Politica
Il ritorno dei migranti
di Lavinia Orlando
Può una pandemia presentare dei punti a favore?
Sì, se si abita nell’Italia in cui la maggior parte del dibattito politico, nell’era pre Covid-19, era incentrato sulla questione “invasione migratoria”.
L’unico apparente beneficio del coronavirus è stato proprio quello di togliere a Matteo Salvini il principale argomento di propaganda, che gli consentiva di sputare, quotidianamente, veleno a reti unificate e di fomentare quell’odio che lo aveva trasformato in fiero condottiero difensore dei confini nazionali, capace di convogliare l’attenzione di un intero Paese verso la questione migratoria e di spostare dall’agenda politica qualsiasi differente tematica – in realtà, migrazioni, viaggi e morti in mare sono proseguiti anche durante le varie fasi acute della pandemia, ma la circostanza che in pochi ne abbiano parlato ha ingenerato l’illusione che il problema si fosse risolto.
Scoppiata la pandemia e privato del principale argomento di discussione, il Segretario della Lega ha sperimentato un’inesorabile discesa di popolarità e nei sondaggi, che neanche il tentativo di porsi a capo dell’area, a seconda dei periodi, no vax, no mask, no chiusure, no coprifuoco hanno aiutato a risollevare.
Se a ciò si aggiunga la scelta di entrare nel governo dei migliori, col connesso carico di incoerenza lamentato, a destra come a sinistra, e per questo invisa a molti degli ultras salviniani, il quadro risulta completo e ci aiuta a comprendere alcune tra le ultime dichiarazioni dell’ex Ministro dell’Interno.
“Chiudere in casa gli italiani alle dieci di sera, tra l’altro nelle ore in cui sbarcano migliaia di immigrati a Lampedusa, mi sembra senza alcun senso, scientifico, economico e morale” è solo una tra le ultime perle prodotte dall’indomito leader, a cui, evidentemente, non deve essere sembrata vera la ripresa degli arrivi migranti, quasi fosse benzina versata in un autoveicolo rimasto totalmente a secco.
Trattasi di una gioia irrefrenabile che ha spinto Salvini ad una similitudine ardita, se non del tutto incomprensibile, ma che gli ha consentito di riaprire una stagione che gli aveva portato molta fortuna.
Il migrante continua a vestire perfettamente i panni dell’artefice delle disfatte autoctone. Giungi da un Paese segnato da guerre e povertà? Hai attraversato il deserto vedendo morire tanti dei tuoi compagni di sventura? Sei rimasto per mesi, se non anni, rinchiuso in centri per migranti che, a detta di ONU ed altre organizzazioni internazionali, sarebbero dei veri e propri centri di detenzione? Se hai risposto positivamente a tutte le precedenti questioni, rappresenti la giusta valvola di sfogo da utilizzare all’occorrenza, come strumento di distrazione di massa, sebbene un minimo di ragionamento lucido consentirebbe facilmente di comprendere che i problemi nostrani hanno causa differente da “il migrante che ci toglie il lavoro”.
L’antefatto è chiaro e non farà che condurci al riavvio della stagione dell’odio nei confronti dello straniero povero e sporco – da non confondere col turista ricco e ben vestito. E sarà davvero interessante comprendere in quale modo il governo di unità nazionale riuscirà a fronteggiare la tematica. Le avvisaglie non sono delle migliori: tra il rumoroso silenzio della (presunta) sinistra di governo ed il Primo Ministro Draghi che, in visita in Libia, ha inspiegabilmente ringraziato il governo locale per i salvataggi dei migranti in mare, il percorso sembra essere abbastanza ben tracciato. E non nel senso del rispetto dei diritti umani.