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21 Luglio 2025

Il potere invisibile che opprime i popoli: da Pasolini a Francesca Albanese, dalla Palestina a Cuba

Come scrisse Pasolini, «l’omologazione è la vera dittatura». Ma ogni atto di resistenza, ogni parola di verità, ogni alleanza tra popoli ci ricorda che la storia non è finita. E che la lotta continua.

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Di Maddalena Celano

«Io so. Ma non ho le prove. Non ho nemmeno indizi. Io so perché sono un intellettuale, uno scrittore, che cerca di seguire tutto ciò che succede, di conoscere tutto ciò che si scrive, di immaginare tutto ciò che non si sa o che si tace… Io so che siamo tutti in pericolo».
Pier Paolo Pasolini, “Corriere della Sera”, 14 novembre 1974

Con queste parole, Pier Paolo Pasolini lanciava uno dei più lucidi e tragici avvertimenti del Novecento. Un grido che oggi, a cinquant’anni di distanza, risuona con rinnovata potenza. Denunciava la nascita di un potere invisibile, non più riconducibile a partiti o classi sociali visibili, ma radicato in apparati tecnocratici, burocratici, economici e culturali, che agiscono nel silenzio per reprimere ogni forma di dissenso, ogni identità non conforme, ogni cultura non assimilata.

Oggi quel potere si manifesta in una rete globale di sanzioni, censure, minacce e intimidazioni che colpiscono chi si oppone alla narrazione dominante. Il suo volto è quello della repressione del movimento internazionale di solidarietà con la Palestina, dell’isolamento sistematico di paesi come Cuba, Venezuela e Iran, dell’acculturazione forzata dei popoli arabi e latinoamericani, trattati come popoli da disciplinare, emarginare, cancellare.

Il potere invisibile che opprime i popoli: da Pasolini a Francesca Albanese, dalla Palestina a Cuba

«Siamo tutti in pericolo» – così scriveva Pier Paolo Pasolini poco prima della sua tragica morte. Ma il suo grido non era un’allucinazione personale, bensì una premonizione lucida e dolorosa. Denunciava l’ascesa di un potere invisibile: tecnocratico, burocratico, post-ideologico, capace di reprimere senza apparente violenza, di omologare senza dichiarare guerra, di censurare senza usare la censura. Un potere che oggi si manifesta nella forma delle sanzioni individuali, del controllo digitale, della marginalizzazione geopolitica. Un potere che non uccide solo con le armi, ma con i visti negati, i conti bancari bloccati, le carriere distrutte, i popoli isolati.

La repressione del movimento pro-Palestina: il caso Francesca Albanese

Oggi quel potere si manifesta in modo feroce contro il movimento internazionale di solidarietà con la Palestina. Le minacce di sanzioni personali da parte del Congresso USA nei confronti della Relatrice ONU Francesca Albanese, colpevole di aver documentato crimini di guerra e crimini contro l’umanità compiuti da Israele a Gaza, rappresentano un atto gravissimo. Non solo si punisce una voce critica delle Nazioni Unite, ma si minaccia simbolicamente e materialmente chiunque osi sostenere la causa palestinese.

Negli ultimi mesi, in Europa e negli Stati Uniti, centinaia di studenti sono stati arrestati o sanzionati disciplinarmente per aver organizzato sit-in e presidi universitari contro il genocidio in Palestina. A Parigi, Berlino, Milano, Londra, le manifestazioni pro-Gaza sono state vietate, disperse con la forza, criminalizzate dai media. In Italia, è diventato sempre più difficile ottenere spazi pubblici per iniziative pro-Palestina, e molti militanti sono stati sottoposti a pressioni amministrative o a campagne diffamatorie.

Questa è la nuova guerra invisibile: non si combatte più solo con gli eserciti, ma con i codici penali, con le ordinanze municipali, con le minacce di carriera e le esclusioni dalle università o dalle istituzioni culturali. La solidarietà diventa un crimine. Il diritto internazionale viene sovvertito in nome dell’impunità occidentale.

L’arma delle sanzioni: Cuba, Venezuela, Iran sotto assedio permanente

La stessa logica di punizione e isolamento viene applicata ai popoli e ai governi del Sud globale che resistono al dominio neoliberale. Cuba, da oltre sessant’anni sotto embargo statunitense, è oggi sottoposta anche a una campagna mediatica permanente che mira a delegittimare ogni tentativo di autodeterminazione. Oggi, anche un semplice viaggio a Cuba può comportare il rifiuto dell’autorizzazione ESTA per gli Stati Uniti, criminalizzando di fatto la libera circolazione delle persone. Una forma moderna di apartheid internazionale.

