Attualità
Sistemi referendari, un pericolo o un vantaggio per la democrazia?
Quali effetti porteranno sul sistema democratico le raccolte firme digitali per i quesiti referendari?
di Alessandro Andrea Argeri.
Con la raccolta firme online il referendum per legalizzare la cannabis ha probabilmente segnato una svolta storica nel panorama politico italiano, tuttavia viene spontaneo chiedersi: votare in via digitale, è un pericolo o un vantaggio per la democrazia?
Secondo la Costituzione italiana il referendum è inteso come una forma di democrazia diretta integrabile con quella rappresentativa, esercitata attraverso il Parlamento. Attualmente nell’ordinamento italiano ne sono previsti principalmente due tipi: costituzionale e abrogativo. Il primo, previsto dall’articolo 138 della Costituzione, riguarda la revisione di quest’ultima, mentre il secondo è regolato dall’articolo 75 della Costituzione, per il quale “500 mila elettori o cinque consigli regionali possono richiedere l’abrogazione parziale o totale di una legge, o di un atto avente valore di legge”, tuttavia per “leggi” si intendono i decreti legge approvati dal Palamento, mentre “sono escluse dal referendum abrogativo le leggi tributarie, di bilancio, di amnistia e di indulto, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali”, così come “non è possibile abrogare disposizioni di rango costituzionale, gerarchicamente sovraordinate alla legge ordinaria”. http://www.riformeistituzionali.gov.it/it/il-referendum-abrogativo-art75-della-costituzione/.
Con l’introduzione delle piattaforme online per la raccolta firme raggiungere i numeri necessari sembra essere diventato estremamente facile. Nel 2022 infatti i cittadini italiani potrebbero essere chiamato a votare almeno per tre referendum abrogativi: eutanasia, cannabis legale, giustizia, i quali diventerebbero addirittura cinque qualora fosse raggiunto il quorum per i quesiti referendari in merito all’abolizione della caccia e alla reintroduzione delle centrali nucleari.
L’introduzione della firma digitale si deve soprattutto all’impegno di alcuni attivisti quali: il copresidente dell’associazione Luca Coscioni, Marco Gentile, il quale ha combattuto affinché le persone più anziane o i disabili impossibilitati ad uscire di casa avessero modo di prendere parte alla vita politica, Mario Staderini, protagonista di altre varie battaglie tra cui un ricorso vinto all’Onu su questo tema.
C’è stata infine la collaborazione di Riccardo Masi, parlamentare di +Europa Radicali, vittorioso nell’intento di consentire l’approvazione lo scorso 15 agosto di un emendamento per introdurre nel nostro ordinamento la possibilità della firma digitale per i referendum, poiché il comitato dei diritti umani delle Nazioni Unite aveva giudicato la promozione dei quesiti referendari in Italia “regolata in modo irragionevole, e ostacolata da procedure legislative restrittive e da un generale disinteresse da parte delle istituzioni”, a discapito della tanto decantata “sovranità popolare” divenuta a tutti gli effetti una barzelletta nel belpaese. Infatti negli ultimi dieci anni su 67 referendum indetti, 28 non hanno raggiunto il quorum necessario.
Nel caso dei due quesiti referendari indetti per legalizzare la cannabis e l’eutanasia, per la prima volta non è servito l’intervento di organismi pubblici come l’Agenzia per l’Italia Digitale (Agid), poiché i costi della raccolta firme sono stati sostenuti dai comitati stessi attraverso libere donazioni, è stato necessario allora un massiccio impegno non solo puramente organizzativo, ma anche economico. A tal proposito, per semplificare le procedure dal 2022 i costi delle raccolte firme non saranno più a carico dei promotori individuali o privati, poiché entrerà in vigore un’apposita piattaforma governativa, quindi pubblica oltre che gratuita.
Prima con la scuola in didattica a distanza, poi con il lavoro in smart working, ora con la vita pubblica, negli ultimi due anni la digitalizzazione è entrata nelle nostre vite in modo ancor più prorompente di quanto accaduto in passato, quando i social cominciavano già a diventare la nuova piazza in cui si sarebbero svolte h24 le varie campagne propagandistiche dei partiti.
Ovviamente i timori non mancano. Il più grande in particolare è quello di denaturalizzare i referendum della loro antica funzione di strumenti per avanzare proposte alla classe dirigente, per trasformarli in sondaggi elettorali indetti da compagini politiche con fini di consenso col rischio di delegittimare il Parlamento. Attualmente è un esempio la raccolta firme per abolire il Green Pass, la quale sarebbe inattuabile poiché la scadenza del certificato verde avverrebbe comunque prima di un’ipotetica discussione nelle due camere. Verrebbe quindi meno il controllo istituzionale dei quesiti referendari. Proprio per fronteggiare l’evenienza di una pioggia di referendum alcuni costituzionalisti propongono di alzare la soglia minima di cinquecento mila firme per ristabilire le proporzioni del 1948, quando erano necessarie circa novecento mila adesioni, tuttavia per un tale progetto sarebbe necessaria una riforma Costituzionale.
Nonostante le perplessità, è innegabile la svolta storica originatasi dai referendum online, i quali si sono innanzitutto rivelati una soluzione estremamente democratica per riportare i cittadini a votare in un paese dove la metà della popolazione non vota più poiché ormai disillusa dalla politica, non a caso l’affluenza elettorale è calata negli ultimi anni dall’80% al 50%.
Inoltre se sollecitato maggiormente dai cittadini, il Parlamento attualmente tanto estraneo dalla realtà in cui vivono gli elettori per una volta potrebbe adempiere alla propria funzione: ovvero approvare o rifiutare riforme socialmente importanti nonché volute dal popolo anziché discutere sterilmente per un pugno di voti, dopo tutto non a caso l’articolo 1 della Costituzione italiana recita: l’Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro, la sovranità appartiene al popolo che la esercita nei limiti e nelle forme previste dalla Costituzione.
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