Esteri
L’Assassinio del “Presidente” di Haiti Jovenel Moise
Due aree di esame: i caraibi con l’assassinio del presidente Moise ad opera di un commando di colombiani e la sconfitta militare della NATO in Afghanistan che procede spedita verso l’ineluttabile finale.
Di Stefano Orsi
Aree di crisi nel mondo n. 75 del 8-7-2021
Port au Prince, Haiti
La notte tra il 6 ed il 7 luglio un commando formato da 4 uomini è penetrato nella residenza presidenziale e ha ucciso il discusso Presidente di Haiti Jovenel Moise e ferito gravemente la moglie.
La polizia ha dichiarato di avere fermato alcuni membri del gruppo, indicati come “mercenari”, specificando fossero stranieri e che parlassero spagnolo e inglese, sono dati piuttosto strani a dire il vero, pare una ricostruzione molto raffazzonata, simile più ad un depistaggio che al risultato di una indagine seria.
Si è già scatenata la lotta per la gestione del potere.
Il Primo ministro dimissionato dal Presidente guida ancora il Paese, decreta lo stato si assedio per due settimane e controlla le forze di Polizia e le truppe dell’esercito, Claude Joseph, questo il suo nome, agisce come se si trovasse nel pieno dei poteri, ma non è così, il suo sostituto, Ariel Henry, nominato nuovo Primo Ministro soltanto il giorno prima del suo omicidio dal defunto Presidente Moise, lo invita a farsi da parte, essendo lui il nuovo Primo Ministro. Una situazione e una coincidenza di eventi che non può non destare molti e fondati sospetti che il mandante di questo assassinio sia una persona legata agli ambienti del governo haitiano. https://www.haitinewstoday.com/ariel-henry/
È dal 2018 che nel Paese vi sono violentissime manifestazioni contro il governo e proprio contro il corrotto Moise.
Accusato allora di aver fatto sparire gli aiuti che il Venezuela inviava alla popolazione, ma che mai arrivava loro da quando era al governo Moise, ma non si trattava solo di corruzione.
Impedire che gli aiuti venezuelani arrivassero al popolo rispondeva ad una precisa strategia imposta dagli USA agli stati vassalli, Moise era un presidente burattino di Washington, è stato uno dei primi a riconoscere il ridicolo Guaidò come legittimo Presidente del Venezuela, a condannare il governo di Caracas per aver controllato le manifestazioni in alcuni quartieri della città, lui che nel 2019 ordinò di sparare contro i cittadini di Port Au Prince che protestavano contro la povertà e l’aumento dei prezzi di tutti i generi di prima necessità, acqua compresa, a causa delle privatizzazioni selvagge operate da Moise.
Moise è arrivato al potere in maniera assai discutibile, appoggiato finanziariamente dalle più potenti famiglie borghesi e ricche del Paese: Apais, Bigio, Mevs, Boulois, Deep, Accra, e altre.
Famiglie arrivate al benessere con metodi a dir poco discutibili, principalmente con lo sfruttamento della popolazione povera.
Grazie ai loro soldi Moise ha potuto pagarsi le campagne elettorali del 2015 e del 2016 quando vennero annullate le elezioni del 2015 per gravissime irregolarità, a suo vantaggio, che poi si sono ripetute, ma aveva ormai “portato dalla sua” la commissione elettorale.
Sempre grazie ai soldi dei suoi potenti sponsor, i media lo hanno improvvisamente sostenuto, anche di fronte ai suoi provvedimenti da destra neoliberista, proprio per le politiche economiche da lui portate avanti, ha sempre goduto dei favori della UE e degli USA, e nessuno lo ha mai toccato o criticato nonostante la durissima repressione delle proteste costata la vita a decine e decine di cittadini.
Dopo il suo insediamento nel febbraio del 2017, le proteste esplodono già l’anno dopo per poi riprendere altrettanto violente nel 2019.
Ne avevo già parlato nel primo numero di Aree di crisi nel mondo del febbraio 2019, le proteste proseguirono per tutto l’anno.
http://sakeritalia.it/sitrep-geopolitica/aree-di-crisi-nel-mondo-22-2-2019/
Interessante notare come ne le palesi e denunciate ampiamente irregolarità del voto, ne la poca affluenza, ne la dura repressione della popolazione, ne la corruzione a livelli inauditi, ne la sottrazione di fondi pubblici, abbiano mai spinto nessun Paese occidentale ad avere nulla di che lagnarsi, o mai siano state poste contro di lui nemmeno una sola sanzione.
