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Suicidi in divisa, Beatrice Belcuore e la strage ignorata
La donna e l’uomo in divisa vengono dipinti spesso come eroi. Certamente lo sono ma si corre il rischio di dimenticare che sono donne e uomini come tutti. Con problemi caratteriali, sentimentali, famigliari ed economici.
Di Pierdomenico Corte Ruggiero
Il suicidio della giovane allieva maresciallo dei carabinieri Beatrice Belcuore ha drammaticamente richiamato l’attenzione su una grave problematica. Anzi, possiamo parlare di vera emergenza. Emergenza conclamata, quanto ignorata.
Il preoccupante fenomeno di suicidi in divisa. Carabinieri, poliziotti, finanzieri, agenti della Polizia Penitenziaria, militari dell’Esercito. Sono decine i casi in cui prendono la pistola d’ordinanza e si uccidono.
Un fenomeno generalmente ignorato dalla pubblica opinione e dai mezzi d’informazione. Viene data la notizia, qualche parola e post di cordoglio. Poi il silenzio. Le amministrazioni competenti provano ad arginare il fenomeno ma i suicidi continuano.
Perché? Le dinamiche che portano al suicidi sono sempre complesse da capire e spiegare. Ogni persona ha il suo punto di rottura. Una volta raggiunto le conseguenze variano da persona a persona. Per gli appartenenti alle Forze dell’Ordine e alle Forze Armate, il discorso è ancora più complesso. Addestrati ad andare oltre i limiti, ad andare oltre l’istinto di sopravvivenza per affrontare situazioni di pericolo. Sottoposti a condizioni di addestramento e di lavoro spesso dure. A volte eccessivamente dure come illustrato nella lettera dei genitori di Beatrice Belcuore https://www.firenzetoday.it/cronaca/carabiniera-suicidio-caserma-famiglia-lettera.html
La donna e l’uomo in divisa vengono dipinti spesso come eroi. Certamente lo sono ma si corre il rischio di dimenticare che sono donne e uomini come tutti. Con problemi caratteriali, sentimentali, famigliari ed economici.
Come tutti ma con la differenza di portare il peso di un lavoro particolare.
Da sempre gli appartenenti alle Forze dell’Ordine sono visti come dei privilegiati. Perché hanno lo stipendio fisso. Per tanti anni l’arruolamento è stata la via per fuggire dalla miseria. In realtà lo stipendio è spesso insufficiente per mantenere una famiglia.
Portare una divisa è spesso massacrante. Massacra anche i rapporti sentimentali a volte. Portando ad incomprensioni e separazioni. Dover affrontare il pericolo e lo stress del servizio unito ai problemi quotidiani e personali, può portare a conseguenze devastanti.
La donna e l’uomo in divisa si sentono spesso soli. Abbandonati dalla politica e dalle rispettive amministrazioni, spesso sorde alle loro necessità. Mezzi scarsi, stipendi poco adeguati, assistenza sanitaria spesso scadente. Assistenza psicologica spesso insufficiente. Se porti una divisa e ti rivolgi ad uno psicologo spesso sei visto con diffidenza.
I controlli psicologici con annessa verifica di problemi famigliari ed economici dovrebbero essere annuali e obbligatori per tutti. Dai vertici all’ultimo gradino della scala gerarchica. Per evitare tragedie come quella di Cisterna di Latina nel 2018.
In più dovrebbe diventare legge il principio che l’Amministrazione deve prendersi carico dei problemi del singolo. I problemi economici del carabiniere o del poliziotto devono essere affrontati dall’Amministrazione. Tentativi di mediazione famigliare dovrebbero essere obbligatori ed affidati a professionisti pagati dallo Stato.
Dovrebbe vigere il criterio che oltre una determinata età venga disposta l’esenzione dai servizi più pesanti e da quelli notturni.
L’addestramento dovrebbe puntare molto di più alla sostanza e molto meno alla forma.
Invece con le donne e gli uomini in divisa siamo generosi solo di retorica. “I nostri eroi, i nostri angeli, senso del dovere, massicci, marziali”.
Tutte belle parole ma gli appartenenti alle Forze dell’Ordine e alle Forze Armate sono sottoposti ad usura. Che non si affronta con le parole.
Il cittadino in divisa è un cittadino dai troppi doveri e dai pochi diritti. La realtà è questa. Una realtà che porta ad una strage. Che deve essere fermata.
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