Cronaca
Gilberta Palleschi, giustizia a metà
La storia di questa settimana parla di femminicidio e la protagonista di questa triste storia si chiama Gilberta Palleschi.
Di Maria Tuzi
RUBRICA STORIE IRRISOLTE
La storia di questa settimana parla di femminicidio e la protagonista di questa triste storia si chiama Gilberta Palleschi. Gilberta viveva a Sora ed era una donna autonoma e soddisfatta della propria vita. Lavorava da molti anni come professoressa di inglese alle scuole medie di Sora. È stata volontaria per l’UNICEF e dal 2007 ne era diventata Segretaria del Comitato regionale del Lazio. Nel tempo libero amava leggere e andare a camminare. Camminava spesso con le amiche ma a volte anche da sola. Come quel primo novembre 2014, giorno della sua scomparsa. Dopo quaranta giorni, il corpo di Gilberta viene ritrovato in fondo a un dirupo. Il colpevole del suo femminicidio ammetterà fatti atroci.
Ora lasciamo che sia la cognata Giuliana a raccontarci Gilberta Palleschi.
Chi era Gilberta?
Gilberta era un’amica, una donna, un’insegnante, una figlia, una cognata, una zia e una sorella e per tutti questi ruoli aveva sempre parole di comprensione, di sostegno e di conforto, ma soprattutto aveva la capacità di ascoltare tutti. Era leale, sincera, estroversa, combattiva e altruista. Era una donna che ha saputo apprezzare i sacrifici fatti dalla famiglia e lei stessa ha fatto sacrifici per arrivare dov’era. é stata un’insegnante sempre attenta alle esigenze dei suoi alunni, era una professoressa splendida. Gilberta amava la vita e non avrebbe mai voluto tutto questo.
Cosa è successo il primo novembre 2014?
Sono passati 10 anni da quel primo novembre e io lo ricordo come se fosse oggi, è impresso nella mia mente tutto di quel giorno. Quella mattina ho salutato mia cognata dalla finestra di casa, intorno alle 10:30 circa, lei stava uscendo per fare una passeggiata. Quella mattina anche io e mio marito siamo usciti per fare una passeggiata, ma non siamo andati nella stessa direzione di Gilberta. Verso le 12 ci telefona mia figlia dicendo di tornare a casa perché era successo qualcosa. Arrivati a casa chiediamo cosa sia successo e mia suocera ci dice che era preoccupata per Gilberta perché quella mattina non era passata a salutarla come tutte le mattine e continuava a ripetere che qualcosa era successo. Il sesto senso di una madre non sbaglia mai, infatti entrando in casa di Gilberta vediamo che lei non era ancora rientrata. Io e mio marito iniziamo subito a cercarla nei posti che frequentava abitualmente, dopo essere stati ovunque, verso le 13 andiamo a denunciare la scomparsa ai carabinieri, anche perché non si era mai comportata così. Dopo essere stati dai carabinieri abbiamo fatto appelli anche sui social, e le ricerche sono partite subito. Abbiamo avuto molta solidarietà da parte di amici e parenti. Sono passati 40 giorni da quel primo novembre e ogni giorno che passava si affievoliva sempre di più la speranza di trovare Gilberta viva.
A che punto sono le indagini?
Le indagini per Gilberta sono chiuse, c’è anche la sentenza della Cassazione della quale siamo delusi, la giustizia non è uguale per tutti. La sentenza del processo di appello era ergastolo per il colpevole per la morte di Gilberta, era questo quello che si meritava, ma la Cassazione ha ridotto la pena: 20 anni più 3 di Rems. Sono passati 10 anni e tra i vari sconti di pena a breve ce lo ritroveremo libero. Preferisco non aggiungere altro, per tutto quello che abbiamo dovuto sopportare. Questo è un esempio sbagliato, si dimostra che gli assassini sono tutelati.
Quali iniziative avete intrapreso?
Dalla scomparsa di Gilberta al suo ritrovamento sono passati 40 giorni, in quei giorni abbiamo organizzato fiaccolate cercando di sensibilizzare tutta la popolazione italiana. Tutto è stato possibile anche grazie all’aiuto di associazioni e media, che in quel momento ci cercavano spesso, ma poi già durante il processo di appello a Roma i riflettori iniziano a spegnersi, ma io ho cercato di tenere alta l’attenzione mediatica , ma un giorno un giornalista mi disse che al termine di un percorso processuale non ci sono novità per uno scoop e la televisione non perde tempo a raccontare queste storie.
Come si sopravvive a un tale dolore e dove si prende la forza?
A un dolore del genere si sopravvive. Molti anni fa riuscivo a guardare la trasmissione “Chi l’ha visto?”, io mi immedesimavo in quelle persone disperate alla ricerca dei loro cari e non riuscivo a capire dove trovavano la forza per rispondere a tutte quelle domande, così anche noi ci siamo trovati a subire quel dolore, ed è lì che trovi la forza perché hai voglia di trovare chi è scomparso e vuoi a tutti i costi giustizia e cerchi in tutti i modi di raggiungere questo obbiettivo. Ma il dolore resterà per sempre e non ti lascerà mai
Cosa vorresti dire alle giovani donne
il mio appello per le donne è che devono stare attente e non devono mai abbassare la guardia perché ogni uomo insospettabile potrebbe essere violento. secondo me la non violenza e il rispetto si deve insegnare fin da piccoli, facendo crescere i ragazzi in un ambiente accogliente. Inoltre voglio dire a tutte le donne che subiscono violenza di denunciare subito, il silenzio porta solo altra violenza, porta all’omicidio, porta alla fine.
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