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Quando un “25 aprile” per le donne?
di MICHELANGELA BARBA
La domanda è più che legittima visti i ripetuti casi di cronaca a ricordarci che l’Italia fu liberata sì dal fascismo ma non dagli uomini violenti e che le donne hanno conquistato sì il diritto di voto ma non quella di porre fine a una relazione tossica, pena la vita.
E sui giornali arrivano le storie più eclatanti, quelle finite tragicamente.
Ma per una di queste, quante ce ne sono in corso, che a grandi passi marciano verso l’epilogo nell’indifferenza generale?
Anche Ebano, pur non essendo un centro antiviolenza, si trova sempre più spesso a dover offrire la rapida via di fuga a donne, italiane e straniere, minacciate di morte dagli ex compagni.
A partire dall’ultima arrivata, giovane italiana, che una mattina deve scappare senza neppure il tempo di fare le valigie dalla furia dell’ex che dopo averla abbandonata da tempo, è tornato a riprendersi ciò che ritiene suo senza possibilità di rifiuto.
A continuare con C. anche lei italiana che in una domenica sera è arrivata nella nostra casa in seguito ad un atto violentissimo del compagno.
Nessuna di loro ha avuto tempo di vare colloqui filtro agli appositi sportelli antiviolenza purtroppo.
E ancora M. che italiana non è e dopo reiterate denunce per gravissimi maltrattamenti si è ritrovata sbattuta fuori di casa e con il figlio minore affidato dai servizi sociali alla famiglia del maltrattanti.
“Non possiamo affidare il bambino alla madre, dicono gli operatori, non ha una casa”
La casa la trova Ebano.
Per lei solo “incontri protetti”. Ma come protetti, perché? “Protetti perché lei ha chiesto di essere protetta” rispondono gli operatori. Elementare Watson.
Togliere un bambino alla madre è ucciderla per metà ma l’ex compagno di M. ci tiene a finire l’opera, la segue, la minaccia, due volte lei trova lavoro due volte si presenta lui sul posto di lavoro a insultare e danneggiare.
Fioccano denunce e non succede nulla.
“Questi due devono imparare ad andare d’accordo” continuano gli operatori E parte l’obbligo di mediazione familiare.
“Sei nessuno, sei finita, conviene che te ne vai Prima che ti ammazzo, ti faccio terra bruciata” urla l’ex compagno.
M. insiste: senza mio figlio non me ne vado.
Viene aggredita durante un incontro di mediazione alla presenza degli avvocati.
Ancora il nulla.
C’è udienza al Tribunale per i Minorenni e l’avvocato viene minacciato in aula.
“Se continui a difenderla ti brucio i figli, so dove abiti”
L’avvocato si dimette, denuncia e ancora non succede nulla.
L’ex compagno di M. alza ancora il tiro e irrompe nel luogo in cui M. Sì trova con il figlio, urla e minaccia alla presenza non solo del proprio bambino ma anche di altri minori.
Alla fine dell’exploit il pavimento è pieno di sangue.
Altra denuncia. Si presenta lui alle forze dell’ordine. Piange.
“Fa così perché la ama ancora” dicono le forze dell’ordine al legale di M. E l’uomo (Se questo è un uomo, verrebbe da chiedersi) se ne va libero.
“È un uomo molto fragile” commentano i servizi sociali “Lei deve essere un gran provocatrice”.
Le forze dell’ordine non accettano che vengano depositati gli audio degli episodi di violenza.
“Non abbiamo tempo di sentirli”
Ancora una volta è l’associazione Ebano che deve provvedere, trovare il perito, provvedere alle trascrizioni e al deposito.
Finalmente M. Viene sentita la prima volta dopo mesi dall’autorità giudiziaria.
Finalmente arriva un ordine restrittivo.
Non arrivano invece provvedimenti relativi al minore, ancora nella famiglia di quest’uomo.
La festa della Liberazione È per M. l’ennesimo giorno di prigionia.
Senza suo figlio e con l’angoscia di vedere di nuovo esplodere la violenza di lui.
Chiedendosi come ogni giorno quando arriverà il prossimo step, quando il suo ex passerà definitivamente alle vie di fatto, forse senza ulteriori avvisi.
Pur essendo disposta a cambiare città per sottrarsi a tutto questo e lasciare lui libero, non può fare neppure questo, non lo potrà fare fino a quando non le verrà restituito suo figlio.
Quel giorno sarà il suo 25 aprile. Non prima.
Nel frattempo la parata delle frecce tricolore non serve a nulla.
Come la mediazione familiare.