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di ANGELO GIANFRATE
La storia della cucina italiana ha subito l’influenza di tutti i popoli che, nel corso dei secoli, hanno lasciato il loro segno, non solo artistico e culturale ma anche gastronomico. Romani, greci, arabi sono solo alcuni dei popoli che hanno contribuito a creare una tradizione culinaria che dura ormai da secoli.
La tradizionale cucina italiana ha ricevuto apprezzamenti in tutto il mondo e i suoi prodotti di grande gusto e genuinità hanno riscosso diversi riconoscimenti. Gran parte dei prodotti italiani, infatti, possono vantare la certificazione DOCG (denominazione di origine controllata e garantita).
Pearà con bollito (secondo piatto)
(La pearà è una salsa esclusiva di Verona che accompagna il bollito. Dire cosa di debba bollire è pressochè impossibile: certo ci deve essere la gallina, la lingua, il doppione (grasso e magro), la testina di vitello, il cotechino.
Le carni vanno bollite separatamente, sempre in court bouillon (cioè acqua aromatizzata con verdure) e abbiate cura di mettere i pezzi di carne nell’acqua bollente per chiudere i pori.)
Brevi cenni, l’origine
La pearà, termine del dialetto veronese, è una salsa povera o, più propriamente, una salsa semplice. Questa salsa è tradizionalmente accompagnata al lesso misto. La diffusione di questa salsa, tipico accompagnamento del lesso delle domeniche o del Natale, è limitata a quasi esclusivamente a Verona e alla sua provincia. Non è da confondere con la peverada, salsa a base di fegatini di pollo, con cui ha in comune solo l’utilizzo del pea.
Le origini di questo piatto povero e contadino sono ignote; la leggenda narra che fu il cuoco di corte di Alboino, re dei Longobardi, a inventarla perché aveva bisogno di un cibo in grado di ridare forza a Rosmunda, la quale, divenuta forzatamente moglie del re, si stava lasciando morire di fame dopo essere stata costretta a bere dal cranio, trasformato in coppa, del padre Cunimondo re dei Gepidi ucciso in battaglia dallo stesso Alboino.
Oggigiorno, comunque, l’esecuzione di questo piatto cambia da paese a paese, addirittura si diversifica nei vari nuclei familiari, portando alla creazione di numerose varianti.
Ci sono divergenze sull’utilizzo o no del formaggio: molte persone sostengono che la pearà sia un piatto essenzialmente povero – fatto solo con “avanzi” di altre pietanze, quali appunto i pezzi di pane raffermo e il midollo di ossa di bue – per cui, nel “rispetto della sua povertà” non vi si dovrebbe aggiungere formaggio grana; ma il fatto che sia un piatto povero è in contraddizione con il fatto che si accompagna solo ed esclusivamente al lesso (piatto della domenica delle famiglie) e che ha come ingrediente qualificante il pepe che, spezia orientale, non era certamente – alle origini della diffusione – un ingrediente per i poveri. Dalle divergenze di opinione si deduce che, nella tradizione veronese, è un piatto che aveva – ed ha – una versione ricca (con formaggio grana e pepe anche abbondanti) e una versione povera (senza grana e con poco pepe) per cui agli avanzi succitati, quali appunto il pane raffermo e il midollo di ossa di bue, potevano nelle famiglie più agiate essere aggiunti burro e formaggio in quantità variabili, a tutto ciò si può aggiungere un ulteriore argomentazione sulla “non essenza povera” e quindi sulla esistenza di una versione ricca: anche il pane nel Veneto non era un cibo esattamente per i poveri in quanto l’alimento di base per eccellenza era la polenta (si veda a tale proposito la questione dell’alimentazione con sola polenta e la piaga della pellagra in Veneto e altrove) e quindi la disponibilità di pane anche raffermo era anch’essa legata ad uno stato di benessere maggiore della media. Rimane il fatto che fosse, in un passato relativamente più vicino, un piatto di festa comune per una popolazione di censo medio-basso, poiché la popolazione agiata aveva una dieta che subiva il forte influsso della cucina francese, allora di riferimento fra benestanti e aristocratici. Sicuramente si può affermare che l’aggiunta del formaggio in maniera diffusa sia relativamente recente.
Ingredienti per 4 persone : 200 gr. di pane raffermo macinato (e volendo anche tostato); 100 gr. di midollo di bue; 1 lt. Di brodo di carne; pepe di mulinello; 70 gr. di burro (o in alternativa 6 cucchiai di olio extravergine di oliva); 50 gr. di Parmigiano Reggiano o Grana Padano (facoltativo).
Preparazione : Togliete il midollo dall’osso aiutandovi con un coltello. Sciogliete il midollo a fuoco basso e versatelo in un passino da cucina per togliere le impurità. Aggiungete il midollo caldo nella pentola con il pane grattugiato finemente, burro e amalgamate bene mescolando con un cucchiaio di legno. Aggiungete il brodo e cuocete lentamente per almeno 2 ore. Mescolate ogni tanto (ma proprio tanto). Aggiungete abbondante pepe macinato fresco a piacere, formaggio grattugiato, se piace,. Per avere una salsa più o meno densa ci si regola con la quantità di brodo
Tempo stimato: 130’ – Difficoltà: facile
L’abbinamento consigliato: Amarone Valpolicella Docg
Visto che si parla di bollito l’abbinamento migliore è l’Amarone della Valpollicella Docg, per quanto anche un Ripassa vada benissimo. Andando fuori regione, con questo piatto s’impone un Lambrusco sia di Sorbara che Reggiano per accentuare la nota acida e disgrassare il palato