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Intervista a ex Collaboratore della CIA, Raúl Capote
Tradotto da MADDALENA CELANO
“I piani della CIA sul Venezuela sono molto avanzati”
In una recente intervista a La Habana, un ex collaboratore della CIA, il cubano Raúl Capote, ha rivelato la strategia della CIA nelle università venezuelane per creare un tipo di movimento studentesco d’opposizione destabilizzante che il paese in questo momento sta affrontando. Esamina anche la manipolazione dei media e sostiene che uno dei diplomatici statunitensi che il presidente Maduro ha espulso dal Venezuela, lo scorso settembre, era in realtà un agente della CIA.
Raúl Capote / Chavez Vive Magazine
25 marzo 2014 alle 11.02
Raúl Capote è un cubano. Ma non un cubano qualsiasi. In gioventù, fu contattato dalla CIA (Central Intelligence Agency) degli Stati Uniti. Gli offrirono una quantità infinita di denaro per cospirare contro Cuba. Ma accadde qualcosa d’inaspettato per gli Stati Uniti. Capote, in realtà, stava lavorando per la sicurezza nazionale cubana. Da quel momento in poi, lavorò come doppio agente.
Quale fu il metodo con cui ti arruolarono?
Attraverso un’evoluzione di molti anni, diversi anni di preparazione e acquisizione. Ero il capo di un movimento studentesco cubano che, in quel momento, creò un’organizzazione, la Saiz Brothers Cultural Association, un gruppo di giovani creativi, pittori, scrittori, artisti. Ho lavorato in una città nel centro-sud di Cuba, Cienfuegos, che aveva caratteristiche di grande interesse per il nemico, perché era una città in cui all’epoca si stava costruendo un importante polo industriale. Stavano innalzando una centrale elettrica, l’unica a Cuba, e c’erano molti giovani che ci lavoravano. Per questo motivo, era anche una città che aveva molti giovani ingegneri laureati in Unione Sovietica. Stiamo parlando degli ultimi anni ’80, quando c’era quel processo chiamato Perestroika. E molti ingegneri cubani, arrivati a Cuba, in quel momento, si sono laureati da lì, erano considerate persone che erano arrivate con quell’idea di Perestroika. Per questo motivo, era un territorio interessante, dove c’erano molti giovani. Il fatto di essere un giovane dirigente di un’organizzazione culturale, che si occupava di un settore importante dell’ ingegneria e interessato alle arti, divenni attrattivo per i nordamericani che iniziarono a frequentare gli incontri a cui partecipammo. Non si sono mai identificati come nemici o come funzionari della CIA.
C’erano molti di loro, o sempre un’ unica persona?
Parecchi. Non si sono mai presentati come funzionari della CIA, né come persone che erano venute a causare guai o altro.
E chi pensi che fossero?
Si sono presentate come persone che vengono ad aiutarci per il nostro progetto, e chi hanno la capacità di finanziarlo. Che hanno avuto la possibilità di renderlo realtà. La proposta, in quanto tale, sembrava interessante perché, okay, un progetto nel mondo letterario richiede che conosca un editore, che abbia relazioni editoriali. È un mercato molto complesso. E sono venuti nel nome degli editori. Quello che è successo è che, durante il processo di contatto con noi, ciò che volevano veramente diventò abbastanza evidente. Perché una volta stabilito il contatto, una volta iniziati a frequentare i nostri incontri, una volta che hanno iniziato a promettere finanziamenti, sono arrivate le condizioni per essere finanziati.
Quali condizioni hanno richiesto?
Ci hanno detto: abbiamo la capacità di mettere il mercato a tua disposizione, di inserirti nei mercati dei libri o delle sculture, film o altro, ma abbiamo bisogno della verità, perché quello che vendiamo sul mercato è l’immagine di Cuba. L’immagine di Cuba deve essere realistica, di difficoltà, di ciò che sta accadendo nel paese. Volevano divulgare la realtà di Cuba. Quello che stavano chiedendo è di criticare la rivoluzione, basandosi su linee di propaganda anti-Cuba, che loro stessi fornirono.
Quanto era grande il budget di queste persone?