Ora ripensiamo a quanto fatto dalla UE e degli USA contro la Siria, la Bielorussia, la Russia o la Cina, parlare di doppiopesismo è davvero usare un eufemismo.
Ultimi scandali sono legati alla gestione criminale del periodo pandemico, momento in cui le sue decisioni hanno portato ad una maggiore diffusione del virus anziché tutelare la popolazione, Come la scelta di riaprire senza alcuna precauzione sanitaria le fabbriche tessili che poi dopo due mesi chiusero per troppo personale ammalato.
Statistiche falsate per coprire i dati pandemici, i contagi reali, le morti, la natura stessa della malattia è stata oggetto di menzogne da parte del governo.
Tutti gli aiuti inviati loro dalla comunità internazionale sono finiti nelle mani sue e dei clan che lo appoggiavano.
Nel 2020 la scelta del governo pareva incardinata sull’equazione: Più morti di covid ci saranno e meno saranno le proteste dei cittadini.
I soli provvedimenti presi sono stati per diminuire i diritti dei cittadini e aumentarne il controllo da parte dello stato.
Le politiche del governo Moise si possono riassumere nel concetto semplice del capitalismo ai massimi livelli, poche famiglie e gruppi detengono tutto il controllo sui commerci, sulle produzioni, sulla finanza e le banche, compresa la Banca Centrale, privatizzata, il popolo senza diritti sociali, senza servizi, in balia dei potenti, con uno stato esile, inefficiente ed incapace, la manodopera pagata al minimo della mera sussistenza, o nemmeno quella, 4 dollari al giorno di lavoro ( da 15 ore).
Le elezioni per la nuova presidenza avrebbero già dovuto tenersi, ma son state rinviate dal Moise che si prolungò il mandato, e avrebbe voluto tenerle assieme ad una riforma costituzionale che ne avrebbe ancora aumentato i poteri.
Nel frattempo stava organizzando milizie fedeli al governo, arruolandole tra le bande di delinquenti, per controllare meglio lo svolgimento del voto e assicurarsi la rielezione senza alcun rischio.
I cambi al governo da lui voluti, manifestavano la sua inquietudine e paura circa la tenuta del regime che stava creando, e avvalorano la mia ipotesi di lotta per il potere tutta intestina che ora vedrà un regolamento di conti interno al PHTK, il partito al potere, per la sua successione. Indicare quindi come stranieri i killer che lo hanno fatto fuori, appare come un depistaggio rivolto più all’opinione pubblica internazionale e interna che alla veridicità delle indagini in corso.
La domanda corretta da porsi è, cosa farà ora il popolo?
È auspicabile che la popolazione si organizzi in fretta e che sovverta il potere del governo neoliberista del Paese, cacciando la borghesia corrotta e capitalista e instaurando una democrazia basata sul socialismo, unica speranza di migliorare le loro condizioni e avere una vita almeno dignitosa.
Aggiornamento sull’attacco alla residenza del Presidente, il numero dei componenti del commando era di 28, dei quali la maggior parte era colombiana, due haitiani e forse due statunitensi.
Ad oggi Claude Joseph non ha ancora consegnato i poteri nelle mani del legittimo Primo Ministro nominato ufficialmente dal Presidente prima del suo assassinio.
Ieri, 9 cm., anche il Senato della Repubblica si è ufficialmente unito al caos della successione e della gestione del potere a Port Au Prince, nominando un Presidente provvisorio, si tratta di Joseph Lambert, già presidente del Corpo Legislativo.
Da parte colombiana nel frattempo arrivano le prime ricostruzioni. Molti componenti del commando sono colombiani, parte di questi ex militari anche delle forze speciali che sarebbero stati arruolati da 4 compagnie di contractors e spediti in due gruppi separati nel paese caraibico. Uno arrivato da Panama ed il secondo inseritosi dalla vicina Repubblica Dominicana. I militari colombiani erano stati addestrati dalle forze speciali USA per combattere i gruppi armati di inspirazione marxista e i cartelli della droga.
