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07 Settembre 2025

I Jinn tra teologia islamica, folklore e psicologia: un’analisi interdisciplinare

I Jinn rappresentano un campo d’indagine complesso, che attraversa teologia, folklore e psicologia. Non semplici “demoni”, ma entità ibride che incarnano l’invisibile e l’imprevedibile.

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Di Maddalena Celano

Introduzione

I Jinn costituiscono una delle figure più enigmatiche della cosmologia islamica. Né angeli né demoni, essi sono creature create dal “fuoco senza fumo” (Cor. 55:15), dotate di libero arbitrio e in grado di interagire con gli esseri umani. Presenti tanto nei testi sacri quanto nelle tradizioni popolari, i Jinn offrono un terreno privilegiato di studio per la teologia, l’antropologia e la psicologia delle religioni.

Origini e natura

Il Corano e gli hadith distinguono chiaramente i Jinn dagli angeli e dagli uomini. Gli angeli sono esseri di luce, gli uomini provengono dall’argilla, i Jinn invece dal fuoco. Questa differenza ontologica spiega i loro poteri di metamorfosi, invisibilità e la loro estrema longevità. Secondo alcuni tafsīr (esegesi), i Jinn abiterebbero spazi liminali: deserti, rovine, mari e venti¹. La tradizione islamica classifica i Jinn in varie tipologie: i mārid (ribelli e potenti), gli ‘ifrīt (spiriti malvagi), ma anche Jinn credenti e musulmani, dimostrando una varietà che supera la dicotomia bene/male².

I Jinn nel Corano e negli hadith

La Sura 72, Al-Jinn, narra l’ascolto e la conversione di un gruppo di spiriti alla predicazione di Muhammad, sottolineando il loro ruolo all’interno della storia della salvezza. Versetti come 6:100 o 55:15 ribadiscono la loro esistenza e potere. Nei hadith, si sottolinea la presenza del qarīn (compagno spirituale che accompagna ogni essere umano) e le loro possibili interferenze con la vita quotidiana. Muhammad stesso avrebbe detto: «Non c’è nessuno di voi che non abbia accanto un compagno tra i Jinn» (Ṣaḥīḥ Muslim, Kitāb Ṣifat al-Qiyāmah).

Dimensione antropologica

Già nell’Arabia preislamica, i Jinn erano considerati spiriti dei luoghi desertici, delle oasi e delle notti ventose. I poeti (sha‘ir) spesso si diceva componessero i loro versi grazie all’ispirazione di un Jinn personale³. Con l’espansione islamica, le credenze sui Jinn si intrecciarono a pratiche locali:
– In Maghreb si svilupparono riti collettivi di danza e trance (gnawa, stambali) per esorcizzarli o placarli.
– In Asia meridionale furono associati agli spiriti custodi dei luoghi sacri.
– Nell’Islam popolare persiste la credenza in possessioni e malattie causate da Jinn, con pratiche di guarigione e recitazione di versetti coranici (ruqya).

Letture esoteriche e psicologiche

Nel sufismo, i Jinn vengono spesso interpretati come metafore delle passioni interiori o delle forze istintuali. La lotta contro i Jinn diventa allora lotta contro il proprio nafs (ego). In epoca contemporanea, studiosi di psicologia della religione hanno messo in parallelo i Jinn con gli archetipi junghiani, interpretandoli come proiezioni dell’inconscio collettivo⁴.

Conclusioni

I Jinn rappresentano un campo d’indagine complesso, che attraversa teologia, folklore e psicologia. Non semplici “demoni”, ma entità ibride che incarnano l’invisibile e l’imprevedibile. La loro persistenza nelle culture islamiche e nell’immaginario globale dimostra come i Jinn siano figure-limite: spiriti del confine, collocati tra fede e superstizione, tra bene e male, tra razionalità e mistero.

Note bibliografiche

¹ El-Zein, A., Islam, Arabs, and the Intelligent World of the Jinn, Syracuse University Press, 2009, p. 36.

² Lane, E. W., An Arabic-English Lexicon, London, Williams & Norgate, 1863, p. 322.

³ Ibn Khaldun, al-Muqaddima, XIV sec.

⁴ Corbin, H., Corps spirituel et Terre céleste, Paris, Buchet-Chastel, 1966.