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22 Giugno 2025

La generazione senza futuro: la gioventù europea e statunitense di fronte al crollo del sogno sociale

Il Socialismo, in nuove forme, con nuovi linguaggi e pratiche, deve tornare a essere la parola d’ordine di chi non accetta di vivere in ginocchio.

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Di Marlene Madalena Pozzan Foschiera

La fine di una promessa

Milioni di giovani in Europa e negli Stati Uniti si stanno svegliando a una realtà dura e innegabile: non avranno lo stesso tenore di vita dei loro genitori. Il lavoro è sempre più precario, la casa è diventata un privilegio irraggiungibile, la sanità e l’istruzione pubbliche vengono smantellate e l’indebitamento è diventato una trappola per tutta la vita.

Quello che un tempo veniva chiamato “Stato del benessere” è ormai un lontano ricordo, quasi un mito. E la domanda che risuona nelle strade, nelle reti sociali e nelle università è: come siamo arrivati a questo punto?

Capitalismo e neoliberismo: l’esaurimento di un modello

I diritti sociali del dopoguerra sono stati conquistati grazie alla forza organizzata della classe lavoratrice, alla paura delle élite di fronte all’avanzata del socialismo e alle lotte anticoloniali. Ma il capitalismo, con la sua logica predatoria, non tollera concessioni per troppo tempo.

Dagli anni ’80 in poi, il neoliberismo ha avanzato come un rullo compressore. Privatizzazioni, tagli ai diritti, distruzione dei sindacati e criminalizzazione dei movimenti sociali. Tutto in nome di un presunto progresso che non è mai arrivato per la maggioranza della popolazione. Ora, con le crisi successive – economica, climatica, sanitaria e sociale – il sistema mostra tutta la sua bancarotta.

Un’eredità coloniale ed ecocida

Va detto con chiarezza: il benessere europeo e statunitense è stato costruito sul saccheggio coloniale, sul razzismo strutturale e sulla distruzione degli ecosistemi. La ricchezza che ha finanziato scuole, ospedali e pensioni nelle metropoli è stata strappata con la forza dall’Africa, dall’America Latina e dall’Asia.

Ora, con il collasso ambientale e la crisi delle risorse naturali, il conto arriva per tutti – anche per i giovani del Nord globale. Il Mediterraneo si trasforma in un cimitero di migranti, mentre gli Stati Uniti innalzano muri e costruiscono prigioni per fermare gli “indesiderabili”.

Dove ha sbagliato la sinistra? E perché è urgente una autocritica?

La sinistra in questi paesi ha una responsabilità storica che non può più essere ignorata. Molti partiti socialdemocratici e persino socialisti, invece di affrontare il neoliberismo, si sono adattati ad esso. Hanno amministrato la crisi con logiche di mercato, hanno abbandonato il discorso anticapitalista, hanno smesso di investire nella formazione politica e hanno perso il legame con i movimenti di base.

Ma questa analisi degli errori non può essere un esercizio di autoflagellazione. Deve diventare uno strumento di ricostruzione e di avanzamento. Valutare gli sbagli è fondamentale per non ripeterli e per riprendere con forza un progetto di giustizia sociale, di uguaglianza e di trasformazione reale.

Bisogna tornare a parlare di Socialismo, non come nostalgia del passato, ma come orizzonte di futuro, come risposta concreta al caos che il capitalismo produce. Portare questo dibattito tra i giovani, affinché si sentano protagonisti nella costruzione di una nuova società.

Il neoliberismo in mutazione: limbo o nuova barbarie?

Siamo in un momento storico di transizione, un vero e proprio limbo. Il neoliberismo, nella sua forma classica, sta morendo. Ma cosa verrà dopo? L’estrema destra avanza, alimentata dall’odio, dalla disinformazione e dalla militarizzazione. Il capitale ora investe più in armi che in istruzione. Vogliono silenziare i giovani con la repressione, la paura e la disoccupazione.

Questo deterioramento sociale nelle potenze occidentali non è un fenomeno isolato rispetto all’escalation militare e autoritaria che abbiamo denunciato anche in Medio Oriente. Lo stesso neoliberismo che smantella scuole e ospedali è quello che finanzia guerre, occupa territori e reprime interi popoli. Quando manca il futuro per i giovani nelle stesse metropoli del Nord globale, il capitale si reinventa con violenza, razzismo e nuove forme di colonialismo. Stiamo vivendo una crisi sistemica del modello di dominio globale, e i giovani – in tutte le latitudini – sono stati le principali vittime… e, speriamo, saranno anche i protagonisti del cambiamento.

La risposta sta nella lotta e nell’immaginazione collettiva

Il compito storico è duro, ma non impossibile. Dobbiamo ricostruire l’utopia, con i piedi nella realtà e gli occhi sull’orizzonte. Non solo resistere, ma anche proporre. Non solo denunciare, ma organizzare. Il tempo dell’attesa è finito. In gioco c’è il futuro – o la sua totale assenza.

Il Socialismo, in nuove forme, con nuovi linguaggi e pratiche, deve tornare a essere la parola d’ordine di chi non accetta di vivere in ginocchio.