24 Novembre 2025
Progressisti ma non di sinistra? Una contraddizione!

Di Fulvio Rapanà
Ogni volta che in Italia ci sono le elezioni politiche mi avvicino molto all’esito perché ai sondaggi che danno una certa percentuale di voti alla destra ci aggiungo sempre un 7/10% di voti in più e puntualmente succede che la destra và meglio rispetto ai sondaggi e tutti si chiedono come mai. E’ una domanda che non andrebbe nemmeno fatta. Nell’immaginario collettivo “conservatore” sta per gretto, vecchio, timoroso, sfiduciato e a nessuno piace stare in queste categorie. Ovviamente non è così. La confusione deriva dal fatto che quasi tutti si dichiarano “progressisti” compresi i conservatori o peggio i reazionari che pensano di avere qualche idea o motivo che li autorizza.
Conservatori e reazionari che si travestono da progressisti
Ci sono i conservatori che si dicono progressisti perché amano e apprezzano i beni e i servizi che ci cambiano e migliorano la vita e che lo scambiano il “modernismo” per “progressismo”. Poi ci sono i così detti “progressisti costruttivi” alla Trump che distruggono o destrutturano quello che è stato costruito per ricreare un nuovo mondo, una “nuova età dell’oro”, con nuovi valori e riferimenti ideologici, politici e sociali . Prima di lui altri “progressisti” come Mussolini e Hitler hanno promesso e operato per un “mondo nuovo” ma sono riusciti solo a produrre una montagna di macerie. E’ andata molto meglio a Francisco Franco o Salazar che non si sono mai dichiarati “progressisti” ma “conservatori”, difensori dei valori delle loro società proprio minacciata dai “progressisti”. Ci sono quelli che dichiarano di essere “progressisti” perché non si sentono di destra, come le correnti ex democristiana dell’attuale gruppo dirigente del Partito Democratico, a cui manca quasi tutta la parte politica di sinistra, come la mancata condanna ferma e indiscutibile di un governo ultra-nazionalista, colonialista, razzista e xenofobo come quello di Netanyahu, o troppo favorevoli alla NATO che non ha difeso nessuno ed è solo lo strumento militare europeo dell’imperialismo dell’occidente . Il termine progressismo ora viene declinato sempre più spesso al plurale non più per indicare un movimento politico o un partito, ma per dare spazio alle diverse variabili di essere progressista. Anche Peter Thiel e Elon Musk, due che se ne sono scappati dal Sudafrica quando è stata abolita apartheid, si dichiarano progressisti nel senso di essere favorevoli , soprattutto perché ci guadagnano, al progresso tecnologico, ma contestualmente appoggiano politiche e valori nazionalisti, razzisti e illiberali. Thiel, fondatore di Palantir, è un forte sostenitore dello stato-nazione e della difesa dei confini, un libertario che ha fortemente sostenuto un presidente populista, un tecnofilo che critica il mondo moderno e che considera la democrazia come una esperienza politica superata. Anche Musk si definisce progressista. I suoi obiettivi aziendali (specie con Tesla e SolarCity) sono in linea con un’agenda ambientalista progressista, le sue opinioni sulla “assoluta libertà di espressione” e la valutazione per lo più positive sull’immigrazione, definendola “un bene” e criticando le politiche di immigrazione restrittive di Trump, potrebbero far pensare che il lato progressista di Musk superi quello reazionario. Ma basta passare da valori economici a quelli politici e sociali che Musk tradisce, senza nemmeno nasconderlo, il suo lato reazionario totalmente favorevole a politiche identitarie e fortemente contraria alla cultura woke, ai rapporti sindacali , alla politica fiscale . Rivelatore di tutto un mondo di finto progressismo tecnologico è stata una intervista, del NYT a David Saks, cofondatore di PayPal, il tecnocrate che per primo ha spinto la Silicon Valley verso Trump, che dichiara espressamente di essere “progressista ma non di sinistra”. L’idea, la convinzione che si possa essere “progressista” ma non di “sinistra” è un’equazione che ha una valenza teorica soprattutto nel contesto politico-culturale contemporaneo americano, ma che non regge a un’analisi scientifica più approfondita. Il progressismo è un’ideologia che si basa sull’idea di progresso sociale, scientifico e umano che ha due bastioni fondanti: l’illuminismo e il marxismo. Alla base ci sono principi e valori che provengono dall’ illuminismo:: apertura al cambiamento, fiducia nel futuro e nell’innovazione, diritti civili individuali e collettivi, rispetto per le libertà personali (es. matrimonio egualitario, diritti LGBTQ+, diritti riproduttivi). Adesione ad un progresso scientifico della società ma sempre connesso con il rispetto dell’uomo, della ragione e della secolarizzazione che significa lottare per fare in modo che la società debba essere migliorata attraverso riforme politiche e legislative. Si tratta di principi e valori di un movimento filosofico, culturale e intellettuale frutto dell’illuminismo che sarebbero rimasti tali se non ci fosse stata la cultura politica marxista che gli ha dato gli strumenti ideologici e di lotta per far si che quei principi fossero riconosciuti e immessi nella società. Principi marxisti, che sembrano essere sepolti dalla caduta del comunismo, sono quelli con cui Mamdani ha preso la maggioranza dei voti a New York: giustizia economica e sociale, riduzione delle disuguaglianze di reddito e di classe anche attraverso uno stato forte ed equilibratore nell’economia (welfare, servizi pubblici, regolamentazione), attenzione ai diritti dei lavoratori, partecipazione sindacale alle attività collettive del lavoro. Il progressismo non critica il capitalismo ma il mercato totalmente libero o non regolamentato considerato una fonte primaria di disuguaglianza e sfruttamento.
Prima del marxismo il progressismo non esisteva.
Per essere un “progressista” le due parti devono stare insieme perché valori illuministi senza le condivisione ideologiche di sinistra non esiste. Per cui dire di essere progressista ma non di sinistra è una contraddizione in termini né è sensata la dizione di progressista di sinistra, né è corretto pensare di esserlo aderendo ad alcuni di quei principi o anche a quasi tutti.
O tutti o niente.
Anche Barack Obama, più di Joe Biden, è stato etichettato come “progressista di sinistra” ma in realtà non è stato né l’uno né l’altro. Entrambi rappresentano un centrismo moderato: favorevoli ai diritti civili e alla protezione dell’ambiente, per un welfare moderato e per una cultura per cui “nessuno deve essere lasciato indietro”, ma allo stesso tempo sono stati fortemente filo-capitalisti e attenti alle esigenze del mercato pur avendo, Obama, preso in mano l’America sul baratro della bancarotta a causa della bolla delle banche generata da un mancato controllo e indirizzo politico del sistema economico. Stessa citazione per Tony Blair, Macron, Draghi che per motivi e situazioni diverse non possono essere definiti progressisti ma conservatori moderati. Pedro Sánchez è un leader progressista. Il suo governo è stato caratterizzato da politiche economiche di sinistra, insieme ad un forte impegno per l’espansione dei diritti civili individuali e collettivi e ad un’agenda ambientalista. Tutti pilastri del progressismo contemporaneo.
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