Cultura
TRADUTTORI PRECARI
Benvenuti su “Oasi Culturale”, rubrica de ilsudest.it a cura di Alessandro Andrea Argeri e Sara D’Angelo. Questa settimana parleremo del mestiere del traduttore, e del perché è sottopagato nel nostro Paese.
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In copertina, la serie fotografica di Mario Giacomelli ispirata al poema Bando di Sergio Corazzini, poeta che aveva letto in gioventù e che solo nella maturità ha saputo tradurre in immagini. (Wikimedia Commons, dominio pubblico).
di Alessandro Andrea Argeri
Il 30 settembre è stata la giornata della traduzione. Tranquilli! Se lo venite a sapere solo ora non avete nulla da recriminarvi, poiché è si è svolta nel totale anonimato. Com’è possibile? Di traduzione avevamo già parlato in un intervista ad Enrico Terrinoni del 28 marzo 2022. Il traduttore è un importante mediatore culturale, grazie al quale due popoli entrano in collegamento così da potersi sviluppare l’uno sulla base dei progressi dell’altro. Alle parole sono collegati pensieri, sistemi concettuali, storie di interi popoli. D’altronde, “tradurre” deriva proprio da “trans-ducere”, ovvero “condurre al di là”. In Italia in particolare, il mestiere del traduttore è più precario rispetto agli altri Stati: i diritti d’autore in una traduzione raramente vengono riconosciuti, la categoria è priva contratti sindacali, per quanto si tratti di un’attività fondamentale, da sempre infatti le culture egemoni sono diventati tali tramite l’assimilazione di altri modelli, quello del traduttore rimane un lavoro “precario”. Il traduttore è sottopagato, nessun contratto di categoria. Certamente è anche difficile constatare le difficoltà di una traduzione in base all’autore da tradurre, tuttavia tale attività richiede uno sforzo intellettuale, oltre che una perfetta conoscenza sia della cultura di arrivo sia di quella di partenza. Come ha constatato Paolo Di Stefano sul Corriere, tradurre “è un mestiere che richiede finezza e fatica, invenzione e artigianato”.
Insomma, la precarietà dei traduttori in Italia è un grosso problema non solo sociale, in quanto una categoria lavoratrice è sottopagata, ma anche culturale, in quanto traduttori precari potrebbero un giorno produrre traduzioni precarie. Ma se non avessimo tradotto, quanti avrebbero potuto leggere Orwell, Wilde, Wells, o qualsiasi altro autore straniero oggi presente nelle nostre librerie con sulla copertina il piccolo credito “a cura di”?
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