato esito negativo. Andava allargato il cerchio dei sospetti probabilmente.

Certo ha poco senso l’uso del telefono da parte di una persona che viveva, anche momentaneamente, nel palazzo di via Poma.

Possibile anche che il soggetto ignoto abbia usato il telefono per fare una telefonata cruciale per garantire il suo alibi. In alternativa nella stanza di M. L. Sibilia potrebbe essere accaduto qualcosa di cruciale rispetto alla dinamica omicidiaria.

Resta anche l’ipotesi certamente minoritaria ma non da scartare. Le tracce di sangue non appartengono all’assassino. Ma ad un soggetto intervenuto in qualità di complice/scopritore del corpo e che si è ferito. Questo potrebbe spiegare l’uso del telefono. La necessità impellente di avvisare qualcuno di quanto scoperto.

Da considerare anche l’ipotesi, sicuramente al limite del fantascientifico, che qualcuno sia rimasto ferito nel tentativo di disarmare l’assassino. Che non è stato consegnato alla Polizia ma protetto.

Paradossalmente proprio quelle tracce di sangue potrebbero aver ostacolato l’individuazione dell’assassino.

Perché il delitto Cesaroni sembra seguire uno schema elementare. Qualcuno organico all’Aiag “punta” Simonetta Cesaroni e approfittando del fatto che lavora da sola, agisce. Quanti sapevano che lavorava da sola quel 7 agosto? Quanti avevano la possibilità di aprire o farsi aprire la porta dell’ufficio? Una cerchia apparentemente ristretta. Eppure in trentatré anni nessun riscontro.

Quindi o è sfuggito un nome o quelle tracce di sangue vanno lette in un modo differente.

Sicuramente l’assassino è riuscito a nascondere il buco nel suo alibi. Forse perché abitava vicino/dentro via Poma e/o ha avuto la copertura di qualcuno.

Il movente appare legato ad un grave disturbo psichiatrico della sfera sessuale. Se è così l’assassino, quasi sicuramente, ha compiuto episodi simili sia prima che dopo l’omicidio.

Negli ultimi giorni è stato fatto anche il nome del figlio di Vanacore, il portiere di via Poma. I carabinieri hanno sospettato di lui mentre la Procura di Roma non ritiene che ci siano elementi sufficienti. La notizia si commenta da sola. Inoltre se l’assassino si è ferito ed era nella cerchia dei sospettati come poteva la Polizia non notare la ferita? E perché Vanacore figlio avrebbe dovuto usare il telefono per avvisare il padre quando poteva usare l’ascensore?

Resta un’inquietante domanda: è possibile che l’omicidio di Simonetta Cesaroni sia rimasto irrisolto perché è mancata l’umiltà di mettere in discussione elementi dati per certi ma che forse certi non sono?

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