Inchiesta
Serena Mollicone, ut iustitia sit
Motivazioni lunghe 236 pagine. Eppure vengono pubblicati solo pochi passaggi, Cicero pro domo sua. Soprattutto continua l’odio sui social. Centinaia di post al grido di “vergogna”, “questa non è giustizia”. Addirittura i giudici accusati di essere corrotti.
Di Pierdomenico Corte Ruggiero
Depositate le motivazioni della sentenza di assoluzione degli imputati per l’omicidio di Serena Mollicone. Motivazioni accurate, una ricostruzione precisa. Sentenza che, ovviamente, può e deve essere criticata ma con cognizione di causa.
Come avevamo ampiamente anticipato https://ilsudest.it/attualita/cronaca/2023/01/16/serena-mollicone-in-attesa-di-cio-che-sappiamo-gia/, la Corte d’assise di Cassino ha sottolineato la mancanza di prove. Diversi indizi ma deboli. La perizia Cattaneo non è dirimente, le dichiarazioni di Santino Tuzi non sono attendibili, non esiste movente, nessun testimone, nessuna traccia biologica degli imputati.
Motivazioni lunghe 236 pagine. Eppure vengono pubblicati, Cicero pro domo sua, solo pochi passaggi. Soprattutto continua l’odio sui social. Centinaia di post al grido di “vergogna”, “questa non è giustizia”. Addirittura i giudici accusati di essere corrotti. Gli amministratori dei vari gruppi social, che “ospitano” simili post, devono tener presente che la calunnia è un reato di cui potrebbero dover rispondere in solido con gli autori dei post.
Sono post di persone che non hanno letto le motivazioni. Non hanno letto atti processuali. Nulla. Certo Guglielmo Mollicone era convinto della colpevolezza degli imputati. Non è giusto, però, usare il nome di Guglielmo e Serena Mollicone per giustificare commenti sconcertanti. Guglielmo era persona di grandissima onestà intellettuale e cultura. Aveva imparato, dopo il processo a Carmine Belli, che non bastano le convinzioni personali. Servono le prove.
I tafferugli del 15 luglio 2022 https://www.youtube.com/watch?v=8QIMnpuYr6k non hanno insegnato nulla. Non è corretto fornire informazioni parziali. Troppe cose non sono state dette. Troppi elementi sono stati taciuti. La barista aveva detto già nel 2002 che la ragazza vista la mattina del 1° giugno 2001 non era Serena. Esiste una testimone che conferma il posto di blocco fatto da Tuzi e Quatrale. Esiste un testimone che conferma la presenza di Franco Mottola nel proprio ufficio la mattina del 1° giugno 2001. Non esiste certezza sull’ora della morte. Non è stato Franco Mottola ad ordinare di portare in caserma Guglielmo Mollicone durante la veglia funebre. L’elenco è lungo. Tutte cose spiegate nel dettaglio nelle motivazioni della sentenza. Che pochi leggeranno e faranno leggere.
Nessuno pubblicherà la querela presentata da Santino Tuzi nel giugno 2007. In cui scrive chiaramente che volevano mettergli le manette perché coinvolto nella morte di Serena e lui presenta querela proprio per ribadire che non è coinvolto. Uno che falsifica ordini di servizio e che rimane sordo alle richieste di aiuto di Serena, non presenta una querela. Tuzi lo scrive di suo pugno che non è coinvolto in nessun modo con la morte di Serena, non sa nulla. Nessuno gli crede. Tuzi è una persona onesta. Non aveva tare psicologiche. Era terrorizzato dalla paura di essere ingiustamente arrestato. Non sono ipotesi, lo scrive lui.
Ora viene data enfasi alla notizia del ricorso che presenterà la Procura di Cassino. Notizia ovvia. In Procura a Cassino lavorano professionisti che non accusano le persone a caso. Sono convinti della colpevolezza. Qualcuno si aspettava dalla Procura un “scusate ci siamo sbagliati”? La Procura svolge egregiamente il proprio compito accusatorio.
Essere convinti non basta per una condanna. Servono prove, giusto ripeterlo. Molte volte. L’opinione pubblica non ha alcun ruolo nel processo penale. Inutile creare tribunali social. Fare informazione significa farlo in modo completo.
Cosa accadrà in appello? La Corte d’assise d’appello di Roma potrà confermare l’assoluzione o decidere per la condanna senza rinnovare l’istruzione dibattimentale. In realtà molto probabilmente stabilirà una consulenza sulla porta ritenuta l’arma del delitto, ex art 603 comma 1 cpp. Dobbiamo essere realisti, difficilmente un consulente del giudice dirà che quella è l’arma del delitto oltre ogni ragionevole dubbio. Servono altri elementi perché ci sono evidenti falle.
Ad esempio non convince il trasporto del corpo fatto fa Franco Mottola con l’aiuto della moglie. Un bosco dove aveva piovuto molto. Di notte. Eppure testimoni vedono Mottola rientrare in caserma in tuta senza tracce di fango o altro. Inoltre Mottola e la moglie stanno fuori casa circa 20 minuti. Pochi per fare andata e ritorno Arce-Fontana Liri, scaricare il corpo e occultarlo.
Fare queste osservazioni non significa sostenere l’innocenza. Siamo tutti dalla parte dei famigliari di Serena e Santino ma tenendo bene a mente la massima latina “Amicus Plato, sed magis amica veritas”. Con questo spirito dobbiamo prendere atto che ci sono diverse caselle da riempire. Non abbiamo molto tempo. Tempo che non può essere sprecato.
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