Esteri
Anche Sjeverodonetck è caduta! La Russia avanza ancora
Aree di crisi nel mondo n. 115 del 26.6.2022
Conflitto ucraino
La situazione sui fronti.
Anche Sjeverodonetck è caduta.
Nei giorni scorsi, il costante lavoro di artiglieria e il martellare dei cannoni, hanno causato il cedimento delle difese ucraine su un ampio settore di fronte a sud di Lysychansk.
Questo cedimento è avvenuto in direzione di Myrna Dolyna, subito non sembrava una azione tanto potente e probabilmente non lo era, ma si trattava delle difese di Kiev che avevano ceduto.
Dopo Myrna Dolyna i russi hanno puntato su Bila Hora, in seguito hanno spostato la rotta verso Podlosne e Loskutovka.
Dal fronte a nord di Popasna ricevevano la notizia del cedimento a nord degli Ucraini ed hanno immediatamente fiutato l’opportunità da cogliere.
Si sono spostati all’offensiva prendendo in breve Oleksandrovka e chiudendo in sacca le forze ucraine residuali nel settore di Zolote e Hirske (Gorskoe).
Quando i Russi hanno iniziato ad avanzare, molte unità ucraine si sono date alla fuga, proprio per evitare di restare chiuse, solo quelle più a sud quindi non sono riuscite a ripiegare in tempo.
I comandi russi hanno annunciato di aver catturato il giorno dopo almeno 600 soldati, quindi circa 1500 riuscirono a mettersi in salvo, ma hanno abbandonato tutto il loro equipaggiamento.
Mezzi, camion guasti, blindati a corto di carburante, carri armati, pochi a dire il vero, e tante armi, molte quelle fornite dall’Occidente, razzi NLAW, Javelin, Panzerfaust 3 anche di provenienza italiana sono stati trovati in numero considerevole.
Nel giorno successivo l’avanzata è proseguita e nel frattempo arrivava la notizia che i comandi ucraini avessero ammesso la sconfitta in Sjeverodoneck e ordinato il ritiro di tutte le forze rimaste nell’Azot e nei pochi quartieri ancora presidiati di Borovskoe.
Il ritiro si è completato ieri pomeriggio.
I Russi sono ora in totale controllo sulla città di Sjeverodonetck ed in buona posizione per costringere Kiev a ritirarsi anche da Lysychansk, completando in questo modo la totale liberazione del territorio della Repubblica Popolare di Lugansk.
Il giorno 24 giugno l’emittente statale France 24 sia quella in lingua inglese che quella in lingua francese trasmettevano un servizio dalla città di Lysychansk, in cui i giornalisti inviati da Parigi si recavano in città per registrare le impressioni della popolazione.
Si trovavano ad assistere alle loro proteste per la deportazione, gridavano proprio questo, i soldati ucraini pretendevano che abbandonassero le loro case.
Molti protestavano, altri si aprivano con gli inviati dichiarando senza mezzi termini di attendere l’arrivo dei liberatori russi.
È la prima volta in assoluto che una emittente occidentale mostra la verità dal fronte e ha il coraggio di mostrare la popolazione che non è affatto ostile alle truppe russe.
Attività ucraina sui fronti
Tolte le pesanti sconfitte subite nel settore di Lysychansk, perse due cittadine ed un centro molto importante, gli Ucraini sono attivi su due fronti al momento.
A sud hanno preso due iniziative. Una a Kherson, dove hanno condotto ancora delle iniziative offensive per poi però subire l’avanzata russa in risposta.
Le perdite ucraine quando attaccano sono molto elevate, e in genere finiscono immancabilmente per perdere il poco terreno ripreso e perderne ulteriore, come avvanuto presso Novopetrovka e Bila Krynotsya.
Più ad ovest, da due giorni, hanno riattivato un fronte dove avevano tentato già in passato, due settimane or sono, una offensiva, stanno cercando di prendere il controllo su alcuni villaggi, vedremo tra un paio di giorni se le cose andranno diversamente dalla prima volta.
Gli Himars statunitensi sono stati consegnati e sono presenti sul fronte ucraino, oggi pare siano stati usati per la prima volta.
