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Non siamo ancora pronti per la libertà

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Di Rosamaria Fumarola

Papa Leone ci piace. Certo, passerà del tempo prima che sia possibile farsi un’ idea chiara degli obiettivi concreti del suo pontificato, ma l’esame a cui è stato sottoposto durante le sue prime apparizioni pubbliche, ha messo in luce doti umane ed intellettuali straordinarie. Il papa americano è riuscito infatti a raccogliere attorno a sé il consenso di tutti, credenti e non credenti, colti ed incolti ed ovviamente dei meno fortunati. Persino gli uomini più potenti, che sono poi anche i più cinici e spregiudicati, hanno accolto questa elezione con favore e da giorni non si fa che parlare di Leone, del suo passato a Chicago e della lunga missione in Perù, del suo amore per la pace, avviando quel processo di santificazione che spetta però a tutti i pontefici indiscriminatamente. Vien da chiedersi infatti se la stessa accoglienza non gli sarebbe tributata se avesse pronunciato parole in favore della guerra. Il cardinale Zuppi afferma infatti che il papa è “per forza buono” dando un’ indicazione precisa di quali siano le prerogative imprescindibili di chi sale al soglio di Pietro e lasciando intuire che per la Chiesa e per tutti i cattolici esiste una sorta di sottomissione al pontefice, non a caso chiamato anche Santo Padre. Mi si consentirà dunque, da non credente, di sottolineare che il papa è santo per statuto e che lo è ancora dopo l’Illuminismo, in un’ epoca quale la nostra, solo in apparenza dominata dalla scienza.

È stato tuttavia difficile anche per me non provare commozione durante la prima apparizione di Papa Prevost, mentre in migliaia lo acclamavano con gioia incontenibile in Piazza San Pietro. Mi sono domandata però il perché della mia emozione ed ho risposto che mi sono sentita felice di fare parte di un gregge che ha bisogno di un pastore, di condividere la responsabilità della vita ed il suo dolore. Ed allora mi è tornata alla mente una riflessione acuta e cinica che un intellettuale di sinistra fece all’ indomani della discesa in campo di Silvio Berlusconi ed in particolare alla presentazione del primo inno del partito, quando confessò di essersi commosso all’ ascolto di una musica che credeva gli avrebbe invece procurato disgusto e ripugnanza. Allo stesso modo non potrò mai dimenticare di quest’ultimo conclave le parole del vaticanista Melloni che intervistato, per un infinito numero di volte ha ripetuto quanto importante fosse il papa per quel popolo sparso per il mondo a cui nessuno pensa, di cui nessuno si interessa e per il quale nessuno fa mai niente.

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Giornalista pubblicista, scrittrice, critica jazz, autrice e conduttrice radiofonica, blogger, podcaster, giurisprudente (pentita), appassionata di storia, filosofia, letteratura e sociologia, in attesa di terminare gli studi in archeologia scrivo per diverse testate, malcelando sempre uno smodato amore per tutti i linguaggi ed i segni dell'essere umano