Politica
Carola Rackete e gli insulti di una poliziotta
di ROSA MANNETTA
Pochi giorni fa, su Facebook, è stato scritto questo post: “E’ inutile che vi sforziate di dare dignità a questa lurida zecca di sinistra per avere visibilità: è solo
una terrorista che farà la fine che merita e voialtri siete una pletora di mummie, completamente decontestualizzate dalla vita reale, talmente adusi a spaccare il capello in 4 da dimenticare pure di che cosa state parlando”. Il post poi è stato cancellato. Lo ha cancellato dal suo profilo, una poliziotta. Questo post conteneva anche una foto di Carola Rackete. La poliziotta ha scritto in un post successivo: “Mi sa che ho esagerato e mi scuso pubblicamente. Ciò non toglie che continuo a pensare delle Ong quello che penso… (in un altro post)… mi sono resa conto di avere usato un’espressione impropria che peraltro non mi è stata risparmiata né pubblicamente, da persone che non conosco, né in privato”. Questi commenti diciamo “duri”, sono stati riferiti alla sentenza della Cassazione che ha giudicato illegittimo il provvedimento di arresto della comandante della Sea Watch 3. Le parole usate dalla poliziotta fanno indignare. Ci si indigna. Mi indigno. E nel solito Bar Maracuja, dove avvengono le mie interviste, parlo di questo argomento. Tina inizia: “E’ strano che una donna insulti un’altra donna che al comando di una nave, abbia salvato delle vite umane. E’ strano che una donna che indossi la divisa, possa usare un linguaggio con parole scurrili. Nessuna solidarietà tra donne. In quei post ho notato il livore verso un’altra donna. La poliziotta rappresenta lo Stato. Non può esprimersi in quel modo. Gli insulti non vanno bene”. Interviene Laura: “Mi ha sorpreso la carica di odio della poliziotta. Non è normale tutto questo. Io penso che sia tutta da attribuire al comportamento dei nostri politici che fanno la guerra di “tutti contro tutti”, che non esiste una via da seguire. Sanno solo litigare”. Massimo dice: “E’ vero. Litigano. Litigano. Non sanno usare le parole senza creare polemiche disastrose. Non ascolto più i notiziari e mi sono stancato di ascoltare solo urla da una parte e accuse dall’altra. Noi non abbiamo più certezze nel sistema politico. Non abbiamo certezze in chi ci governa”. Le considerazioni espresse da Tina, Laura e Massimo, sono cruciali. In primis, hanno descritto il caos delle nostre istituzioni. Crea ansia questa descrizione. E’ l’ansia che fa rabbrividire per un presente sempre più incerto. Questa ansia va incanalata per produrre energia positiva. E’ dal dolore che si trova la volontà di trovare nuovi sentieri. E noi, in questo Paese, siamo bravi nei momenti bui, a risalire la china. Siamo bravi a liberarci anche dal terrore del Coronavirus. Di qui, sparirà il panico, il senso di acredine, se inizieremo ad usare il termine “umanità”. Dylan Thomas scriveva: “Pratico il silenzio in una luce che canta…”. La luce dovrà cantare.