Cultura
Il tradimento della cultura occidentale nella poesia del lucano Giuseppe Mollica
La poesia di Giuseppe Mollica “raccoglie” la natura ed è essa stessa natura, cosciente della propria diversità dal creato, della propria specificità, che la storia della letteratura ci dice essere frutto dell’occidente, verso cui il poeta lucano è però molto critico.
di Rosamaria Fumarola
A colui che intende avvicinarsi alla poesia di Giuseppe Mollica, converrà chiarire in anticipo che essa ha una componente di grande definizione. Non è infatti poesia equivoca, al contrario consente una sola autentica lettura. Non è che il poeta lucano non sappia anche giocare con le parole, no. È solo che la sua dimensione poetica rivela un esserci che non può essere scambiato per non esserci, come un celebre greco ci ha insegnato. Un esserci che tuttavia non può essere compreso, come Mollica ammette in una sua lirica e che chiede attenzione a testimonianza e ragione della sua esistenza. Essenziale è peraltro anche la componente estetica della poesia, mai innaturale o estetizzante, ma sostanza della matrice. La richiesta poi della perfetta attenzione alla parola è una sorta di aut aut senza compromessi che Mollica richiede al lettore e che rivela una concezione dell’esistere non come mera espressione di individualità, ma come partecipazione comune a ragione inconoscibili, ma pur sempre ontologicamente esistenti e dunque ineludibili. Mollica è critico, acerrimamente critico verso letture false o peggio facili del reale: è colpevole colui che mistifica, così come il tradimento dell’uomo occidentale ripiegato sulla sua fiera, scelta mediocrità, colpevole è l’indifferente a ciò che è essenziale, alle cause, alla vita stessa. La poesia di Giuseppe Mollica “raccoglie” la natura ed è essa stessa natura, un canto come un lampo nel cielo, cosciente della propria diversità dal creato, della propria specificità, che la storia della letteratura ci dice essere frutto dell’occidente, verso cui il poeta lucano è però molto critico.
Non è un poetare istintivo quello del lucano, ma il frutto di un incessante labor limae in cui la scelta delle parole non è casuale ed in cui è importante la compresenza di una finalità di natura civile, testimoniata in moltissime liriche. In versi come questi si legge l’accusa al disinteresse della cultura e della civiltà nei confronti della natura, il suo averla lasciata sola, un tradimento che diventa una sorta di peccato originale che il poeta non è disposto a perdonare. Interessante è anche, nella maggior parte di tali versi, l’assenza quasi totale dell’uso della punteggiatura.
Giuseppe Mollica è autore di due raccolte di liriche: “La verità anche” del 2007 ed “Il destino dei pesci” del 2017. Giornalista, nato a Rionero in Vulture nel 1963, ha seguito gli studi tecnici per esperto in progettazione architettonica computerizzata. È direttore di un notiziario online e di una web radio di musica jazz ed è appassionato di fisica e di astronomia, così come di letteratura medievale e rinascimentale. Vive attualmente in Basilicata.
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