24 Novembre 2025
Tentativa di fuga e golpe di Stato: perché Bolsonaro è finito in una cella speciale
Sabato 22 novembre il ministro del Supremo Tribunal Federal Alexandre de Moraes ha ordinato il trasferimento di Jair Bolsonaro dagli arresti domiciliari a una cella speciale presso la sede della Polizia Federale a Brasilia.

Di Marlene Madalena Pozzan Foschiera
Dalla “villa-prigione” alla cella della Polizia Federale
Dal 4 agosto 2025, Bolsonaro si trovava agli arresti domiciliari preventivi, disposti dal Supremo Tribunal Federal per violazione delle misure cautelari: utilizzo dei social network e attività di coordinamento politico nonostante i divieti espliciti. Era obbligato a indossare un braccialetto elettronico, gli era proibito usare i social media direttamente o indirettamente, e non poteva avvicinarsi ad ambasciate o rappresentanze diplomatiche straniere.
Nella mattinata di sabato 22 novembre, su richiesta della Polizia Federale, il ministro Moraes ha convertito la detenzione domiciliare in custodia preventiva presso un’unità della PF. Bolsonaro è stato condotto in un locale della Polizia Federale e collocato in una cella speciale, come previsto dalla legge brasiliana per gli ex presidenti: un ambiente con bagno privato e isolamento rispetto agli altri detenuti.
Il braccialetto manomesso e la veglia dei sostenitori
Secondo la decisione di Moraes, il sistema di monitoraggio ha registrato la violazione del braccialetto elettronico alle 00:07 di sabato. In un video allegato agli atti processuali, lo stesso Bolsonaro ha ammesso agli agenti della Secretaria de Administração Penitenciária del Distrito Federal di aver utilizzato un saldatore per danneggiare il dispositivo, dichiarando: “Ho messo un ferro caldo lì. Curiosità”.
Il rapporto tecnico ha rilevato segni evidenti di bruciatura su tutta la circonferenza dell’apparecchio, in particolare nel punto di chiusura. Per il ministro, la manomissione deliberata del dispositivo costituisce una prova concreta di preparativi per la fuga.
In parallelo, il figlio Flávio Bolsonaro, senatore, aveva convocato una “veglia” di sostenitori davanti alla residenza del padre. Secondo Moraes, questa iniziativa mirava a creare il clima di confusione ideale per facilitare la violazione delle misure cautelari e un’eventuale fuga clandestina verso un’ambasciata della zona.
Nella decisione, il ministro ha affermato che la democrazia brasiliana ha raggiunto la maturità necessaria per respingere e punire iniziative illegali a difesa di un’organizzazione criminale responsabile del tentativo di golpe di Stato — un riferimento diretto non solo a Bolsonaro, ma all’intero nucleo politico e familiare che lo circonda.
Condannato per tentativo di golpe: la pena non è ancora in esecuzione
A settembre 2025, la Prima Sezione del Supremo Tribunal Federal ha condannato Bolsonaro a 27 anni e 3 mesi di reclusione per cinque reati: tentativo di golpe di Stato, tentativo di abolizione violenta dell’ordine democratico, organizzazione criminale armata, danneggiamento aggravato e deterioramento di patrimonio pubblico vincolato. Questi crimini sono legati alla cospirazione culminata negli attacchi dell’8 gennaio 2023 a Brasilia, quando migliaia di sostenitori dell’ex presidente invasero le sedi del Congresso, del Palazzo Presidenziale e dello stesso Supremo Tribunale.
Tuttavia, la detenzione attuale non rappresenta ancora l’esecuzione materiale di quella sentenza: si tratta di una misura cautelare, adottata perché Bolsonaro ha violato le condizioni degli arresti domiciliari e perché il tribunale ravvisa un elevato rischio di fuga proprio mentre si avvicina la fase finale dei ricorsi.
La fuga degli alleati e l’isolamento del bolsonarismo
La decisione di Moraes si inserisce in un contesto in cui diversi esponenti del campo bolsonarista stanno tentando di sottrarsi alla giustizia.
Il deputato ed ex capo dell’Abin (l’agenzia di intelligence brasiliana) Alexandre Ramagem, condannato a 16 anni, un mese e 15 giorni di reclusione nella stessa azione penale sul golpe, è stato localizzato in Florida dopo aver lasciato clandestinamente il Brasile nonostante il divieto di espatrio.
L’ex deputata Carla Zambelli, già condannata a 10 anni di reclusione per l’intrusione nei sistemi informatici del Consiglio Nazionale di Giustizia, è fuggita in Europa ed è stata arrestata a Roma il 29 luglio 2025, su richiesta della giustizia brasiliana. La parlamentare, che riteneva di essere “intoccabile” in Italia grazie alla doppia cittadinanza, rimane in custodia cautelare presso il carcere femminile di Rebibbia mentre è in corso il processo di estradizione.
Da mesi, il figlio Eduardo Bolsonaro opera dagli Stati Uniti, attaccando pubblicamente il Supremo e difendendo i latitanti. Moraes ha definito questa attività come un’articolazione criminale e traditrice contro il proprio Paese.
Giustizia e memoria: cosa resta ancora da giudicare
La decisione di trasferire Bolsonaro in una cella della Polizia Federale viene letta, dentro e fuori il Brasile, come un segnale forte dello Stato di Diritto. La giustizia brasiliana afferma che nemmeno un ex presidente può violare impunemente le misure cautelari.
Nel frattempo, il percorso giudiziario di Bolsonaro è tutt’altro che concluso. Restano aperti altri procedimenti significativi: le responsabilità penali per la gestione della pandemia in un Paese che ha superato i 700.000 morti per Covid-19, e il caso dei gioielli sauditi — regali milionari ricevuti a nome dello Stato e trattati come patrimonio privato, in un intreccio di peculato, riciclaggio di denaro e arricchimento illecito.
Il passaggio dalla “prigione con piscina” alla cella della Polizia Federale non è un dettaglio burocratico. È il segnale che le istituzioni brasiliane non accettano più che il tentativo di distruggere la democrazia venga relativizzato come semplice disputa politica.
Bolsonaro è oggi un ex presidente condannato per tentativo di golpe di Stato, in custodia preventiva perché ha cercato di manomettere il braccialetto elettronico e perché il suo entourage organizza veglie e fughe. Il fatto che la sua difesa pubblica sia sempre più confinata a una destra radicale chiusa in se stessa dice molto sulla direzione che sta prendendo la democrazia brasiliana.

