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11 Agosto 2025

Ponte sullo Stretto di Messina: sogno d’acciaio o monumento allo spreco?

Il Ponte sullo Stretto di Messina, approvato dal governo, promette di essere il ponte sospeso più lungo al mondo. Tra ambizioni ingegneristiche, costi miliardari e forti polemiche, il dibattito si accende: opportunità di sviluppo o opera inutile e rischiosa?

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di Alessandro Andrea Argeri

Dopo decenni di rinvii, progetti accantonati e ritorni di fiamma, il Ponte sullo Stretto di Messina ha finalmente ricevuto il via libera definitivo. Il 6 agosto 2025 il CIPESS ha approvato il progetto del futuro ponte sospeso più lungo del mondo, con una campata centrale di 3.300 metri e un impalcato in grado di ospitare sei corsie stradali e due binari ferroviari, un’opera titanica dal costo di 13,5 miliardi di euro, interamente a carico dello Stato, per rivoluzionare, secondo il Governo, la mobilità tra Sicilia e continente. Così i cantieri dovrebbero aprirsi in autunno per concludersi tra il 2032 e il 2033.

In un Paese normale la costruzione di un ponte dovrebbe rappresentare molto più di un’infrastruttura, dovrebbe infatti essere un simbolo di modernità, di un’Italia capace di realizzare opere da record. Le torri svetteranno a quasi 400 metri di altezza, sosterranno cavi d’acciaio di oltre un metro di diametro, mentre il traffico, oggi affidato ai traghetti, troverà un passaggio stabile in grado di trasportare fino a 6.000 veicoli l’ora e 200 treni al giorno, così da ridurre i tempi di attraversamento da oltre un’ora a circa dieci minuti in auto e un quarto d’ora in treno. Inoltre, siccome il Paese delle meraviglie non cessa di garantire miracoli, si promettono anche benefici ambientali grazie alla riduzione dei traghetti e nuove opportunità occupazionali: fino a 120.000 posti di lavoro all’anno durante la costruzione, con un indotto che dovrebbe stimolare l’economia dell’intero Mezzogiorno.

Resta da capire come sia possibile costruire un ponte di tali dimensioni in un’area ad alto rischio sismico nonché soggetta a venti forti quale quella dello Stretto: la sfida ingegneristica, pur affascinante, comporta incognite tecniche oltre che costi di manutenzione potenzialmente enormi. L’impatto ambientale è un altro punto caldo, poiché l’opera interessa aree protette della rete Natura 2000 e potrebbe alterare ecosistemi marini unici. Infine, sul piano strategico, i 13,5 miliardi destinati al ponte potrebbero essere investiti per modernizzare le ferrovie e le strade siciliane, oggi lente e inadeguate, così da migliorare la mobilità interna prima di collegare l’isola al continente. Arriviamo in Sicilia in un quarto d’ora, poi ci perdiamo tra Messina e Palermo? Per non parlare poi della sicurezza degli appalti in un territorio dove la criminalità organizzata ha storicamente cercato di infiltrarsi nei grandi lavori pubblici.

Il tempo dirà se il ponte sullo stretto è un altro spot elettorale mascherato da sviluppo strategico, per ora appare come un progetto in cui la spettacolarità rischia di prevalere sulla reale utilità. Nessuno nega il fascino della sfida ingegneristica né la possibilità di benefici futuri, ma costruire un collegamento da Guinness tra due sponde che, al di là del ponte, resterebbero collegate a reti lente e inefficienti, sembra una scelta poco razionale. Prima di erigere una struttura di acciaio e cemento da record, servirebbe un piano serio per potenziare il sistema di trasporti della Sicilia, renderlo competitivo e funzionale, altrimenti il ponte rischia di trasformarsi in un’opera imponente e costosa, destinata a restare più un simbolo politico che un vero strumento di sviluppo: un monumento alla sempreverde capacità italiana di puntare sull’effetto scenico mentre si trascura la sostanza.

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Giornalista regolarmente tesserato all'Albo dei Giornalisti di Puglia, Elenco Pubblicisti, tessera n. 183934. Pongo domande. No, non sono un filosofo (e nemmeno radical chic).