Sono venuti con una quantità infinita di soldi, ma abbiamo scoperto, nel tempo, da dove proveniva la fonte il denaro. Ad esempio, c’era l’USAID, che era il grande fornitore, l’appaltatore generale di questo bilancio, che incanalava il denaro attraverso le ONG, molte delle quali create solo per Cuba. Erano ONG che non esistevano, create esclusivamente per questo tipo di lavoro a Cuba, e stiamo parlando di migliaia e migliaia di dollari. Non stavano lavorando su piccoli budget. Per farti un esempio, in un momento mi hanno offerto diecimila dollari, solo per includere elementi di propaganda anti-Cuba, nel romanzo che stavo scrivendo.
Di quale anno stiamo parlando?
Intorno al 1988-89.
Questi agenti, quante persone avrebbero potuto contattare o reclutare?
In realtà, il loro successo non è durato molto, perché a Cuba c’era una cultura di confronto totale con questo tipo di eventi. Le persone sapevano molto bene che dietro quella storia c’era qualcuno che voleva “aiutarci”. Non fu nulla di nuovo nella storia della nostra terra e, per questo motivo, era molto difficile per loro arrivare dove eravamo. In un determinato momento, intorno al 1992, abbiamo tenuto un incontro con tutti i membri dell’organizzazione e abbiamo deciso di espellerli. Non è stato loro permesso di partecipare ad altri dei nostri incontri. Altre persone stavano già arrivando, con proposte concrete e anche con aiuti economici precondizioni. Quello che è successo è che, nel momento in cui abbiamo fatto l’incontro, e li abbiamo respinti, li abbiamo espulsi anche dal quartier generale dell’associazione, poi hanno iniziato a “particolarizzare” le azioni. Cominciarono a far visita a me, in particolare, e anche ad altri compagni, i più giovani. Con alcuni hanno avuto successo, o dovrei dire, sono riusciti a far uscire anche alcuni di loro dal paese.
Che tipo di profilo cercavano, più o meno, se si potesse specificare un qualsiasi tipo di profilo?
Volevano, soprattutto in quel momento, presentare Cuba come una terra del caos. Che il socialismo a Cuba non era riuscito a soddisfare i bisogni della popolazione, che Cuba era un paese in cui il socialismo era approdato alla povertà assoluta e che, il modello, non piaceva a nessuno. Questa era la chiave di quello che stavano perseguendo, soprattutto, in quel momento.
Da quanto tempo sei un agente della CIA?
Questa storia durò fino al 1994. Perché nel 1994, sono andato a La Habana, sono tornato nella capitale e qui, nella capitale, ho iniziato a lavorare per l’Unión de Escritores y Artistas de Cuba de La Habana, un’unione che rappresentava gli operatori culturali della capitale, e sono diventato ancora più interessante per loro, perché ho continuato a dirigere – dall’essere un leader di un’organizzazione giovanile con 4.000 membri, a dirigere un’unione con 40.000 membri, proprio nella città de La Habana. E poi, la cosa diventa molto più interessante. Fui seguito da altri contatti. In quel periodo apparve una professoressa di una nuova università venuta con la missione di dare il via alla produzione del mio lavoro letterario, voleva diventare la mia rappresentante e organizzare eventi.
Potresti fornire il suo nome?
No, perché hanno usato pseudonimi. Non hanno mai usato nomi veri. E quel tipo di lavoro, la promozione come scrittore, era quello a cui erano molto interessati, perché volevano convertirmi in una personalità in quel mondo. Volevano promuovermi e impegnarmi con loro in modo indiretto. E poi, nel 2004, arrivò a La Habana una persona ben nota in Venezuela, Kelly Keiderling. Kelly è arrivata a La Habana per lavorare come capo dell’Ufficio stampa e cultura. Hanno organizzato un incontro. Hanno organizzato un cocktail party e in quella festa ho incontrato 12 funzionari nordamericani, nordamericani ed europei. Non erano solo nordamericani. Tutte persone con esperienza, alcune anche all’interno dell’Unione Sovietica, altre che avevano partecipato all’addestramento e alla preparazione del popolo in Jugoslavia, nelle Rivoluzioni Colorate, ed erano molto interessati a incontrarmi. Kelly divenne molto vicino a me. Ha iniziato a prepararmi. Ha iniziato a istruirmi. Ho iniziato a ricevere da lei una formazione molto solida: la creazione di gruppi alternativi, gruppi indipendenti, l’organizzazione e la formazione di animatori giovanili, che non hanno partecipato alle opere delle nostre istituzioni culturali. E questo accadde nel 2004-5. Kelly praticamente sparì dalla scena nel 2005-6. E quando ho iniziato a lavorare, mi ha messo in contatto diretto con i funzionari della CIA. Presumibilmente ero già impegnato con loro, ero pronto per la prossima missione e mi hanno messo in contatto con Renee Greenwald, un funzionario della CIA, che ha lavorato direttamente con me, e con un uomo di nome Mark Waterhein, che era, all’epoca capo del Progetto Cuba, della Pan-American Foundation for Development.
