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19 Ottobre 2025

L’Africa potrebbe dividersi: un nuovo oceano in formazione rivela i battiti del mantello terrestre

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"Mentre la crosta terrestre si indebolisce nella regione dell’Etiopia, il continente africano si sta lentamente dividendo (Foto: Riproduzione)"

Di Marlene Madalena Pozzan Foschiera

Quando la Terra avverte e il mondo finge di non ascoltare

Un nuovo oceano potrebbe nascere nel cuore dell’Africa.
Ricercatori delle università di Southampton e Swansea, nel Regno Unito, hanno scoperto che il mantello sotto l’Etiopia “batte” a intervalli regolari, come un cuore pulsante della Terra.
Questi impulsi di roccia fusa, descritti in un articolo pubblicato su Nature Geoscience, stanno lentamente lacerando il continente in due — in un processo che, nel corso di milioni di anni, potrebbe separare il Corno d’Africa dal resto del continente, dando origine a un nuovo bacino oceanico.

Sotto la regione di Afar — punto d’incontro tra il Mar Rosso, il Golfo di Aden e il Grande Rift etiope — la crosta terrestre si assottiglia e si frammenta.
È lì, dove vulcani e terremoti sono quasi una consuetudine, che l’Africa rivela ciò che di più vivo e profondo esiste nel nostro pianeta: il suo interno in movimento.
Gli scienziati hanno analizzato più di 130 campioni di rocce vulcaniche e hanno trovato schemi chimici ricorrenti, veri e propri “codici a barre geologici” che indicano il ritmo di queste pulsazioni.
La Terra, letteralmente, respira sotto i nostri piedi.

Ma il punto centrale non è il tempo — sì, milioni di anni — bensì ciò che facciamo con questa conoscenza oggi.
Il fatto che non sia un fenomeno “imminente” non lo rende meno decisivo.
Proprio perché si svolge su scale temporali immense, esso richiede visione scientifica, investimento e cooperazione globale — ciò che il mondo continua a negare con ostinata cecità.

Invece di imparare dal pianeta, continuiamo a trattarlo come un nemico o una miniera da sfruttare.
Mentre il mantello pulsa, l’umanità taglia i fondi alla ricerca, perseguita gli scienziati e disprezza gli avvertimenti sul clima, sulla deforestazione e sull’energia.
La negazione della scienza è divenuta politica di Stato in molti Paesi — dal Brasile bolsonarista al trumpismo statunitense — e i suoi effetti sono tanto distruttivi quanto un terremoto.

L’ironia è crudele: le placche tettoniche non votano, né si lasciano intimidire dalle fake news.
Seguono il loro corso, indifferenti all’arroganza umana.
E l’Africa — continente troppe volte ridotto a “povertà” o “conflitto” — mostra ora di portare nel suo sottosuolo il battito più potente della Terra.
Un promemoria che il futuro del pianeta passa anche per il Sud globale, per le sue università, i suoi scienziati, la sua voce.

Il silenzio che circonda questa scoperta è rivelatore.
Se fosse accaduta in Europa o negli Stati Uniti, l’argomento avrebbe riempito prime pagine e dibattiti televisivi.
Ma il colonialismo scientifico decide ancora ciò che è “rilevante”, chi viene ascoltato e chi resta ai margini.
Lo stesso sistema che sfrutta le ricchezze africane ne silenzia le scoperte.
E anche questo è una forma di negazionismo: la cancellazione dei saperi, delle regioni, delle vite.

Per questo, quando parliamo del “nuovo oceano africano”, parliamo di molto più che geologia.
Parliamo della necessità di riconciliare scienza e umanità, di comprendere che ogni pulsazione sotterranea è un invito all’umiltà — e alla responsabilità.
Non si tratta di temere il futuro, ma di costruirlo con lucidità e solidarietà.

La Terra pulsa.
E forse il vero abisso non si trova sotto l’Africa, ma tra ciò che sappiamo e ciò che scegliamo di ignorare.

Letture consigliate:

  • Nature Geoscience (2025): “Mantle pulsations beneath Afar Rift, Ethiopia”
  • BBC Future: “Africa is slowly splitting in two — and it’s a lesson for our planet”
  • Achille Mbembe — Critica della Ragione Nera
  • Boaventura de Sousa Santos — La difficile democrazia e la scienza postcoloniale