Resta da vedere cosa colpiranno e con quale frequenza, i danni inflitti e soprattutto quanto dureranno integri questi sistemi prima di fare una brutta fine come quelli che li hanno preceduti.
Sulla crisi di Kaliningrad tra la Federazione Russa e la UE vi rimando al video che ho realizzato con Virgilio di Geopoliticalcenter.
Colombia ed Ecuador, il sud America svolta contro gli USA.
Il giorno 19 giugno si sono svolte le elezioni di ballottaggio per le presidenziali in Colombia.
I candidati che erano arrivati ai primi due posti nel precedente turno erano il socialista Gustavo Francisco Petro, pochi sanno che sia anche cittadino italiano naturalizzato, ed l’esponente della destra Rodolfo Hernandez.
Importanti anche le due vice, o meglio una di loro, la vice di Petro Francia Marquez prima afroamericana arrivata al palazzo della Presidenza, anche l’altro candidato Hernandez presentava una donna afroamericana come vice, Marelen Castillo.
Al primo turno i due candidati avevano raccolto il maggior numero dei consensi, il duo Petro-Marquez era in vantaggio con il 40,32% mentre Hernandez-Castillo raccolse il 28,15%.
Al secondo turno il Pacto Historico Petro Marquez ha invece vinto con il 50,44% contro il 47,31% di Hernandez-Castillo.
Evidente, nella rimonta di Hernandez, il fenomeno dell’aggregazione delle destre che però questa volta non è riuscito a compensare la crescita numerica di coloro che hanno scelto Petro, che è passato dagli 8,5 milioni di voti del primo turno agli oltre 11,2 del secondo, non è bastato a Hernandez il quasi raddoppio di preferenze, dai 5,9 milioni ai quasi 10,6.
La popolazione ha voluto quindi fortemente cambiare registro ad un Paese da sempre feudo degli USA, fermamente governato dalle destre filo statunitensi.
Siamo ad una possibile svolta storica, non è certa per alcuni motivi, dobbiamo attendere i provvedimenti e le scelte operate dal Governo colombiano per comprendere appieno se e quanto vi sarà un distacco dalle politiche economiche e militari imposte dagli USA, se ci sarà una svolta nei rapporti con il vicino e socialista Venezuela e con tutti gli altri partiti del blocco socialista Sud Americano.
Troppo presto ora in quanto il peso dell’influenza USA nel Paese è immane sia negli apparati dello Stato sia nell’esercito, ed in caso di una svolta colombiana, non esitiamo a dare per certo un ordine di Washington per rovesciare il governo legittimo e democratico del Paese “manu militari”.
Ho discusso dei due Paesi con l’amica Geraldina Colotti, vera esperta della regione, rientrata oltretutto da poco da un lungo soggiorno di lavoro in Venezuela.
Ecuador in preda alle sommosse.
Dodici giorni sono trascorsi da quando il CONAIE, Confederazione delle Nazionalità Indigene dell’Ecuador, aveva indetto lo sciopero generale per protestare per le condizioni di vita, precarietà economica e sociale del Paese.
Le proteste contro il Presidente Lasso, ricco banchiere della destra conservatrice sudamericana, sono andate via via inasprendosi, nonostante la durissima repressione delle forze di polizia.
Si contano ormai i morti e le decine di feriti gravi.
Le proteste trovano così tanto sostegno a causa degli smodati aumenti di benzina, energia, generi di prima necessità, beni che gravano enormemente sui bilanci delle famiglie povere.
L’Ecuador guidato dalle destre vede il tasso di povertà arrivato al 32% della popolazione. La povertà nel paese è aumentata molto negli ultimi dieci anni quando era circa del 25%.
più il governo usa la forza e gli arresti arbitrari contro i manifestanti e maggiore diviene la violenza nella risposta.
Sono stati assaltati i palazzi del potere nella capitale ed in molte città, Puyo risulta in mano agli scioperanti.
Finalmente, di fronte alla rabbia del popolo, Lasso sembra cedere alle richieste, propone un basso aumento dei sussidi, il blocco del prezzi dei carburanti e anche una sanatoria per i debiti col fisco.
Vedremo se queste prime concessioni basteranno o se vi saranno controproposte.