Quest’uomo, Mark, oltre a dirigere il Progetto Cuba, aveva un legame diretto con Cuba, in termini di finanziamento del progetto anti-rivoluzionario, oltre ad essere coinvolto nel lavoro contro il Venezuela. Cioè, era un uomo che, insieme a gran parte della sua squadra di funzionari di quel famoso progetto, lavorava anche contro il Venezuela, in quel momento. Erano strettamente connessi. A volte c’è voluto un sacco di lavoro per comprendere chi stava lavorando con Cuba, e chi no, perché molte volte i ruoli si sono intrecciati. Per esempio, c’erano venezuelani venuti a lavorare con me, che lavoravano (anche) a Washington, che erano subordinati della Pan-American Foundation e della CIA, e sono venuti a Cuba per addestrarmi, e per portare provviste. Da lì è nata l’idea di creare una fondazione, un progetto chiamato Genesis.
Genesis è forse il modello, come idea, di molte delle cose che accadono oggi nel mondo, perché Genesis è un progetto rivolto ai giovani universitari di Cuba. Stavano facendo qualcosa di simile in Venezuela. Perché? L’idea era di convertire le università – che sono sempre state rivoluzionarie, che hanno prodotto rivoluzionari, le location da cui provengono molti dei rivoluzionari di entrambi i paesi – e convertirle in fabbriche per i reazionari. Quindi, come si fa? Creando leader. Che cosa hanno cominciato a fare in Venezuela? Trasferirono studenti in Jugoslavia, finanziati dall’International Republican Institute (IRI), che fu sovvenzionato dall’USAID e dall’Istituto Albert Einstein, e li inviò, in gruppi di dieci, con i loro professori.
Hai i nomi dei venezuelani?
No, stiamo parlando di centinaia di persone inviate. Ho parlato con il professore, ho visto un gruppo e seguito l’altro. Perché stavano lavorando a lungo termine. Lo stesso piano era anche in vigore contro Cuba. Genesis promosse, insieme all’università, un piano di formazione di borse di studio per dirigenti e professori di studenti cubani. Il piano era molto simile. Inoltre, nel 2003, hanno preparato qui, a La Habana, un corso nella sezione degli interessi statunitensi, che è stato chiamato “Deporre un leader, depositare un dittatore”, basato sull’esperienza di OTPOR nel rimuovere Slobodan Milosevic dal potere. E questa era l’idea, all’interno dell’università cubana, di lavorare a lungo termine, perché questi progetti richiedono sempre molto tempo per ottenere un risultato. Per questo motivo, hanno anche iniziato presto in Venezuela. Anch’io credo – non ho prove, ma credo che in Venezuela sia iniziata prima del governo di Chávez, perché il piano di conversione delle università latinoamericane, che furono sempre fonte di processi rivoluzionari, in università reazionarie, è più antico del Processo venezuelano [bolivariano], per invertire la situazione e creare una nuova ala destra.
La CIA funzionava solo a Caracas?
No, in tutto il Venezuela. In questo momento, Genesis ha un piano di borse di studio per creare leader a Cuba. Forniscono borse di studio agli studenti delle grandi università del Nord America, per addestrarli come leader, con tutte le spese pagate. Pagano loro i costi di tutto il piano di studi, forniscono borse di studio complete. Stiamo parlando del 2004-5 qui. Era abbastanza ovvio. Quindi, quei leader tornano all’università in un dato momento. Sono studenti. Vanno a concludere le loro carriere. Quei leader, quando finiscono la carriera da studenti, continuano a svolgere diversi lavori, hanno diverse possibilità, come ingegneri, come laureati in diversi settori della società cubana, ma ci sono altri che continuano a preparare i leader all’interno dell’università. Una delle missioni più importanti dei leader universitari era quella di occupare la leadership delle principali organizzazioni giovanili dell’università. Nel caso di Cuba, stiamo parlando dell’Unione della Gioventù Comunista e della Federazione Studentesca Universitaria. Cioè, l’ obiettivo non era quello di creare gruppi paralleli in quel momento, ma di diventare i leader delle organizzazioni già esistenti a Cuba. Inoltre, per formare un gruppo di leader nelle strategie del colpo “soft”. Cioè, allenare le persone per il momento opportuno per iniziare le famose “rivoluzioni colorate” o “guerre non violente”, che, come ben sai, non hanno nulla a che fare con la non violenza.
