Esteri
Cosa significa concretamente la “bandiera bianca” di Bergoglio all’Ucraina
Nonostante l’ evidenza dell’ assenza di una valida alternativa a eventuali colloqui, non vi sono segnali che questo possa accadere in tempi brevi
Di Fulvio Rapanà
Papa Bergoglio è stato ricoperto di insulti dagli anti putinisti e anti comunisti per aver incoraggiato Zelensky ad “avere il coraggio” di sedersi ad un tavolo e trattare con i russi. E’ la solita gazzarra messa in piedi da chi sta’ ben coperto su un divano di casa e che essendo anticomunista vuole la sconfitta costi quel che costi dell’Unione Sovietica. Non mi sono sbagliato è proprio così i vecchi e giovani anticomunisti che sostengono Zelensky e l’Ucraina sono convinti o fanno finta di non capire che Putin e la Russia, non sono l’URSS ma uno stato capitalista politicamente fascista, mentre i sostenitori di Putin e della Russia sono antinazisti e antiamericani. Ambedue le fazioni sono tutti anzitutto anti quindi sono pro. Senza nascondermi se fossi ucraino e avessi un figlio non lo farei arruolare perché non mi fido di Zelensky né tantomeno delle forze che gli stanno intorno, americani e Nato compresi, che nel 2014 hanno ribaltato, con un specie di colpo di stato , un risultato elettorale incontestato . Meno che meno mi fido di Putin che, a differenza di quasi tutti i capacchioni fascisti, ci evita di farsi vedere in giro con la divisa da Capo di stato maggiore e comandante in capo delle forze “di terra, di mare e di acqua”. Almeno questo a suo favore. Chiarita la mia posizione da un punto di vista geopolitico chiarisco, a modo mio, cosa significa e come si arriva alla “bandiera bianca” di Bergoglio.
Intanto sia russi che ucraini, e tutti quelli che gli stanno intorno, sanno perfettamente che la guerra finirà con dei negoziati. L’assenza di risultati decisivi sul campo di battaglia negli ultimi 2 anni, e particolarmente le sconfitta a ripetizione a Backmut poi dell’offensiva di primavera e ora di Advinkaa dell’Ucraina a cui non hanno fatto seguito uno sfondamento, e conquiste territoriali consistenti, da parte dei russi ha fatto capire a tutti che l’alternativa ad una soluzione negoziata non esiste. Nonostante l’ evidenza dell’ assenza di una valida alternativa a eventuali colloqui, non vi sono segnali che questo possa accadere in tempi brevi. Da parte degli alleati dell’Ucraina, dopo due anni di guerra e di devastazione e di 300.000 fra morti e feriti non sarebbe giusto né corretto sia obbligarla a sedersi in un tavolo negoziale né abbandonarla senza aiuti economici alla una disfatta militare drammatica per l’intero occidente . Preso atto di questo le parti potrebbero adottare azioni per aprire comunque dei canali di confronto e di dialogo in modo da sfruttare qualsiasi opportunità che prima o poi si presenterà. In termini diplomatici si dice “parlare del parlare”, non siamo seduti intorno ad un tavolo ma facciamo capire che siamo disposti a sederci intorno ad un tavolo inviando dei segnali. I segnali sono gesti unilaterali particolarmente utili quando i canali di comunicazione formale sono chiusi in quanto non richiedono un dialogo diretto con la controparte e sono in qualunque momento reversibili, ma se ricambiati dimostrano di una “volontà negoziale” concreta e ridurre l’incertezza sulle vere intenzioni della controparte. Come è possibile mandare dei segnali di dialogo quando cadono le bombe ? I diplomatici dicono che spesso l’aumento delle bombe è un segnale di forza delle parti che indica una possibilità di ridurre l’intensità della guerra per trattare. Che tipo di segnali? ¨ ridurre la retorica bellicista, la legge che vieta di trattare con Putin va’ contro questo elemento; la nomina di un falco come “responsabile del negoziato”; ridurre gli attacchi su zone abitate e su territori lontani dalla prima linea; scambi di prigionieri; i