Editoriale
Quel vergognoso “cenacolo delle Drag Queen”
di Lavinia Orlando
Le polemiche seguite alla cerimonia di apertura dei Giochi Olimpici a Parigi non sono altro che l’ennesima rappresentazione di quanto la politica – nostrana, ma non solo – viva lontano anni luce dalla stretta attualità.
Quella che a tutti è sembrata la parodia dell’”Ultima Cena” di Leonardo da Vinci, con Cristo e gli Apostoli sostituiti da figure non rispecchianti alla lettera le canoniche categorie di genere, ha causato i malumori dei soliti noti, a partire dagli esponenti della destra fino a giungere ad alcuni rappresentanti cattolici, adirati per la mancanza di rispetto dimostrata nei confronti dei credenti. Ed il fatto che il regista della cerimonia inaugurale abbia successivamente smentito qualsivoglia analogia, evocando un semplice “banchetto degli dei dell’Olimpo”, non muta il tenore del ragionamento.
“Not in my name” ha tuonato Marion Mérechal, parlamentare europea della destra francese, mentre il nostro vice Premier Matteo Salvini ha riferito di “insulto a miliardi di Cristiani nel mondo” e di francesi “squallidi”. Dello stesso tenore sono tanti altri commenti, tra cui spicca la ciliegina sulla torta dell’ex senatore leghista Pillon che suggerisce finanche il ritiro della delegazione italiana dai Giochi Olimpici.
Di “derisione e scherno del Cristianesimo” parla la Conferenza Episcopale Francese che ringrazia i membri di altre fedi religiose per la “solidarietà espressa”, così come di “offesa gratuita e di cattivo gusto” riferisce “Avvenire”.
Se per le sortite clericali non ci sarebbe più di tanto da meravigliarsi – si rammenti quella “frociaggine” di cui parlava, solo qualche mese fa, Papa Francesco – sono tutti gli altri commenti a lasciare interdetti.
Se davvero la politica nostrana ritiene il c.d. “Cenacolo delle Drag Queen” – così come è stato ribattezzato – irrispettoso e generante profonde ferite in danno dei cattolici, sarebbe interessante che questa stessa indignazione venisse in luce al cospetto di ben altre scene. Si pensi alla reiterata strage di bambini che continua a perpetrarsi in quel di Gaza e che non sembra aver generato la medesima levata di scudi.
Si è parlato di immagini che inneggiano al laicismo, in una Francia, in cui, molto di più che in altre realtà, l’indipendenza ed assoluta autonomia dello Stato dalla Chiesa sono principi intoccabili, assolutamente lontani da ciò che accade nell’Italia che ospita un molto ingombrante Stato della Chiesa.
In ogni caso, ammesso che l’intento della direzione artistica della cerimonia inaugurale fosse quello di generare confronto e scambio di vedute, si può nettamente affermare che l’obiettivo sia stato raggiunto. Trattasi, del resto, di uno dei fondamentali scopi dell’arte: generare shock al fine di scaturire discussioni in grado di smuovere animi sovente sopiti da istituzioni – anche scolastiche – fin troppo irrigidite in ruoli non sempre compatibili con la realtà.
Ben vengano, dunque, provocazioni in grado di riportare il mondo al passo coi tempi, utilizzando una passerella così tanto seguita come quella delle Olimpiadi per accendere i riflettori su tematiche, quali quella dell’inclusione, con buona pace delle destre che continuano a rifiutare il contemporaneo.
Proseguire imperterriti ad inneggiare alla difesa della famiglia tradizionale è come tentare di raccogliere con le mani l’acqua di un oceano: inutile, dispendioso e fuori dal tempo. La politica dovrebbe, al contrario, fornire a tutti gli strumenti, anche e soprattutto giuridici, per vivere in maniera paritaria. Stante l’ancora lontano raggiungimento di tale obiettivo, non spetta ad altri che la cultura e l’arte porre l’accento sulla realtà e fungere da pungolo affinché chi può agisca. RIPRODUZIONE RISERVATA ©