17 sono i componenti del commando finora tratti in arresto e al momento interrogati sugli eventi.
Due di questi sarebbero due cittadini americani di origine haitiana, e così si chiarisce la confusione nelle notizie circa la loro provenienza.
In base alle prime risposte date dai fermati, a loro era stato detto che dovessero trarre in arresto il Presidente e non giustiziarlo.
Uno dei due cittadini statunitensi, ha lavorato anche in passato come guardia di sicurezza per l’ambasciata canadese presso Haiti, la notizia è confermata da fonti canadesi ufficiali.
Afghanistan
Per la prima volta sono riuscito a vedere il Presidente USA Biden rispondere a delle domande da parte dei giornalisti in maniera tradizionale, con il classico fuoco di fila.
Era la conferenza stampa sul ritiro USA dall’Afghanistan, ritiro che si completerà in maniera definitiva entro la fine di agosto.
Secondo la versione della Casa Bianca, gli USA erano li per assolvere a due soli compiti, eliminare Osama Bin Laden e eliminare la capacità di Al Qaeda di colpire nuovamente gli Stati Uniti.
Siccome hanno assolto da tempo entrambi i compiti possono andarsene, anzi avrebbero dovuto farlo diversi anni fa, cita la risoluzione NATO del 2014 che stabiliva il ritiro entro quell’anno delle truppe, risoluzione disattesa.
Arriviamo poi alle domande, nessuno si azzarda a pronunciare la parola “Sconfitta militare”, ma viene evocato lo spettro del Vietnam, i giornalisti appaiono consci che lo storytelling di Washington appaia non digeribile nemmeno con una massiccia dose di Diger Selz.
Le domande erano esplicite, i talebani avanzano e l’esercito non riesce a fermarli, anche gli alfieri del mainstream danno per inevitabile la caduta di Kabul in tempi brevi, lo hanno ripetuto più volte, ma Joe è rimasto ancorato alla versione degli eventi raccontata dai suoi esperti di immagine.
Gli USA hanno addestrato e formato l’esercito afghano e pertanto è nelle loro possibilità di fermare i loro nemici, se non lo facessero la colpa sarebbe loro e non di Washington.
Come Ponzio Pilato, lui se ne lava le mani.
Al tempo stesso però ha speso molte parole per parlare dell’accoglimento dei collaborazionisti afgani in fuga dal paese, e delle loro famiglie, del fatto che sono state avviate procedure speciali per accelerare le pratiche e che come loro sono stati vicini a Washington negli ultimi 20 anni, ora gli USA saranno vicini a loro.
Insomma anche lui da per scontato che il regime fantoccio di Kabul cadrà inevitabilmente, e solo delle menzogne possono affermare il contrario.
In poche parole l’amministrazione Usa ci dice che non sono riusciti a vincere contro i Talebani, ma che non si può parlare di una sconfitta come in Vietnam, e la cosa fa davvero ridere.
Nel frattempo i Talebani sono avanzati con decisione nella provincia di Herat, che fu sotto il controllo italiano.
Sono poi entrati in Kandahar che è la seconda città del Paese, hanno preso il controllo di alcuni quartieri periferici, ma è nella provincia che hanno conquistato un gran numero di distretti di cui ora hanno il pieno controllo.
Anche lungo il confine con il Turkmenistan, il territorio è quasi interamente in mano loro.
Mentre il presidente Biden parlava ai giornalisti dell’aviazione che hanno procurato agli afgani, i Talebani eliminavano uno a uno molti piloti addestrati con tanti sforzi dagli USA, il massimo del risultato con il minimo dello sforzo, gli aerei USA donati a Kabul, non servono a nulla senza i piloti che li fanno volare.
Se da un lato Washington conferma indirettamente le nostre analisi della situazione a Mosca, è stata ricevuta per colloqui una delegazione di alto livello talebana, la diplomazia della Federazione si sta rivolgendo a chi detiene realmente il controllo del Paese, evidentemente gli analisti del Presidente Putin hanno una opinione differente da quella degli esperti americani.
Stamattina il consigliere per la sicurezza nazionale del Presidente Ghani ha chiesto ufficialmente a Cina, India e Russia aiuti per combattere i talebani.