Che cosa cercano, per il reclutamento, in un professore?
I professori sono prede molto facili. Identificano professori universitari scontenti con l’istituzione, persone frustrate, perché hanno ritenuto che l’istituzione non garantisse loro nulla, o non ne riconoscesse i meriti. Quando sono molto vecchi, ancora meglio. Non specificano caratteristiche precise. Cercano persone anziane, quindi si può selezionare. Se invii un piano di borse di studio, o lo trasmetti e, per prima cosa, ricevono un invito a partecipare a un grande congresso internazionale di una certa disciplina, saranno eternamente grati a te, perché sei stato chi ha scoperto il loro talento, che non è mai stato riconosciuto dall’università. In seguito, quell’uomo che hanno mandato a fare ricerca all’estero, nell’università nordamericana, è invitato a un grande evento, pubblicano le sue opere e gli costruiscono un curriculum. Quando quella persona ritorna a Cuba, torna con un curriculum formidabile, perché ha partecipato a un evento scientifico di prim’ ordine, ha superato i corsi delle grandi università e il suo curriculum raggiunge il tetto, quindi l’influenza che potrebbe avere nell’università sarà più grande, perché potrebbe essere riconosciuto come una figura di primo piano nella sua specialità, anche se in pratica l’uomo potrebbe essere un ignorante.
Quando sono efficaci questi tipi di reclutamento, che genere di missioni realizzano?
Nel caso di Cuba, non hanno raggiunto grandi risultati. Primo, perché c’era una ragione molto importante, perché io ero quello che dirigeva il progetto, e io, in realtà, non ero un agente della CIA, ero un agente della sicurezza cubana, e così, l’intero progetto è passato attraverso il mio mani, e pensavano che fossi colui che l’avrebbe eseguito. E il piano passava sempre attraverso il lavoro che ero in grado di fare, e ciò che facevamo era rallentarlo il più possibile, sapendo subito cosa si stava programmando. Ma basti pensare l’obiettivo del loro piano: stavano ponderando il momento in cui le figure storiche della rivoluzione sarebbero scomparse. Stavano calcolando un termine di cinque o dieci anni, in cui Fidel sarebbe scomparso dalla scena politica, e Raúl, e gli storici leader rivoluzionari dalla terra. Quello era il momento che stavano aspettando, e quando ciò accadde, dovetti lasciare l’università, con tutto il supporto della stampa internazionale e di quello delle ONG, dell’USAID e di tutte le persone che lavoravano intorno ai soldi della CIA, e sarebbe sorta un’organizzazione che si sarebbe rivelata alla luce pubblica, in alternativa a ciò che stava facendo la rivoluzione. Questo è quello che sarebbe successo con la Genesis Foundation for Freedom.
Cos’è questa Fondazione?
La Genesis Foundation for Freedom aveva un’ ideologia, apparentemente rivoluzionaria, ma l’idea era di confondere la gente. L’idea era che avrebbero affermato di essere rivoluzionari, che quello che volevano era apportare cambiamenti nel governo, ma, quando si tratta di fare pratica, quando si arriva all’essenza del progetto, quando ti chiedi: “Qual è il progetto?”
L’ideologia era e il progetto era esattamente lo stesso di quelli della tradizionale destra. Perché i cambiamenti che promuovevano erano gli stessi che la destra, da sempre, promuove nel paese. In pratica, hanno quasi avuto la loro grande opportunità, secondo i loro criteri, nel 2006, quando è arrivata la notizia in TV che Fidel, per motivi di salute, stava abbandonando le sue responsabilità governative, e hanno sempre detto che la rivoluzione cubana sarebbe morta con la morte di Fidel. Perché la rivoluzione era Fidel, e il giorno in cui Fidel non era più lì, morendo o uscendo dal governo, il giorno dopo sarebbe scoppiata la rivoluzione. E hanno calcolato che ci sarebbero stati scontri interni, che ci sarebbe stato malcontento per questo o quello. Calcoli che non so da dove li abbiano presi, ma loro ci hanno creduto. E in quel momento, credevano che fosse giunto il momento di agire.
Stiamo parlando del 2006. Qual era il piano?