Il Venezuela, malgrado un progressivo ritorno al dialogo politico, continua a subire sanzioni economiche durissime che colpiscono l’intera popolazione. Mentre in Iran, la repressione del dissenso interno viene strumentalmente utilizzata per giustificare un embargo permanente, che però impedisce anche gli scambi culturali, scientifici, e umanitari, colpendo soprattutto i cittadini comuni.

Chi paga il prezzo di questa strategia globale di isolamento e punizione sono i popoli: i lavoratori, gli studenti, i medici, i contadini, le donne. È una forma di guerra non dichiarata, che trasforma l’ordine internazionale in una gerarchia razzializzata, in cui solo i paesi “allineati” all’Occidente possono partecipare alla piena cittadinanza globale.

America Latina: il risveglio dei movimenti sociali e la nuova ondata repressiva

In America Latina, negli ultimi anni si è assistito a una rinascita dei movimenti sociali, indigeni, femministi, anti-estrattivisti, spesso in forte connessione con le cause palestinese, cubana e bolivariana. Ma questa rinascita ha incontrato una risposta brutale da parte delle oligarchie locali e delle potenze straniere.

In Colombia, centinaia di giovani attivisti sono stati uccisi, torturati, desaparecidos durante le proteste del 2021. In Cile, il governo Boric – inizialmente eletto con un forte sostegno popolare – ha progressivamente represso le rivendicazioni dei Mapuche e dei movimenti femministi e studenteschi. In Perù, decine di manifestanti indigene e campesinos sono stati massacrati dalle forze armate nel silenzio della comunità internazionale. In Argentina, le ONG legate ai diritti umani sono sotto assedio da parte dell’attuale governo neoliberista.

I media occidentali, come sempre, tacciono. I popoli dell’America Latina non esistono, se non come folklore esotico o oggetto di paternalismo. La loro storia, la loro lotta, la loro cultura vengono cancellate, ridotte a margine, mentre chi cerca di farle emergere viene represso o ignorato.

Un nuovo colonialismo: invisibile, ma letale

Quello che viviamo è un nuovo colonialismo: invisibile, senza eserciti ufficiali, ma letale. Si serve della burocrazia, delle piattaforme digitali, delle black list, delle fake news, delle ONG strumentalizzate, delle università privatizzate, dei visti negati, delle sanzioni. E colpisce soprattutto i popoli arabi e latinoamericani, trattati come popoli cancellati, sottoposti a una violenta acculturazione mascherata da “democratizzazione”, “diritti umani”, “sviluppo”.

Questo nuovo ordine mondiale reprime non solo i governi ribelli, ma anche le reti di solidarietà internazionalista, gli intellettuali liberi, le cittadine e i cittadini che rifiutano di piegarsi. Per questo la difesa della libertà di movimento, della libertà di solidarietà, della libertà di opinione delle classi subalterne è oggi una battaglia anticoloniale globale.

Come scrisse Pasolini, «l’omologazione è la vera dittatura». Ma ogni atto di resistenza, ogni parola di verità, ogni alleanza tra popoli ci ricorda che la storia non è finita. E che la lotta continua.

Bibliografia essenziale

  • Pasolini, Pier Paolo. Scritti corsari. Garzanti, 1975.
  • Said, Edward. Orientalism. Pantheon Books, 1978.
  • Chomsky, Noam. Hegemony or Survival: America’s Quest for Global Dominance. Metropolitan Books, 2003.
  • Fanon, Frantz. I dannati della terra. Einaudi, 1961.
  • Harnecker, Marta. America Latina: Izquierda y proyecto socialista. Siglo XXI, 2010.
  • Telesur, Redazione. “Francesca Albanese minacciata dal Congresso USA”, Telesur, maggio 2024.
  • Amnesty International. Rapporto Colombia 2021-2022.
  • CELAG. Informe sobre el bloqueo a Cuba y sus efectos sociales, 2023.
  • Pardo, Camila. Sanciones y resistencias en América Latina, CLACSO, 2022.
  • Human Rights Watch. Perú: uso eccessivo della forza nelle proteste indigene, 2023.