Ambiente
22 aprile: giornata mondiale della Terra.
Il 22 aprile si è celebrata la Giornata mondiale della Terra. Ogni giorno Cemento, asfalto, eventi climatici estremi e incendi, fanno scomparire oltre 15 ettari di suolo assieme alla loro biodiversità. Una situazione insostenibile che urge l’approvazione della Legge contro il consumo dei suoli da tempo ferma in Parlamento.
DI NICO CATALANO
Credit foto: NASA’s Marshall Space Flight Center license CC BY-NC 2.0.
Lo scorso 22 aprile si è celebrato l’annuale anniversario della Giornata mondiale della Terra. La ricorrenza internazionale istituita a San Francisco nel 1969, in occasione di una conferenza dell’UNESCO. La celebrazione con il passare degli anni, si è trasformata in un avvenimento educativo ed informativo di portata globale, necessario per fare aumentare la consapevolezza che solo un uso sostenibile delle risorse naturali della Terra, può salvaguardare le produzioni alimentari e la vita sul Pianeta. L’attuale modello di sviluppo economico, ha generato un diffuso inquinamento mondiale senza precedenti di aria, acqua e suolo, la distruzione degli ecosistemi, la scomparsa di migliaia di piante e specie animali e l’esaurimento delle risorse non rinnovabili (carbone, petrolio, gas naturali). In un Pianeta malato, anche il nostro Paese sembra non godere di buona salute, infatti secondo i dati diffusi ultimamente da Coldiretti, negli ultimi tre decenni, l’Italia ha perso più di un terreno agricolo su quattro seguendo un modello di sviluppo imperfetto e fallimentare che ha causato la scomparsa di oltre il ventotto per cento di quei campi coltivati che garantiscono la sicurezza ecologica, ambientale e alimentare. Un dato preoccupante in un momento storico come quello attuale, segnato dai pesanti effetti della guerra in Ucraina sulle forniture alimentari e caratterizzato da una forte impennata dei prezzi dei beni di prima necessità. Cemento, asfalto, incendi, cambiamenti climatici e interventi non proprio lungimiranti di politica agricola comunitaria, hanno ridotto drasticamente la superficie agricola utilizzabile italiana. Una copertura artificiale di suolo coltivato che ha toccato la velocità di due metri quadri al secondo (circa 15 ettari al giorno) e una perdita calcolata ad oltre quattrocento milioni di chili di prodotti agricoli in un decennio. Un serio problema per un Paese come l’Italia, che deve ancora colmare il pesante deficit produttivo in molti comparti importanti del settore primario: dalla carne al latte, dai cereali fino alle colture proteiche necessarie per l’alimentazione degli animali presenti negli allevamenti. Secondo l’analisi effettuata dal Centro Studi Divulga, il nostro Paese è obbligato ad importare quasi il sessanta per cento del grano per il pane, e oltre il quaranta per cento di quello necessario per la pasta, ma anche il quindici per cento del latte consumato, quasi il cinquanta per cento della carne bovina e senza dimenticare che i raccolti nazionali di mais e soia, fondamentali per l’alimentazione degli animali, coprono meno della metà del fabbisogno della zootecnia italiana. E non finisce qui, con la perdita di suolo fertile, di conseguenza aumenta il rischio idrogeologico cui è sottoposto gran parte del territorio italiano. Cemento e asfalto impedendo l’assorbimento dell’acqua piovana sono i principali responsabili di frane, smottamenti, allagamenti e inondazioni che negli ultimi anni stanno causando sempre più vittime e danni a strutture e infrastrutture. Una situazione aggravata dai cambiamenti climatici con quasi sei eventi estremi al giorno registrati nell’ultimo anno tra precipitazioni violente e lunghi periodi di siccità nella penisola, dove secondo uno studio dell’ISPRA, oltre il novanta per cento dei comuni è a rischio idrogeologico. L’Italia, oggi ha la necessità sia di fermare il consumo di terra fertile, finalmente attraverso l’approvazione della Legge sul consumo di suolo, un provvedimento da tempo inspiegabilmente fermo nei meandri dei cassetti della politica, così come, sfruttando i finanziamenti del PNRR per raggiungere come Paese quella tanto auspicata sovranità alimentare.
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