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Inchiesta

  L’omicidio di Roberto Klinger

L’immagine ricorrente di Milano è quella degli “anni da bere”. La Milano degli anni 80. Quella Milano spazzata poi via da Tangentopoli.

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Di Pierdomenico Corte Ruggiero

L’immagine ricorrente di Milano è quella degli “anni da bere”. La Milano degli anni 80. Quella Milano spazzata poi via da Tangentopoli.

Esiste, però, un’altra Milano. Quella degli anni 60. Gli anni del miracolo economico, dello sviluppo industriale. Milano, con Torino, rappresentava l’Italia che era risorta dalle macerie.

L’Italia che era tornata vincente. Anche in campo sportivo. Nella Milano degli anni 60 nasce la Grande Inter. Di questa grande squadra faceva parte anche un medico che si occupava della salute dei vari Corso, Suarez, Mazzola. Il medico era Roberto Klinger.

Poi arriva il 12 dicembre 1969. L’attentato di Piazza Fontana. Il miracolo economico è finito. Gli anni 70 bussano alla porta portando crisi economica e piombo. Finisce anche la Grande Inter.

Roberto Klinger continua la sua carriera. Un medico stimato, specialista in diabetologia, medicina interna e medicina sportiva. Lavorava presso la clinica Pio X come responsabile del servizio di check-up.

Gli anni passano veloci. Milano è sconvolta dagli anni di piombo. Poi cura le ferite con l’effimero e spensierato benessere degli anni 80. Nel 1989 cade il Muro. Il mondo cambia e anche l’Italia. Arrivano gli anni 90. Arriva quel 1992 destinato a sconvolgere in nostro Paese.

La vita di Roberto Klinger, però, si ferma il 18 febbraio 1992.

Sono le ore 7 del mattino. Klinger esce dalla sua abitazione al civico 29 di via Muratori. Non è solo. Passeggia con il suo cane. Come ogni mattina.

Verso le 7:15 rientra in casa. Esce nuovamente per recarsi al lavoro. Sono le 7:25. Si avvia verso la sua Fiat Panda. Entra nell’autovettura e mentre chiude lo sportello si avvicina uno sconosciuto.

Che spara tre colpi di pistola. Uno alla testa e due al torace. Tre testimoni vedono allontanarsi un giovane di statura normale, con capelli corti e ricci, con addosso un giaccone.

Roberto Klinger muore prima dell’arrivo dell’ambulanza.

Ad ucciderlo proiettili sparati da una pistola calibro 7,65. Forse una Beretta o un’arma giocattolo della ditta Molgora modificata. L’assassino ha atteso la vittima appostato nei pressi del civico 31 di via Muratori e poi fugge verso via Friuli.

Credit foto archivio “Corriere della Sera”

Per risolvere un delitto bisogna trovare il movente. Perché uccidere un medico stimato come Klinger? Viene ipotizzata ed esclusa la vendetta di un paziente. Si pensa all’errore di persona ma come vedremo non è plausibile.

Poi arriva la svolta. Viene ordinato l’arresto di Alessandro Luca Pieretti. Secondo gli investigatori è stato lui ad uccidere Klinger. Pieretti è un medico che aveva fatto causa alla clinica Pio X perché riteneva di essere stato curato male. Aveva citato anche Klinger come testimone.

Pieretti ha posseduto decine di armi e secondo gli investigatori non aveva alibi. Secondo gli investigatori ma non secondo la Cassazione che nega l’arresto di Pieretti. Indizi insufficienti.

Pieretti esce di scena, non ha ucciso lui Klinger. Il delitto rimane irrisolto.

L’assassino, forse con l’aiuto di un complice, agisce con una certa professionalità. Spara con precisione per uccidere. Attende che la vittima salga in auto. Perché non lo uccide mentre porta a passeggio il cane? Per non correre rischi evidentemente, potevano esserci altre persone o la vittima poteva reagire. Inoltre l’assassino probabilmente conosceva l’auto della vittima e questo escluderebbe uno scambio di persona. Da sottolineare che quando spara guarda la vittima in faccia.

Viene usata un’arma dal calibro comune, forse una pistola giocattolo modificata. Questo richiede una buona conoscenza delle armi. Richiede anche un luogo dove modificare e provare l’arma. Tutto porta ad un crimine organizzato. Eppure la vita di Roberto Klinger era cristallina.

Ha forse saputo, da qualche paziente ad esempio, qualcosa che non doveva sapere? Ha visto nella clinica Pio X qualcosa o qualcuno di pericoloso? La vicenda di Matteo Messina Denaro ci ricorda come sotto falso nome può entrare in ospedale anche il soggetto più pericoloso e ricercato.

La “Falange Armata” rivendica l’omicidio di Roberto Klinger. Una sigla fantasma che rivendica decine e decine di atti violenti negli anni 90. Una sigla che, probabilmente, raccoglieva elementi della malavita organizzata e dei “servizi segreti deviati”

Coincidenza vuole che proprio il giorno prima dell’omicidio di Roberto Klinger scoppia a Milano lo scandalo tangenti con l’arresto di Mario Chiesa.

Ovviamente una coincidenza visto che l’omicidio era stato sicuramente pianificato da giorni. Resta il fatto che era un periodo pericoloso. Di segreti che, con il mutato clima politico, rischiavano di saltar fuori.

Sarebbe forse il caso di ripartire dall’ambiente lavorativo di Roberto Klinger, dalla lista dei pazienti della clinica Pio X.

Per dare giustizia ad un medico coscienzioso e ad una persona perbene.

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