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15 Settembre 2025

La Fine di un Ciclo di Oscurità: La Giustizia Brasiliana Condanna Bolsonaro e i Generali per Tentato Golpe

La lezione che il Brasile dà al mondo oggi è che nessun leader è al di sopra della legge, e che la democrazia, per quanto venga messa alla prova, può e deve prevalere.

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(Foto: Antonio Augusto/STF)

Di Marlene Madalena Pozzan Foschiera

In un processo storico, la Corte Suprema del Brasile condanna l’ex presidente a 27 anni di carcere, interrompendo un progetto autoritario che ricorda i peggiori fantasmi del XX secolo.

11 Settembre 2025 – Mentre il mondo ricorda altre date emblematiche, il Brasile scrive oggi un nuovo capitolo nella sua lotta democratica. In questo 11 settembre, la Corte Suprema Federale (STF) ha condannato l’ex presidente Jair Bolsonaro a 27 anni e 3 mesi di carcere, in un processo già considerato uno dei più importanti nella storia del paese. Per la prima volta, un ex capo di Stato viene punito dalla Corte Suprema per tentato colpo di Stato, chiudendo un ciclo oscuro che ha minacciato di trasformare la più grande democrazia dell’America Latina in un’autocrazia.

La sentenza, pronunciata dal giudice relatore Alexandre de Moraes, descrive nel dettaglio un “ingranaggio golpista” montato da Bolsonaro, basato sul suo clan familiare, generali di alto rango, poliziotti e politici di ultradestra. Il piano: corrodere le istituzioni, seminare odio, screditare il sistema elettorale – ampiamente riconosciuto come uno dei più sicuri al mondo – e, infine, perpetuarsi al potere attraverso la forza.

Questo processo segna una rottura storica fondamentale: per la prima volta, militari di alto rango – generali e ammiragli – sconteranno effettivamente la pena carceraria per crimini contro la democrazia e la Costituzione. Questo è un contrasto stridente con il ciclo precedente della dittatura militare (1964-1985), dove i comandanti del regime, responsabili di crimini di tortura, omicidi e depurazioni, furono amnistiati e non affrontarono mai la giustizia. L’impunità che per decenni ha alimentato il nostalgismo golpista nelle caserme arriva, finalmente, alla sua fine.

La figura di Bolsonaro può evocare echi di una certa tradizione politica per chi osserva dall’Italia. Egli non è un semplice populista; è il prodotto tossico di una nostalgia autoritaria. Proprio come in Italia il fantasma del fascismo a volte ritorna in nuovi vestiti, Bolsonaro ha costruito la sua carriera di deputato irrilevante per tre decenni sfruttando l’odio per la politica, attaccando le minoranze e flirtando apertamente con la dittatura militare brasiliana (1964-1985) – un regime che, proprio come la Strategia della tensione in Italia, ha fatto del terrore di Stato e della tortura il suo marchio di fabbrica.

La condanna non si basa solo sulla retorica, ma su azioni concrete. L’apice del piano golpista furono gli attentati terroristici del dicembre 2022 e l’invasione selvaggia degli edifici dei Tre Poteri a Brasilia l’8 gennaio 2023, un attacco diretto al cuore della democrazia che ricorda, nella sua simbologia e violenza, i giorni peggiori dell’instabilità politica italiana del XX secolo.

La pena di 27 anni riflette la gravità dei crimini: non solo il tentato golpe, ma anche la gestione genocida della pandemia di Covid-19, che ha lasciato una scia di oltre 700 mila morti, e la corruzione sistemica. Il suo governo è stata una tragedia su tutti i fronti: l’economia è languita, la fame è tornata, il paese è diventato un paria internazionale, barattando l’altera diplomazia dei governi di Lula e Dilma per una sottomissione umiliante all’imperialismo statunitense di Donald Trump.

La condanna di Bolsonaro e dei suoi complici militari e civili è, soprattutto, una vittoria della resistenza democratica brasiliana. È la prova che le istituzioni, quando sono rafforzate, possono resistere all’arbitrio. È un potente segnale di allarme per i movimenti autoritari in ascesa a livello globale, dall’Ungheria agli Stati Uniti.

Questo 11 settembre brasiliano verrà registrato come il giorno in cui la Giustizia ha sconfitto la tirannia. Bolsonaro, che sognava di essere un Duce dei tropici, termina la sua carriera come un criminale comune, disprezzato dalla storia e dalla maggioranza del suo popolo.

Tuttavia, proprio come la lotta contro il fascismo è una vigilanza costante in Europa, la vittoria di oggi non è la fine della battaglia. Le forze bolsonariste, sebbene smoralizzate, non scompariranno. Il contrasto, però, non potrebbe essere maggiore: il tramonto dell’autoritarismo contrasta con la prospettiva di ricostruzione democratica guidata dal presidente Luiz Inácio Lula da Silva.

Il Brasile va avanti, più consapevole dei suoi nemici e più determinato a non permettere mai più che l’estrema destra riduca il paese a una colonia dell’oscurantismo. La lezione che il Brasile dà al mondo oggi è che nessun leader è al di sopra della legge, e che la democrazia, per quanto venga messa alla prova, può e deve prevalere.