Mi hanno chiamato automaticamente. Ci incontrammo con il capo della stazione della CIA e io, qui a La Habana. Si sono presentati all’ incontro anche funzionari diplomatici e uno di loro mi ha detto che avrebbero organizzato una provocazione. “Organizzeremo una rivolta popolare in un quartiere centrale de La Habana. Ci sarà una persona che andrà lì per iniziare la rivolta a favore della democrazia, e organizzeremo un gruppo di provocazioni, in luoghi diversi, in modo tale che le forze di sicurezza cubane saranno costrette ad agire contro queste persone, e in seguito agiremo noi. Convocheremo una grande conferenza stampa e inizieremo a spiegare come funzionerà tutto questo”. La parte interessante di ciò che realmente attirò la mia attenzione fu questa: com’era possibile che un funzionario della Sezione di Interessi degli Stati Uniti potesse avere il potere di convocare i principali media e che quelle persone avrebbero obbedito con tale servilismo? Stavo davvero facendo attenzione a ciò. Ho persino detto loro: “quello che mi state dicendo è semplicemente folle”. Quell’uomo che mi hanno nominato, chiamato Alci Ferrer – un ragazzo che hanno scelto, un giovane agente, un dottore – lo hanno scelto per diventare il capobanda della rivolta. Ho detto loro che quel tizio non cambierà niente. Nessuno si rivolterà nel centro de La Habana. La data che hanno scelto era nientemeno che il compleanno di Fidel, e loro mi hanno ribadito esattamente quel giorno! E dissi: “Guarda, amico, se quell’uomo, quel giorno, decide di fare proclami, o di iniziare una sorta di rivolta nel mezzo de La Habana, la gente risponderà con durezza. È anche possibile che possano ucciderlo. Perché, come hai potuto inserirlo in un umile quartiere operaio per iniziare queste cose, la gente del posto …”. E lui mi ha risposto: “… la cosa migliore che possa succedere a noi è che uccidano quell’uomo, sarebbe perfetto”, e mi hanno spiegato cosa sarebbe successo. Tutto quello che doveva fare era provocare. Sarebbero andati in strada e ci sarebbe stato uno scontro lì. Se ciò fosse accaduto, la stampa avrebbe fatto il resto. Mi hanno detto che avrebbero avviato un’enorme campagna mediatica per dimostrare che c’è caos a Cuba, che Cuba è ingovernabile; che a Cuba Raúl non è in grado di tenere le redini del governo; che la popolazione civile è uccisa; che gli studenti sono repressi per strada, che la polizia sta commettendo crimini. Che somiglia al Venezuela! Non è una coincidenza. È come il Venezuela.
Quindi cosa sarebbe dovuto accadere in quelle circostanze?
Una volta create tutte le matrici d’opinione, tutte le matrici dei media avrebbero costruito quell’immagine. Supponevano che il mondo intero avesse l’immagine di Cuba come un grande disastro e che stessero uccidendo la gente, che stessero uccidendo tutti. Quindi, la mia organizzazione avrebbe dovuto completare l’operazione finale.
Quale sarebbe stato l’ultimo compito?
Bene, per riunire la stampa internazionale, nella mia veste di professore universitario, e come scrittore, e come leader di quell’organizzazione, avrei chiesto pubblicamente al governo degli Stati Uniti di intervenire a Cuba, per garantire le vite dei civili e per portare pace e tranquillità al popolo cubano. Parlare al paese a nome del popolo cubano. Immagina!
Quel piano crollò su di loro. Non ha portato alcun risultato. Ma come si può vedere, in seguito, com’è andata la guerra in Libia e com’è stata creata. Più dell’80% delle informazioni che abbiamo visto sono state prefabbricate. Stanno facendo lo stesso in Siria e hanno fatto lo stesso in Ucraina. Ho avuto l’opportunità di conversare con molti ucraini, giacché erano nelle basi. Persone a favore dell’unione con l’Europa. Ho provato a parlare con loro in questi giorni. Cercando di scoprire, come sono quei processi. E sono rimasti sorpresi dalle immagini che sono state trasmesse in tutto il mondo. “Quello che è successo a Miami (loro stessi hanno detto così) ma abbiamo protestato lì, ma quelle cose che appaiono in TV, che era un gruppo, o meglio, c’erano dei settori, c’erano posti, dove vi erano gruppi di destra, dell’estrema destra, dove c’erano incidenti di quel tipo e dove bruciavano le cose, ma la maggior parte delle dimostrazioni non aveva quelle caratteristiche”. Questa è, ancora una volta, la ripetizione dello schema, utilizzando tutti i mezzi di comunicazione.
