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SUICIDI IN DIVISA, LA STRAGE DIMENTICATA
Dall’inizio dell’anno si sono tolti la vita dieci carabinieri (di cui quattro carabinieri forestali); sei finanzieri; tre militari dell’Esercito; tre agenti della Penitenziaria; sedici poliziotti; cinque agenti della Polizia Locale; due vigili del fuoco; un militare dell’Aereonautica Militare e due guardie giurate. Possiamo parlare di vera emergenza. Emergenza conclamata, quanto ignorata. Il preoccupante fenomeno di suicidi in divisa.
Di Pierdomenico Corte Ruggiero
Dall’inizio dell’anno si sono tolti la vita dieci carabinieri (di cui quattro carabinieri forestali); sei finanzieri; tre militari dell’Esercito; tre agenti della Penitenziaria; sedici poliziotti; cinque agenti della Polizia Locale; due vigili del fuoco; un militare dell’Aereonautica Militare e due guardie giurate. Possiamo parlare di vera emergenza. Il preoccupante fenomeno dei suicidi in divisa.
Carabinieri, poliziotti, finanzieri, agenti della Polizia Penitenziaria, militari dell’Esercito. Sono decine i casi in cui prendono la pistola d’ordinanza e si uccidono. Un fenomeno generalmente ignorato dalla pubblica opinione e dai mezzi d’informazione. Viene data la notizia, qualche parola e post di cordoglio, poi il silenzio.
Le amministrazioni competenti, provano ad arginare il fenomeno, ma i suicidi continuano. Perché? Le dinamiche che portano al suicidio, sono sempre complesse da capire e spiegare. Ogni persona ha il suo punto di rottura, una volta raggiunto le conseguenze variano da persona a persona.
Per gli appartenenti alle Forze dell’Ordine e alle Forze Armate il discorso è ancora più complesso. Addestrati ad andare oltre i limiti, ad andare oltre l’istinto di sopravvivenza per affrontare situazioni di pericolo, sottoposti a condizioni di lavoro spesso dure. La donna e l’uomo in divisa, vengono dipinti spesso come eroi. Certamente lo sono, ma si corre il rischio di dimenticare che sono donne e uomini come tutti. Con problemi caratteriali, problemi sentimentali, problemi famigliari, problemi economici.
Come tutti, ma con la differenza di portare il peso di un lavoro particolare. Da sempre, gli appartenenti alle Forze dell’Ordine sono visti come dei privilegiati, perché hanno lo stipendio fisso. Per tanti anni l’arruolamento è stata la via per fuggire dalla miseria. In realtà lo stipendio è spesso insufficiente per mantenere una famiglia.
Portare una divisa è spesso massacrante, massacra anche i rapporti sentimentali a volte, portando ad incomprensioni e separazioni. Dover affrontare il pericolo e lo stress del servizio, unito ai problemi quotidiani e personali, può portare a conseguenze devastanti. La donna e l’uomo in divisa si sentono spesso soli, abbandonati dalla politica e dalle rispettive amministrazioni, spesso sorde alle loro necessità.
Mezzi scarsi, stipendi poco adeguati, assistenza sanitaria spesso scadente, assistenza psicologica quasi nulla. Se porti una divisa e ti rivolgi ad uno psicologo, spesso sei visto con diffidenza.
I controlli psicologici con annessa verifica di problemi famigliari ed economici, dovrebbero essere annuali e obbligatori per tutti, dai vertici all’ultimo gradino della scala gerarchica. In più dovrebbe diventare legge il principio che l’Amministrazione deve prendersi carico dei problemi del singolo. I problemi economici del carabiniere o del poliziotto devono essere affrontati dall’Amministrazione, tentativi di mediazione famigliare dovrebbero essere obbligatori ed affidati a professionisti pagati dallo Stato. Dovrebbero vigere il criterio che oltre una determinata età, vengono limitati i servizi più pesanti e quelli notturni.
Invece con le donne e gli uomini in divisa siamo generosi solo di retorica. I nostri eroi, i nostri angeli, senso del dovere, massicci, marziali. Tutte belle parole ma gli appartenenti alle Forze dell’Ordine e alle Forze Armate sono sottoposti ad usura. Che non si affronta con le parole. Il cittadino in divisa è un cittadino dai troppi doveri e dai pochi diritti. La realtà è questa. Una realtà che porta ad una strage. Che deve essere fermata.
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