02 Giugno 2025
Francia: Mahdieh Esfandiari Jaliseh arrestata per post pro-Palestina. Teheran chiede spiegazioni
In un’Europa che si proclama baluardo dei diritti umani, il caso Esfandiari rischia di diventare il simbolo di una repressione ideologica che minaccia le fondamenta stesse della democrazia.

Di Maddalena Celano
Il 28 febbraio 2025, Mahdieh Esfandiari Jaliseh, cittadina iraniana residente a Lione dal 2018, è stata arrestata dalla polizia francese con l’accusa di “apologia del terrorismo”. A motivare il fermo sarebbero stati alcuni commenti pubblicati dalla donna sui social media, nei quali denunciava il genocidio perpetrato da Israele nella Striscia di Gaza e manifestava il suo sostegno alla resistenza del popolo palestinese.
La notizia è emersa grazie alla denuncia dei familiari della donna, preoccupati per la sua improvvisa scomparsa e per l’impossibilità di mettersi in contatto con lei. In assenza di informazioni da parte delle autorità francesi, i parenti hanno allertato il Ministero degli Esteri iraniano. Teheran ha prontamente richiesto chiarimenti ufficiali a Parigi, ma – secondo fonti diplomatiche – non ha ancora ricevuto alcuna risposta esaustiva.
Non solo: secondo quanto dichiarato dal portavoce del ministero degli Esteri iraniano, il governo francese avrebbe persino negato l’accesso consolare, violando così il diritto internazionale, in particolare la Convenzione di Vienna del 1963 sulle relazioni consolari, che garantisce il diritto di visita ai cittadini detenuti all’estero da parte dei rappresentanti diplomatici del proprio Paese.
L’arresto di Esfandiari si inserisce in un clima crescente di criminalizzazione della solidarietà con la Palestina in molti Paesi europei, dove l’espressione pubblica di sostegno al popolo palestinese è sempre più frequentemente interpretata come istigazione all’odio o addirittura come apologia del terrorismo. In Francia, la repressione del dissenso rispetto alla politica israeliana si è acuita in modo significativo dopo il 7 ottobre 2023, con l’escalation del conflitto in Medio Oriente. L’accusa di “apologia del terrorismo” – utilizzata dalla magistratura francese in questo caso – è una delle più gravi e ambigue previste dall’ordinamento penale del Paese. La sua applicazione in contesti come quello di Esfandiari pone interrogativi inquietanti sulla libertà di espressione, sul diritto al dissenso e sull’equidistanza della giustizia nei conflitti geopolitici. Mahdieh Esfandiari Jaliseh, fino a prima del suo arresto, non risulta coinvolta in alcuna attività violenta né legata a gruppi estremisti. La sua colpa, a quanto pare, è stata quella di denunciare il massacro di civili a Gaza – una tragedia documentata da numerose fonti internazionali – e di esprimere pubblicamente solidarietà con un popolo sotto occupazione.
L’ambiguità e il silenzio della Francia in merito a questo caso gettano ombre sulla trasparenza delle sue istituzioni democratiche. La mancata concessione dell’accesso consolare è un gesto grave che rischia di compromettere ulteriormente i già delicati rapporti diplomatici tra Parigi e Teheran. Intanto, la società civile internazionale comincia a mobilitarsi per chiedere la liberazione immediata di Mahdieh Esfandiari Jaliseh, sostenendo che l’arresto rappresenti una palese violazione della libertà di opinione e del diritto alla difesa delle cause umanitarie. In un’Europa che si proclama baluardo dei diritti umani, il caso Esfandiari rischia di diventare il simbolo di una repressione ideologica che minaccia le fondamenta stesse della democrazia.