Allora il rapporto tra la CIA e le ambasciate, nelle rispettive terre, sono eterodiretti?
Sì, completamente eterodiretti. In ogni ambasciata dell’America Latina, tutte le ambasciate degli Stati Uniti hanno funzionari della CIA, che lavorano al loro interno, usando la facciata dei funzionari diplomatici.
Da quello che sai, c’è una maggiore presenza della CIA nella regione?
Bene, in un certo momento, l’Ecuador era una grande potenza in questo settore, aveva una forte concentrazione di agenti CIA, e, naturalmente, il Venezuela, perché nel 2012, quando ho partecipato alla Fiera del Libro di Caracas, tutte quelle persone che avevano lavorato con me contro Cuba, tutti i funzionari della CIA, inclusa Kelly Keiderling, erano a Caracas in quel momento. Ed ero in uno show televisivo, su VTV, in cui abbiamo parlato di questo argomento, facendo molta attenzione, perché stavamo parlando di due paesi che hanno relazioni. Non è questo il caso di Cuba, o meglio, Cuba non ha relazioni con gli Stati Uniti. Questo è un nemico dichiarato. Ma stavamo parlando di funzionari che avevano relazioni diplomatiche, ed era molto imbarazzante farlo senza avere prove concrete che potevi presentare. Tuttavia, l’intervista è avvenuta e la denuncia è stata fatta su ciò che stava accadendo. Kelly Keiderling è un’esperta in questo tipo di guerra. Non ho il minimo dubbio. Quando si segue l’itinerario che ha seguito, i paesi in cui è stata, e quando ero in quel tipo di conflitto.
Ha viaggiato in una serie di paesi nel mondo in cui si sono verificate situazioni molto simili, come quello che hanno cercato di fare in Venezuela. Quando si analizza il Venezuela, e quello che è succede oggigiorno e il modo in cui hanno agito, penso che in Venezuela, la caratteristica principale è che siano tremendamente aggressivi nella manipolazione dell’informazione. Tremendamente aggressivi. Al punto che noti facilmente errori, perché vi sono immagini utilizzate (contro il Venezuela) che ovviamente (e chiaramente) non provengono dal Venezuela. Ho visto una foto molto famosa, in cui un soldato appare con un giornalista, con una macchina fotografica. Sono coreani. È un’immagine dalla Corea. Sono asiatici. Non assomigliano per niente ai venezuelani. Inoltre, le uniformi che indossano sono indicative. Sono stati molto aggressivi con quell’immagine che ha rappresentato quello che sta succedendo in Venezuela nel mondo. Questa immagine è quella che sta vedendo la maggior parte della popolazione dl mondo, è ciò che stanno cercando di comunicare.
Controllano i media. Conosci qualche caso di giornalista, conosciuto o sconosciuto, incontrato nella fase di addestramento?
No.
Nella CNN, per esempio?
No, c’era un ragazzo che aveva molti legami con me in quel momento, che fungeva da collegamento per incontrare un funzionario della CIA, Antony Golden, della Reuters. Ma, va bene, era un elemento indipendente da Reuters. La CNN è sempre stata strettamente legata a tutte queste cose. La CNN, fin dai suoi primi momenti d’azione, soprattutto in quest’ ultima fase e, soprattutto, CNN en Español, è stato uno strumento indispensabile per queste persone. Ma il problema è che devi capire una cosa: capire cosa sta succedendo, e per montare una campagna, devi capire che nei giorni nostri non esiste una stazione TV che agisca da sola. Ci sono i conglomerati delle comunicazioni – chi li dirige? Perché, ad esempio, Time Warner e AOL, e tutte quelle grandi compagnie di comunicazione – TV via cavo, film TV, TV in generale – chi è il capo, alla fine? Qui è Westinghouse, là è la General Electric. Lo stesso che costruisce aerei da guerra, la stessa industria di armi degli Stati Uniti, le stesse persone che sono i proprietari di reti televisive, studi cinematografici, pubblicazioni, editori di libri. Quindi, gli stessi ragazzi che producono aerei da guerra, il biscotto che mangerai di notte, che ti presenta un artista, sono gli stessi che governano i giornali di tutto il mondo. A chi rispondono queste persone?
