Inchiesta
Josè Garramon e l’uomo fortunato
Accetti non può più essere processato o indagato. Lui ha pagato il suo debito con la giustizia. Nuove indagini, però, potrebbero stabilire se tra le 19:00 e le 20:35 del 20 dicembre Marco Accetti è stato effettivamente un uomo solo e molto fortunato.
Di Pierdomenico Corte Ruggiero
Alle ore 18.45 del 20 dicembre 1983 Josè Garramon, 12 anni e residente in Viale dell’Aereonautica 99, esce dal negozio di barbiere sito in Viale dell’Aeronautica 23 dove ha appena tagliato i capelli.
Alle ore 19.40 viene ritrovato agonizzante in Viale di Castel Porziano a circa 21 km da Viale dell’Aeronautica. Josè arriva morto in Ospedale. Il bambino è stato investito.
Nelle prime ore del 21 dicembre 1983 i carabinieri arrestano l’investitore, Marco Accetti. Viene fermato in via Cilea mentre con una sua amica stava cercando di recuperare il furgone con il quale aveva investito Josè.
Marco Accetti viene condannato per omicidio colposo e omissione di soccorso. Senza però stabilire come e perché Josè si trova in una strada isolata e lontano da casa. E senza stabilire il perché della presenza di Accetti in quella strada. Scrivono i giudici che “L’imputato ha dato una sua spiegazione della presenza in quel luogo e in quelle condizioni, che in troppi punti mostra la corda della menzogna o quantomeno della incongruenza e della contraddizione”.
Perché Josè arriva in Viale di Castel Porziano? Qualcuno ha ipotizzato che fugge di casa perché in contrasto con la madre che lo obbliga a tagliarsi i capelli. Che senso ha fuggire dopo aver tagliato i capelli e non prima? Altri ipotizzano che Josè, con qualche suo amico, si reca in viale di Castel Porziano per una prova di coraggio ma non esiste nemmeno un fantasioso indizio a supporto di questa tesi. José allontanandosi da Viale dell’Aereonautica era ben cosciente di provocare la dura reazione dei genitori.
Di conseguenza o è stato costretto con la forza a non scendere dal mezzo o è stato convinto che ciò che stavano per fare sarebbe stato compreso dai genitori che lo avrebbero quindi perdonato. Fatto certo è che Josè era dove, per logica e abitudine, non doveva essere. Cosa succede? Un “gioco” finito male a causa di un guasto meccanico? Qualcosa di inconfessabile che porta ad un maldestro e sanguinoso inseguimento? Dovevano raggiungere i ruderi della Villa di Plinio?
Quando viene investito José era al centro della strada che stava cercando di attraversare probabilmente correndo. Accetti viaggiava con in suo furgone a circa 60 km orari. Ha i fari abbaglianti accesi che consentono di vedere chiaramente fino a 40 metri. Il ragazzo viene colpito dal furgone alle spalle. Nessun tentativo di frenata. Il corpo viene poi spostato in una cunetta che costeggia la strada.
I danni al furgone sono gravi: parabrezza completamente distrutto; cofano con una vistosa deformazione a “cucchiaio”; radiatore deformato e spostato indietro; ventola di raffreddamento priva di pale e incastrata dall’interno del radiatore. In queste condizioni probabile anche la copiosa perdita di liquido di raffreddamento.
Accetti, con il furgone in queste condizioni, diventa improvvisamente uomo molto fortunato. Perché decide di dirigersi, contro ogni logica, verso il centro abitato dell’Infernetto per nascondere il furgone e prendere un mezzo pubblico per tornare a Roma. Sono le ore 20 e il traffico è elevato. La zona era sorvegliata anche per la presenza dell’abitazione del giudice Severino Santiapichi e inoltre a pochi km è ubicata la tenuta Presidenziale di Castel Porziano strettamente sorvegliata. Accetti corre il rischio di inoltrarsi in un centro abitato con un furgone che può fermarsi in qualsiasi momento. Inoltre ha vistose macchie di sangue sul giubbotto che avrebbe notato anche il commissario Lo Gatto.
Accetti però ha fortuna, il furgone non si ferma. Addirittura, in una zona che dirà di non conoscere bene, riesce a trovare in via Dobbiaco uno spiazzo dove comodamente parcheggiare il suo furgone. Furgone che la Polizia stradale però non riuscirà a far marciare a causa dei gravissimi danni e il furgone dovrà essere spostato con un mezzo Aci: “ I danni riferibili all’investimento, che impedivano la verifica degli organi di comando, direzione e frenatura…appositamente trasportato sul luogo di notte con mezzo dell’ACI, essendo in condizioni di non poter marciare per i danni”. Qui la fortuna di Marco Accetti diventa sfacciata perché il furgone “muore” esattamente quando lo parcheggia nello spiazzo. Non un metro prima.
Accetti lascia il furgone , nasconde l’attrezzatura fotografica che trasportava nel mezzo e prende un bus Acotral per Roma. Quando torna con la sua amica, ritrova facilmente l’attrezzatura fotografica. Non riesce più a ritrovare il furgone. Fortuna già finita? O qualcosa non torna? Accetti aveva intenzione di coprire il furgone con un telo. Come poteva avere certezza che il proprietario del terreno non avrebbe scoperto il furgone? Come contava di riportare a Roma un furgone non marciante?
Accetti non può più essere processato o indagato. Lui ha pagato il suo debito con la giustizia. Nuove indagini, però, potrebbero stabilire se tra le 19:00 e le 20:35 del 20 dicembre Marco Accetti è stato effettivamente un uomo solo e molto fortunato.
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