Editoriale
Buon anno, Italia
A sentire la Presidente del Consiglio, nel nostro Paese andrebbe tutto bene. Lo stesso dicasi dalla lettura dei sondaggi e dall’ascolto delle interviste che, in piena atmosfera natalizia, hanno riempito tg e programmi televisivi.
Basterebbe, tuttavia, mettere il naso all’esterno delle proprie abitazioni per rendersi conto che lo scintillio delle festività appena trascorse non è assolutamente sufficiente a celare la verità di un Paese che continua a vacillare sotto differenti fronti.
di Lavinia Orlando
A sentire la Presidente del Consiglio, nel nostro Paese andrebbe tutto bene. Lo stesso dicasi dalla lettura dei sondaggi e dall’ascolto delle interviste che, in piena atmosfera natalizia, hanno riempito tg e programmi televisivi. Pandoro o panettone, spumante o champagne, Babbo Natale o Befana, vacanze sugli sci o presso caldi mari stranieri, Ferragni sì o Ferragni no. Sono queste le domande che vanno per la maggiore nel mainstream televisivo e giornalistico dell’ultimo periodo dell’anno e dei primi giorni del 2024.
Basterebbe, tuttavia, mettere il naso all’esterno delle proprie abitazioni per rendersi conto che lo scintillio delle festività appena trascorse non è assolutamente sufficiente a celare la verità di un Paese che continua a vacillare sotto differenti fronti. Si pensi solo agli ospedali al collasso, assolutamente incapaci di fare fronte all’ordinario, figuriamoci ad un’epidemia influenzale di deflagrante portata, ed agli episodi di violenza perpetrati nei confronti delle donne, che proseguono incessanti nonostante il tanto parlare.
Bastino i due esempi appena citati – ma ce ne sarebbero tanti altri – per affermare che nulla va bene, per demeriti che sono oramai attribuibili anche all’attuale governo che, già in carica da più di un anno, non può più sottrarsi alle responsabilità del caso. Se è vero che la situazione attuale, sia che la si giudichi negativamente sia che se ne abbia una valutazione positiva, è anche frutto di provvedimenti passati, non si può negare che le scelte dell’attuale maggioranza stiano iniziando già da ora a spiegare i propri effetti.
Le decisioni dell’esecutivo, indipendentemente da ciò che vorrebbe farci credere Giorgia Meloni, vanno in un senso su cui solo i più miopi avrebbero dubbi e che, tra l’altro, sotto alcuni aspetti, è assolutamente contrastante con quanto promesso dalla stessa leader di Fratelli d’Italia in campagna elettorale. Lo scenario che pare aprirsi è quello di una chiara “austerity di destra”. Sono, infatti, ben lontani i tempi in cui l’attuale Premier si scagliava contro l’Europa matrigna ed assassina, rea di aver affamato il popolo italiano e totalmente succube del rigore teutonico.
Nulla quaestio circa il mutamento di vedute, tranne, forse, per gli elettori che, più di un anno fa, avevano votato una coalizione che sta ora proponendo soluzioni differenti rispetto a quanto prospettato in campagna elettorale. Si pensi, ad esempio, al nuovo accordo sul patto di stabilità, regalo natalizio di Meloni per il nostro Paese, che, nel continuare a limitare gli spazi di manovra con riferimento alle politiche di bilancio pubblico, genererà ulteriori tagli alla spesa pubblica e l’incremento della tassazione. Altro che lo “spauracchio Meloni”, così come si descriveva la Presidente del Consiglio quando ancora non brandiva le redini del potere, le istituzioni europee possono dormire sonni tranquilli, al contrario dei ceti medio – bassi che si vedranno scaricate le rigidità europee. Se, infatti, l’intento di Meloni fosse quello di salvaguardare i più deboli, avrebbe puntato i piedi nel senso di politiche coerenti, invece che, ad esempio, chinare il capo nella vicenda inerente alla tassazione degli extraprofitti bancari, banche alle quali è stata concessa la scelta tra il pagare sic et simpliciter la tassa o accantonare gli utili in una riserva non distribuibile – superfluo specificare che la seconda opzione sia quella andata di gran lunga per la maggiore.
A tacere, poi, della norma bavaglio che impedisce la pubblicazione delle ordinanze cautelari, né in integrale né sotto forma di estratti, anche questa approvata poco prima di Natale, tutte le decisioni assunte sembrano preordinate alla tutela di chi più ha dimenticandosi dei tanti che nulla o poco possono vantare.
È così che il nuovo anno si apre sotto pessimi auspici, nella consapevolezza che, al netto delle narrazioni sognanti portate innanzi dalla propaganda governativa, le parole, in assenza di azioni conseguenti, non bastano a trasformare la realtà di un Paese in cui le diseguaglianze si fanno sempre più evidenti.
È così che, mai come adesso, sentiamo l’estrema necessità di augurarci un ottimo 2024. Che ce ne sia davvero l’esigenza è circostanza sotto gli occhi di tutti.
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