Quando vedi cosa succede in Venezuela e lo paragoni a quello che hai fatto qui [a Cuba], quale conclusione puoi trarre?
È una nuova strategia, che stanno sviluppando in base all’esperienza che hanno acquisito in tutto il mondo, ma vedo, sono convinto, che abbiano ottenuto qualche risultato solo quando le persone, in quei luoghi, non hanno più supportano la rivoluzione. Hanno coordinato le azioni con il caso Milosevic, perché Milosevic era un leader jugoslavo la cui immagine era caduta lontano, grazie alle cose accadute in Jugoslavia. Lo stesso è accaduto in Ucraina, perché Yanukovych era un uomo con pochissimo sostegno popolare, e ha dato risultati in altri posti, dove i governi avevano scarso sostegno da parte della gente. Ovunque abbiano un governo legittimo, un governo solido e persone disposte a difendere la rivoluzione, il piano ha fallito su di loro.
E in che fase entrano quando il piano fallisce?
Continueranno a farlo, continueranno a perfezionarlo. Noi siamo il nemico. Cioè, Venezuela, Cuba, tutto quello che sta succedendo in America Latina come alternativa. Noi siamo i dissidenti del mondo. Viviamo in un mondo dominato dal capitalismo. Dove questo nuovo modo capitalistico di essere domina, così che ora non si può nemmeno definirlo imperialista, è qualcosa di nuovo, qualcosa che va ben oltre ciò che gli studenti del marxismo hanno scritto nella storia anni fa. È qualcosa di nuovo, inedito. È un potere, in sostanza globale, delle grandi multinazionali, di quelle megalopoli che hanno creato. Pertanto, noi siamo il nemico. Stiamo presentando un progetto alternativo. La soluzione che il mondo ci propone, non è quella. Sappiamo come farlo, e Cuba, il Venezuela, i paesi dell’ ALBA, hanno dimostrato che si può fare, che uno o due giorni in più non sono nulla. La rivoluzione cubana esiste da 55 anni e, con volontà politica, ha raggiunto risultati che il governo degli Stati Uniti, con tutti i soldi del mondo, non è stato in grado di fare. Quindi questo è un cattivo esempio.
Ho detto ai miei studenti:
“Riesci a immaginare che gli Indignati in Spagna, le migliaia e milioni di lavoratori senza lavoro in Spagna, che i Greci, tutte quelle persone in tutto il mondo, sappiano quello che stiamo facendo? Riesci a immaginare che queste persone possano sapere chi è Chávez? O chi è Fidel? O delle cose che stiamo facendo qui? O le cose che stiamo facendo con così poche risorse, solo la volontà di fare la rivoluzione e condividere la ricchezza? Che cosa accadrà al capitalismo? Per quanto tempo durerà il capitalismo, che deve spendere miliardi di dollari, ogni giorno, per costruire la sua immagine e ingannare le persone? Che cosa accadrebbe se le persone sapessero chi siamo veramente? Qual è la rivoluzione cubana, in realtà, e cos’è la rivoluzione venezuelana? Perché, se hai parlato con uno spagnolo e gli hai chiesto di Chávez, e ti dà una terribile opinione di Chavez, perché è quello che hanno costruito nella sua mente / E incontri un disoccupato che ti dice che Chavez è stato un uomo cattivo, perché i media lo hanno convinto di ciò, ma se queste persone sapessero come stavano davvero le cose! Quindi non possono permettere che nemici così formidabili, come noi, debbano essere lì, sulla porta.”
Dal punto di vista della sovranità nazionale del nostro popolo, come possiamo fermare la CIA? Abbiamo già parlato della coscienza delle persone, che è fondamentale in questi tipi di azioni, ma, nel concreto, come si prevede il lavoro della CIA? Cosa si può fare? Che raccomandazioni hai?
Penso a una cosa che ha detto Chavez, e che Fidel ha sempre ribadito, che è la chiave per sconfiggere l’impero, e questa è l’unità. Non è uno slogan, è una realtà. È l’unico modo per sconfiggere un progetto del genere. Un progetto che viene dai servizi speciali e dal capitalismo. Si può realizzare solo con l’unità della gente.
Stiamo parlando delle unità civico-militari?
Sì, unità in tutti i sensi. Unità basata sulla diversità, nei popoli ma unità come nazione, unità come progetto. Ovunque le persone sono divise, c’è un’altra realtà.
