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La Nuova Dottrina Trump: Accerchiare l’America Latina e Smantellare l’Europa Sociale

Il Manifesto Imperiale

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Di Marlene Madalena Pozzan Foschiera

Non facciamoci illusioni: la Strategia di Sicurezza Nazionale pubblicata dall’amministrazione Trump nel dicembre 2025 non è un documento di politica estera convenzionale. È una dichiarazione di guerra – non contro nemici convenzionali, ma contro l’idea stessa di sovranità al di fuori dei confini americani. Il capitolo sull’Emisfero Occidentale introduce ufficialmente il Corollario Trump alla Dottrina Monroe, una formulazione che non tenta nemmeno di mascherare le sue ambizioni neocoloniali: le Americhe vengono ridefinite come un territorio in cui gli Stati Uniti hanno il diritto e il dovere di ripristinare la propria preminenza e trattare la regione come un’estensione della sicurezza interna statunitense.

Questo linguaggio non è accidentale. È una rivendicazione territoriale travestita da dottrina di sicurezza. Il documento stabilisce che Washington intende arruolare ed espandere gli alleati regionali per controllare le migrazioni, il narcotraffico e la stabilità – un eufemismo per la docilità politica –, promettendo al contempo di impedire che potenze extra-emisferiche controllino porti, telecomunicazioni, energia, dati, terre rare o foreste. Traducendo: qualsiasi paese latinoamericano che osi sviluppare partenariati strategici con la Cina, la Russia o qualsiasi altra potenza diversa da Washington sarà considerato una minaccia alla sicurezza degli Stati Uniti.

Lawfare come Politica di Stato

Cosa significhi questo in pratica è già stato magistralmente dissezionato da analisti come Reynaldo Aragon: l’America Latina cessa di essere vista come un insieme di nazioni sovrane e passa ad essere trattata come una zona di sicurezza interna degli USA. Lo strumento di questa subordinazione è ciò che si è convenuto chiamar lawfare emisferico: una combinazione letale di leggi extraterritoriali, cooperazione giudiziaria asimmetrica, sanzioni finanziarie unilaterali e guerra informativa coordinata contro qualsiasi governo che tenti una politica minimamente sovrana.

Non stiamo parlando di teorie. Stiamo parlando di un arsenale concreto di strumenti già testati e perfezionati: dalla Legge Magnitsky, che permette agli USA di congelare beni di chiunque nel mondo senza necessità di prove giudiziarie, fino alle operazioni coordinate tra il Dipartimento di Giustizia americano e i procuratori locali che trasformano le indagini anticorruzione in armi politiche. Il modello è stato applicato con efficacia devastante in Brasile, Ecuador, Bolivia e in decine di altri paesi della regione.

Una Regione Indebolita e Frammentata

Questo piano non nasce nel vuoto. Arriva in un’America Latina profondamente fragilizzata. Se nel 2016 esisteva un arco relativamente ampio di governi progressisti – inclusi Brasile, Argentina, Ecuador, Bolivia e Uruguay –, oggi lo scenario è di una frammentazione brutale. Alcuni poli resistono ancora sotto una pressione immensa: Messico, Colombia, Uruguay e Brasile navigano in acque turbolente, cercando di bilanciare gli interessi nazionali con la coercizione costante di Washington.

Ma altri paesi sono stati catturati da progetti ultraliberali e autoritari che funzionano come estensioni della politica estera americana. L’Argentina di Javier Milei, che ha letteralmente promesso di allineare Buenos Aires agli interessi di Washington, rappresenta il modello che Trump desidera replicare. L’Ecuador di Daniel Noboa, il El Salvador di Nayib Bukele – con la sua versione tropicale dell’autoritarismo tecnologico – e l’Uruguay post-Frente Amplio completano questo quadro di subordinazione volontaria.

Nel frattempo, Venezuela e Cuba restano sotto asfissia economica e minaccia militare permanente. La regione che la CELAC aveva solennemente dichiarato zona di pace nel 2014 è tornata ad essere trattata come campo di battaglia geopolitico, con l’estrema destra continentale che opera in perfetta sintonia con la dottrina Trump. Non è una coincidenza che il documento di sicurezza nazionale menzioni esplicitamente l’obiettivo di ricompensare e incoraggiare governi, partiti e movimenti allineati ai principi e alla strategia di Washington.