leaders dell’occidente potrebbero riaffermare la possibilità di ridurre le sanzioni come parte di un esito negoziale della guerra. Ancora non stiamo con la bandiera bianca né le parti sono stare fatte sedere con la dissuasione, si tratta di segnali di disponibilità ad una trattativa. Le due parti affermano continuamente la reciprocamente sfiducia. Kiev e l’occidente vedono Mosca come un fattore di propaganda e menzogne a partire della retorica ufficiale che escludeva completamente la possibilità di un’invasione dell’Ucraina. Mosca vede gli ultimi 30 anni come una serie di promesse occidentali non mantenute come quella fatta da Regan a Gorbaciov di non allargare la Nato fin alle porte di Mosca. Ho già scritto su questo argomento un articolo pubblicato su www.nordest.it il 6 novembre ( L’interesse degli Usa per l’Ucraina fra le opposte strategie di Kissinger e Brzezinski ) in cui riporto l’opposizione di Kissinger, e dell’attuale capo della CIA Burns, che un allargamento della Nato all’Ucraina avrebbe certamente portato ad una risposta molto forte da parte della Russia. Russia e Ucraina venivano già da una fase di confronto e di trattativa: Minsk 1 e Minsk 2, le trattative dei primi giorni di guerra, storie di promesse mancate e sfiducia reciproca anche prima dell’annessione della Crimea o dell’invasione del Dombass nel 2014 . Ma tra quelle fasi e questo momento vi sono 500.000 fra ucraini e russi morti o feriti, milioni di sfollati e la disillusione di vincere militarmente la guerra. Eppure questi sentimenti di sfiducia esistono in tutti i conflitti e quindi in tutti i negoziati, le parti devono essere spinte a darsi segnali nonostante la reciproca sfiducia. Se vincono le posizioni massimaliste vuol dire che le parti si “arrendono” all’inevitabilità di una guerra lunga e distruttiva che entrambe affermano di non volere, non solo per le dolorose perdite di giovani che dovrebbero godersi la vita e non finire in un telo di gomma, ma anche per le questioni di sicurezza e di economia nazionali e internazionali per entrambe le parti e che non convengono a nessuno. E’ una questione di pesi e contrappesi. Se l’Ucraina è ancora restia a dare dei segnali anche simbolici possono farlo, concordando con Kiev, gli alleati su quali segnali possono dare a Mosca di una volontà negoziale e contestualmente aumentare l’assistenza militare e economica a Kiev, che è governata da persone che dopo due anni di lutti comprendono perfettamente dove possono andare a finire, e quindi comprendono che pur senza volerlo devono fare dei passi verso una trattativa. Mettendo insieme la richiesta a Kiev di una volontà negoziale e contestualmente costruendo una piattaforma possibile di assistenza militare e finanziaria a lungo termine gli alleati continuerebbero a ribadire all’Ucraina che nessun aiuto può garantire la sicurezza e la prosperità senza la fine della guerra. Se l’occidente vuole veramente e sinceramente far cessare la guerra senza una sconfitta miliare netta dell’Ucraina potrebbe nominare dei rappresentanti diplomatici speciali per il conflitto, il cui nome darebbe il segno a russi e ucraini di una reale volontà di aiutare le due parti a trovare le parole e le azioni per un percorso che pur non rappresentando un cambiamento nella politica e nemmeno un avvio di colloqui prenegoziali aprirebbero dei canali di dialogo . Putin in una recente intervista a Tucker Carlson della Fox News ha dichiarato di “essere disposto a negoziare”, se è un bluff come dice Zelensky, e tutti i leaders occidentali, sarebbe intelligente andarlo a vedere anche per chiarire sempre di più all’opinione pubblica, a cui è necessario e giusto dover dar conto, l’ambiguità e la spregiudicatezza di Putin. Questo è la traduzione in termini diplomatici la “bandiera bianca” di Bergoglio.
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