Dove dovrebbero concentrarsi? In quale area dovrebbero concentrasi le forze per difenderci da questo tipo di azioni, da questo tipo di attacchi?
L’esercito per sconfiggere è il popolo. Credo che l’esperienza cubana l’abbia insegnata molto bene. Ci sono esperienze nel mondo che ti segnano molto chiaramente. Che cosa è successo nel mondo, quando le persone non sono state protagoniste in difesa della rivoluzione? E quando le persone sono state protagoniste, cosa è successo? E c’è il caso di Cuba. Siamo riusciti a sconfiggere la CIA e l’impero milioni di volte, perché le persone sono state le protagoniste.
La CIA utilizza i database dei social network e quel genere di cose per definire i propri piani?
Sono i maestri. Sono i maestri di questo. Bene, ci sono le denunce di Snowden e di tutto ciò che è uscito da Wikileaks, e tutte quelle cose che non sono un segreto per nessuno, perché sospettavamo, ma è stato dimostrato. È stato dimostrato che i server, Internet, sono nelle loro mani. Tutti i server del mondo, alla fine, muoiono nei server dei nordamericani. Sono la madre di Internet e tutte le reti e i servizi sono controllati da loro. Hanno accesso a tutte le informazioni. E non esitano a registrarlo. Facebook è un database straordinario. Le persone mettono tutto su Facebook. Chi sono i tuoi amici? Quali sono i loro gusti, quali film hanno visto? Che cosa consumano? Ed è una fonte d’informazioni di prima mano.
Sei mai stato in contatto con Kelly Keiderling, dopo quello che è successo in Venezuela?
No, non ho più avuto contatti con lei. Non so quale sia stata la sua destinazione finale, dopo quello che è successo (è stata espulsa dal Venezuela per incontrare e finanziare i terroristi).
Con l’esperienza che ha, in che misura è stata in grado di penetrare in Venezuela e nelle università venezuelane?
Sono certo che è arrivata abbastanza lontano. È un agente molto intelligente, molto ben preparato, molto capace e molto convinta di ciò che sta facendo. Kelly è una persona convinta del lavoro che sta facendo. È convinta della correttezza, dal suo punto di vista, di ciò che sta facendo. Perché lei è una rappresentante incondizionata del capitalismo. Perché lei viene dall’élite del capitalismo. È organica nelle azioni che sta compiendo. Non c’è contraddizione di alcun tipo. E, in base all’esperienza del suo lavoro, delle sue capacità, sono sicuro che sia riuscita ad andare molto lontano e ha dato continuità a un lavoro che non è momentaneo, ma è un lavoro che continuerà a fare per molto tempo, per invertire il processo nelle università venezuelane. Ciò che sta accadendo è che fino a qualsiasi punto possano arrivare, a lungo termine, dipenderà da ciò che sarà in grado di mostrare il processo bolivariano, nella misura in cui le persone sono consapevoli di ciò che potrebbe accadere. Se quella destra fascista diventa incontrollabile, potrebbe tornare al potere.
Che tipo di persona è reclutata dalla CIA? Chi potrebbe raggiungere facilmente la gente? Come un attivista di un movimento viene reclutato dalla CIA?
Li troveranno (i giovani leader), cercheranno di farlo. Se è un giovane è un leader, cercheranno di reclutarti per i loro interessi. Dobbiamo addestrare i nostri leader. Non possiamo lasciarlo alla spontaneità, non possiamo lasciarli al nemico. Quindi, se li lasciamo al nemico, questi sono spazi che il nemico occuperà. Qualsiasi progetto alternativo che lasciamo incustodito, qualsiasi progetto alternativo cui non ci rendiamo conto della necessità di coltivarlo, è un progetto che il nemico proverà, con tutti i mezzi, a trarne vantaggio. Usano l’enorme quantità di denaro che hanno per questo, denaro che non ha limiti, in termini di risorse da utilizzare, perché giocano con il futuro e, soprattutto, i giovani sono la chiave.
La cosa buona è che i giovani sono il regalo dell’America Latina. La rivoluzione latinoamericana che è lì, che è ovunque, è dei giovani. Senza i giovani non avrà mai risultati. Se riesci a far pensare i giovani in modo diverso, se riesci a far credere a questi giovani che il selvaggio capitalismo è la soluzione a tutti i loro problemi, allora non ci sarà alcuna rivoluzione per il latino America. È così semplice.
Fonte: News of the Restless
Intervista in spagnolo: www.aporrea.org/actualidad/n247624.html