Europa: Da Alleato Privilegiato a Territorio Conteso

Dall’altra parte del pianeta, lo stesso documento ridisegna radicalmente la posizione degli Stati Uniti nei confronti dell’Europa. Per la prima volta dal 1945, un governo americano smette di trattare il continente europeo come un alleato privilegiato e inizia a ritrarlo come uno spazio in cancellazione di civiltà – un linguaggio carico di connotazioni razziste e xenofobe –, presuntamente minato dall’Unione Europea, dall’immigrazione e dai sistemi di protezione sociale.

La trasformazione è radicale. Come sintetizza il politologo Cas Mudde, gli Stati Uniti non si vedono più come un alleato riluttante dell’Europa, ma come un avversario ideologico delle democrazie liberali europee. Il documento è esplicito nel manifestare la disponibilità a sostenere apertamente partiti di estrema destra che promettono di correggere la rotta del continente. Questa non è retorica: il vicepresidente JD Vance si è già incontrato pubblicamente con i leader dell’AfD tedesca e ha difeso esplicitamente l’inclusione di partiti radicali nel processo politico europeo.

La strategia ha un doppio volto. Mentre depotenzia il confronto totale con la Russia – parlando vagamente di stabilità strategica e di chiudere la guerra in Ucraina a termini accettabili per Washington –, Washington consolida la rottura energetica Europa-Russia come fatto compiuto. Il gas russo è stato tagliato, i prezzi energetici sono esplosi, le famiglie e le piccole imprese europee pagano il conto, e gli esportatori americani di gas naturale liquefatto (GNL) occupano comodamente lo spazio lasciato da Mosca. È il vecchio imperialismo con una nuova faccia: distruggere i concorrenti e lucrare sulle macerie.

L’Europa dall’Interno: Vulnerabile e Assediata

Internamente, anche l’Europa è pericolosamente vulnerabile. Nel 2024, i partiti di estrema destra sono cresciuti in modo consistente nelle elezioni europee. Oggi, questi partiti fanno parte di governi o coalizioni in almenoette paesi: Croazia, Repubblica Ceca, Finlandia, Ungheria, Italia, Paesi Bassi e Slovacchia. La loro influenza si fa sentire direttamente nelle decisioni del Consiglio Europeo e del Parlamento Europeo, dove il cosiddetto cordone sanitario che storicamente teneva l’estremismo fuori dal potere è stato completamente perforato.

In Germania, l’AfD – classificata dalla stessa intelligence tedesca come movimento di estrema destra confermato – è diventata il secondo partito più grande nel Bundestag. In Francia, il Rassemblement National di Marine Le Pen ha conquistato 142 seggi all’Assemblea Nazionale. In Austria, il Partito della Libertà (FPÖ), fondato da ex nazisti, ha vinto le elezioni parlamentari per la prima volta nella storia del dopoguerra. In Portogallo, il partito Chega ha raggiunto il 22,8% dei voti, pareggiando tecnicamente con i socialisti.

Non si tratta di un fenomeno spontaneo. Decenni di austerità fiscale imposta dalla troika europea (Commissione Europea, Banca Centrale Europea e FMI) hanno corroso sistematicamente lo Stato sociale, aperto enormi brecce di precarizzazione del lavoro e alimentato il risentimento sociale che queste forze di estrema destra canalizzano con maestria contro migranti e minoranze. Studi di Eurofound documentano come la distruzione delle reti di protezione sociale abbia creato il terreno fertile per la crescita dell’autoritarismo.

L’effetto combinato è devastante: il modello sociale europeo – con le sue conquiste storiche in sanità pubblica, istruzione gratuita, diritti dei lavoratori e previdenza sociale – viene smantellato dall’interno, mentre il continente viene spinto verso una guerra lunga e costosa contro la Russia che serve primordialmente agli interessi geopolitici di Washington.

Cina: Il Rivale Che Non Si È Subordinato

Al centro della Strategia di Sicurezza Nazionale appare la Cina, dichiarata rivale strategico di grandezza quasi equivalente a quella dell’ex Unione Sovietica. Il documento afferma senza mezzi termini che la politica di “engagement” è fallita perché Pechino si è rifiutata di accettare un ruolo subordinato nel sistema internazionale comandato da Washington. La risposta proposta è un contenimento ampio e aggressivo: militare, tecnologico, commerciale e diplomatico.

La Cina risponde a questa pressione rafforzando la sua retorica di non interferenza e cooperazione win-win. Pechino ha recuperato i Cinque Principi della Coesistenza Pacifica (rispetto reciproco della sovranità e integrità territoriale, non aggressione, non interferenza negli affari interni, uguaglianza e beneficio reciproco, coesistenza pacifica) e proietta l’idea di una comunità di destino condiviso basata sulla sovranità nazionale e sullo sviluppo congiunto. Nel giugno del 2024, Xi Jinping ha presieduto personalmente le celebrazioni del 70º anniversario di questi principi, con la partecipazione di rappresentanti di oltre 100 paesi.

Il Contrasto Che Inquieta Washington

È precisamente questo contrasto che inquieta profondamente gli strateghi a Washington. Mentre gli Stati Uniti offrono all’America Latina e all’Europa un pacchetto di lawfare, sanzioni unilaterali, energia costosa, militarizzazione e ricatto commerciale, la Cina si presenta – almeno nel discorso, e in molti casi nella pratica – come un partner disposto a finanziare infrastrutture senza condizionalità politiche, acquistare materie prime in volumi massicci e investire in progetti industriali senza esigere allineamento militare né cambi di regime.

Non a caso, anche sotto la pressione brutale di Washington, i leader europei continuano a fare il pellegrinaggio a Pechino in cerca di accordi commerciali e investimenti. Il primo ministro ungherese Viktor Orbán, il presidente francese Emmanuel Macron, il cancelliere tedesco Olaf Scholz – tutti hanno visitato la Cina di recente, mentre in pubblico ripetevano il linguaggio di confronto richiesto dall’alleato nordamericano. Questa contraddizione espone l’ipocrisia e l’insostenibilità della strategia di Trump.

Una Svolta Qualitativa

Politologi e analisti di istituti come Brookings, RUSI, Chatham House e della stampa progressista latinoamericana hanno lanciato l’allarme: la nuova Strategia di Sicurezza degli USA segna una svolta qualitativa. Per la prima volta dopo decenni, l’impero mette da parte le pretese universaliste di “esportare la democrazia” e assume apertamente l’intenzione di comandare nelle Americhe, disciplinare l’Europa e contenere la Cina – anche se ciò dovesse costare democrazia, benessere sociale e pace in intere regioni del pianeta.

Per l’America Latina, questo significa essere trattata come un cortile estrattivo e un corridoio di polizia. Per l’Europa, significa essere ridotta a laboratorio di austerità perpetua e campo sacrificale energetico. Per la Cina e il Sud Globale emergente, significa affrontare un contenimento sistemico che tenta di impedire che qualsiasi forma di sviluppo solidale – per quanto contraddittorio o imperfetto possa essere – offra un’alternativa reale all’ordine imperiale comandato da Washington.

La Questione Centrale

Di fronte a questo piano esplicito, cristallino, scritto in linguaggio ufficiale nel documento più importante della politica estera americana, la questione che si pone non è più cosa gli Stati Uniti intendano fare. Questo è documentato, nero su bianco, nelle 29 pagine della Strategia di Sicurezza Nazionale del 2025.

La vera questione, la questione storica che definirà i prossimi decenni, è:come risponderanno America Latina ed Europa? Accetteranno passivamente il ruolo che è stato loro assegnato – fornitori di materie prime e mercati vincolati, laboratori di austerità e vassalli obbedienti? O troveranno il coraggio politico, la chiarezzza strategica e la capacità di articolazione necessarie per costruire, in dialogo con la Cina e con l’insieme del Sud Globale, un’altra logica di cooperazione internazionale?

Una logica basata su sovranità effettiva, giustizia sociale, ridistribuzione della ricchezza e pace – e non su dottrine di dominazione neocoloniale travestite da sicurezza nazionale. La storia non è finita. Viene scritta adesso, in questo momento, e le scelte che faremo nei prossimi anni determineranno se ci incamminiamo verso un mondo multipolare e democratico o verso una nuova era di subordinazione imperiale.

La Dottrina Trump è chiara. La risposta dell’umanità è ancora tutta da costruire.